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Cooperazione & Relazioni internazionali

Etiopia, non basta un Nobel per non fare la guerra

Appena un anno fa, Abiy Ahmed Ali riceveva il Premio Nobel per la Pace. Oggi l'Etiopia, che Abiy guida dal 2018, è sull'orlo della guerra civile: l'esercito è stato inviato nella regione del Tigray. La preoccupazione degli analisti: dopo aver siglato la pace esterna con l'Eritrea, il Paese rischia una "balcanizzazione"

di Marco Dotti

Arrivato al potere nel 2018, l'ex militare Abiy Ahmet Ali aveva impresso una svolta all'economia e alle speranze di pace dell'Etiopia.

Il Nobel per la Pace, conferitogli l'anno scorso, arrivava come suggello per una pace a lungo cercata e, infine, trovata con la vicina Eritrea. Ma le cose, oggi, sono precipitate. Non sul fronte esterno, ma su quello interno. La guerra civile è più che un rischio. Per molte fonti indipendenti è una realtà.

Il Primo Ministro Abiy ha infatti ordinato ai militari di entrare nella regione del Tigray, nel nord del Paese, al confine con l'Eritrea. Una mossa militare che Ahiy giustifica come risposta a un presunto attacco del Fronte di Liberazione del Popolo del Tigray (TPLF) contro una base militare federale nella capitale regionale di Mekelle.

Nel frattempo, con l'inasprirsi delle tensioni sono iniziate le schermaglie retoriche di rito. Mercoledì, Abiy Ahmed, ha accusato Il Fronte di Liberazione di aver deliberatamente attaccato un campo militare nella regione e di aver tentato di saccheggiarlo. Da parte sua, il TPLF nega ogni accusa e ritiene che Abiy si sia inventato la storia per giustificare il dispiegamento dei militari contro l'organizzazione.

«Ciò che è stato iniziato contro di noi è chiaramente una guerra, un'invasione …. Questa è una guerra che stiamo conducendo per preservare la nostra esistenza», ha dichiarato Debretsion Gebremichael, presidente del TPLF e della regione del Tigray, in una conferenza stampa.

“Il nostro Paese è entrato in una guerra che non aveva previsto. Questa guerra è vergognosa, è senza senso”, ha ribattuto Berhanu Jula, il vice capo dell'esercito, in una conferenza stampa ad Addis Abeba. Il militare ha infine aggiunto: «Stiamo lavorando per garantire che la guerra non arrivi al centro del Paese».

Il Governo ha anche annunciato uno stato di emergenza di sei mesi, che conferisce loro ampi poteri di sicurezza: la rete internet e le linee di comunicazione sono state bloccate e la regione del Tigray – dove si trova la celebre Axum – è, a oggi, completamente isolata.

Nel frattempo, le autorit del Tigray hanno diffuso tramite emittenti locali notizie preoccupanti: aerei militari avrebbero bombardato le località intorno alla capitale Mekele, con l'obiettivo di costringere la regione «alla sottomissione», mentre l'esercito etiope afferma di essere stato costretto ad una «guerra inaspettata e senza scopo».

Il Segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, in una nota diffusa nelle scorse ore ha dichiarato la propria preoccupazione per quanto sta accadendo nell'area.

Nonostante le notizie non siano ufficialmente confermate, gli analisti non nutrono grandi speranze di evitare il conflitto civile nel secondo paese più popoloso dell'Africa.


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