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Sul campo l’integrazione va a canestro

Apre oggi a Bergamo l’Integrazione Film Festival. Tra i lavori in programmazione c’è “Playground Addiction”, girato con i protagonisti di uno storico campetto da basket pubblico nel cuore di Milano, al Parco Sempione. Storie di grande agonismo ma anche di inedite amicizie

di Giuseppe Frangi

Un campo di basket è molto più grande di quanto possiamo immaginare. Grande non per le dimensioni fisiche, che sono ovviamente fissate da regole precise, ma grande per quanto mondo vi converga. È questo il nucleo narrativo e poetico di “Playground Addiction, il film firmato da tre autori (Carlo Furgeri Gilbert, Marzio Mirabella e Niccolò Rastrelli che lavorano in “collettivo”), che verrà presentato all’interno dellIntegrazione Film Festival di Bergamo. Il Festival inizia oggi, Playground è in cartellone per venerdì.

Il campo in questione è forse il più popolare di Milano: quello nel cuore del parco Sempione, da sempre calamita per gli appassionati e che in tempi passati aveva visto cimentarsi e divertirsi anche campioni della Serie A. «L’idea del film», racconta Carlo Furgeri Gilbert, «è nata quando abbiamo scoperto che Milano ha più campi pubblici da basket di Manhattan. Abbiamo iniziato ad indagare e alla fine siamo approdati al campo del Sempione».

Un approdo un po’ inevitabile, per la quantità di storie che si incrociano ogni giorno su quei 420 metri quadri. Un tempo il campo era quasi monopolio di squadre che giocavano a due canestri, lasciando poco spazio alle turnazioni di che stava ai lati a guardare, che erano soprattutto ragazzi stranieri. Un giorno, una quindicina di anni fa, questi ragazzi lanciarono la sfida: una partita per decidere un diverso uso del campo. La vinsero e da allora al Sempione si gioca a un canestro, lasciando il secondo a disposizione dei ragazzini e dei bambini. Da allora è cresciuto l’agonismo, ma sono cresciute soprattutto le reti di relazioni e di amicizie.

«Il campo è diventato uno spazio in cui cresce l’integrazione e la conoscenza reciproca. Un luogo in cui viene creato un nuovo concetto di comunità. Dove diverse comunità imparano a conoscersi. Condividendo si fa integrazione senza nemmeno bisogno di teorizzarla», continua Carlo Furgeri Gilbert. L’idea del film è stata innanzitutto condivisa con i protagonisti, grazie a mesi di osservazione e di conoscenza reciproca con i tre autori. «Quanto al contenuto abbiamo puntato tutto sulle storie, che vengono a costituire un unico racconto, il cui legante è proprio il campo». Dalle storie emerge il dato di una facilità di relazioni anche tra persone con origini sociali molto diverse: il ragazzo figlio della borghesia dialoga senza problemi con il ragazzo che ad una cert’ora deve lasciare perché inizia le consegne del food delivery.

«L’aspetto sorprendente sono proprio questi legami di amicizia che si instaurano e che sfociano spesso anche in esperienze di mutuo aiuto», racconta Furgeri Gilbert. Sorprendente perché alla fine il basket a un canestro viene vissuto come pratica molto individuale, in cui ciascuno vuole mettere in mostra le proprie qualità, anche con grande agonismo. Eppure finito il confronto, lo spazio è tutto per conoscersi, per parlarsi e magari andare prendere una birra insieme.


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