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Gli anziani? Catalizzatori di solidarietà

Dopo l'uscita del Governatore della Liguria ci scrive il presidente di Amici del Trivulzio onlus: «Sono tante le realtà come la nostra che da anni silenziosamente, con spirito solidale e pazienza, sottotraccia, senza voler apparire si occupano dei nostri Vecchi»

di Marco Zanobio

Certamente le recenti affermazioni – contenute in un tweet, attribuito al governatore ligure Giovanni Toti – sugli anziani e sul loro ruolo non indispensabile per la società hanno fatto sobbalzare non poche persone sulla sedia. Probabilmente temi di così grande portata non possono essere lasciati a un tweet, ma richiedono analisi e considerazioni molto profonde e articolate. Il tweet è forse ormai una degenerazione del sistema di comunicare, che affida a pochi caratteri temi di una portata immensa, che dovrebbero accompagnarsi ad analisi e giudizi ben ponderati. Non voglio certo commentare né giudicare quanto scritto, voglio invece formulare qualche prima riflessione, invitando però a ritornare su questo tema nelle giuste sedi, con calma e animati da uno spirito costruttivo.

Io credo che i nostri Vecchi siano un patrimonio unico, che merita cura, attenzione e rispetto da parte di tutti noi, con l’obiettivo di favorire un sistema di anzianità attiva, che coinvolga gli anziani – ove possibile – nella vita sociale, in una logica, diciamo così, di “vecchiaia sostenibile”. Non vi è dubbio che i miglioramenti sociali, economici e sanitari degli ultimi anni, che affondano le proprie radici nei progressi del secondo dopoguerra, abbiano contribuito ad allungare la vita delle persone e che ora si debba continuare in quest’azione; però dobbiamo anche chiederci quale sia il modo perché la “vita allungata” sia degna di essere vissuta, con fare gentile e umano, con rispetto per la saggezza e l’esperienza, che gli anziani ci possono trasmettere. Non possiamo certo scordare che tanto hanno fatto gli anziani per noi e che forse tocca ora a noi restituire loro un poco di quello che silenziosamente ci hanno donato e tuttora ci donano: alla fine è un modo per dire loro grazie per quanto hanno fatto e continuano a fare.

Gli accadimenti degli ultimi mesi hanno sconvolto tutti noi, mettendoci davanti a una realtà inimmaginabile prima; però sembra che solo ora l’attenzione di tutti si sia concentrata sugli anziani, le persone che – per le loro fragilità – più sono state travolte dall’onda pandemica. La vita nelle RSA e il modello organizzativo delle RSA vengono messi in discussione. Ogni giorno articoli, inchieste, dichiarazioni rese da esperti, giornalisti e non solo, forse anche da parte di chi non ha mai varcato i cancelli di una RSA. Forse però è il modello generale di welfare che va ripensato, in una società che sta sempre più cambiando. Ma occorreva la morte di così tante persone per ricordarsi degli anziani?

Nel nostro piccolo come Amici del Trivulzio onlus, da diversi anni operiamo per migliorare la vita degli Ospiti all’interno dell’Istituto, stando loro vicini per sostenerli con progetti e iniziative che vadano verso quel senso di anzianità attiva

Prendo il caso del Pio Albergo Trivulzio, che le cronache hanno apoditticamente elevato a luogo simbolo di morte per il Covid-19, dimenticando però 250 anni di storia di questa Istituzione: oggi, in ogni occasione in cui si parla di notizie su temi negativi legati alle RSA, si evoca il nome del Trivulzio o si richiama l’immagine della facciata del Trivulzio, anche quando il Trivulzio nulla ha a che fare. Lasciamo che le inchieste giudiziarie compiano il loro cammino, ma io penso che 250 anni di storia non possano essere cancellati: il Trivulzio è e rimarrà parte di Milano, un’Istituzione per la quale i milanesi conservano un posto nel proprio cuore, per il sostegno e l’accoglienza che – da sempre – riserva alle persone fragili. Credo che ora più che mai occorra fare quadrato e pensare come aiutare e probabilmente riorganizzare tutte queste realtà.

Parlo del Trivulzio non a caso ma per una conoscenza diretta e per spiegare come all’interno di una RSA si possano svolgere attività e portare iniziative con semplici gesti, affiancando gli operatori, che in modo diligente e professionale compiono il proprio lavoro.

Nel nostro piccolo, infatti, come Amici del Trivulzio onlus, da diversi anni operiamo per migliorare la vita degli Ospiti all’interno dell’Istituto, stando loro vicini per sostenerli con progetti e iniziative che vadano verso quel senso di anzianità attiva: penso ai corsi di informatica loro dedicati, alle letture ad alta voce, alla realizzazione di un giardino Alzheimer, alla prima della Scala in diretta al Trivulzio, a eventi quali Music Week, Piano City, Book City, realizzati all’interno del Trivulzio. Queste iniziative si affiancano alle innumerevoli attività che la struttura offre nell’assistenza, cura e riabilitazione dell’anziano, coniugando tradizione e innovazione. Nulla però di ciò è stato detto in questi mesi.

Il nostro obiettivo è essere ogni giorno al fianco degli Ospiti e degli anziani presenti sul territorio milanese, per contribuire a fare del Trivulzio un luogo di cura e accoglienza, per mantenere vivo e forte il legame della Città con il Trivulzio e i suoi Ospiti, per donare loro serenità, affetto ed emozioni. Amici del Trivulzio come ponte fra il dentro e il fuori del Trivulzio. Anche in questi mesi di distanza, consapevoli del dramma che ha coinvolto migliaia di persone e di famiglie, ci siamo prodigati ad esempio per realizzare un servizio di videochiamate fra i familiari e i loro cari, Ospiti dell’istituto, così come in tante altre strutture è stato fatto da altre onlus: silenziosamente, con spirito solidale e pazienza, sottotraccia, senza voler apparire. Ora stiamo lavorando ad esempio a un servizio di telemedicina per gli anziani, che non possono accedere alle prestazioni ambulatori, ma che necessitano di un supporto per le proprie patologie croniche. Dare e fare, secondo lo spirito dell’agire meneghino.

Non dimentichiamo poi che l’evoluzione demografica del nostro Paese evidenzia che – nei prossimi anni – l’età media degli Italiani continuerà a crescere, così come l’incidenza del numero di anziani sulla popolazione complessiva. Da qui a trent’anni un terzo della popolazione italiana avrà oltre 65 anni. Ora bisogna pianificare interventi strutturali per il futuro e per garantire un equilibrio fra le generazioni: occorre ripensare l’architettura del sistema di welfare. L’impegno a proteggere le persone fragili deve essere una priorità da parte di chi ci guida, ma tutti noi siamo chiamati a fare la nostra parte, partendo dai gesti più semplici e agendo con responsabilità, pazienza e rispetto. Solo così si potranno trovare soluzioni condivise e non contrapposizioni, perché questi mesi dovrebbero averci insegnato che da soli non ci si salva.


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