Welfare & Lavoro

Pandemia e homeless, quale impatto sui servizi?

Un istant report realizzato da un gruppo di ricercatori sociali con rete fio.Psd e Caritas italiana ha indagato i cambiamenti e le ricadute sugli oltre 55mila senza dimora dal lockdown in avanti. Oltre 30 gli enti intervistati da Trieste a Ragusa, da Cagliari a Torino. Tra i fenomeni anche l'affacciarsi di una nuova utenza, fatta di persone scivolate in povertà

di Antonietta Nembri

Che cosa è cambiato per gli oltre 55mila senza dimora all’indomani del Lockdown e dell’appello responsabile #iorestoacasa? È questa la domanda alla base di una ricerca che è andata ad indagare i tanti cambiamenti che ci sono stati a partire dallo scorso marzo. A spiegare e descrivere il cambiamento è stato un gruppo di ricercatori sociali che grazie alla collaborazione della rete fio.PSD e Caritas, ha intervistato oltre trenta referenti di servizi rivolti alle persone senza dimora in diverse città italiane (Roma, Torino, Napoli, Trento, Ancona, Ragusa, Cagliari).

L’Instant Report “L’impatto della pandemia sui servizi per le persone senza dimora” (in allegato il documento) curato da Iref, fio.PSD in collaborazione con Caritas Italiana, porta alla luce gli effetti che la pandemia, non solo ha prodotto, ma sta producendo sulla grave marginalità adulta, i cambiamenti che molte organizzazioni hanno dovuto adottare per mettere in sicurezza le persone più fragili e accogliere nuove istanze, le modalità operative che in alcuni casi hanno stravolto il servizio stesso.
Un racconto in progress che ripercorre i mesi difficili del lockdown: dai “dormitori H24” tra isolamenti e laboratori, all’“aggiungi un posto a tavola”, dalla “resilienza territoriale” dimostrata da molti servizi, alla “pressione psicologica altissima vissuta dagli operatori”; dalla paura e lo sconforto di molte persone senza dimora “rimaste fuori”, alla possibilità avviare nuovi percorsi di vita per persone che hanno tirato fuori capacità e risorse.

«La ricerca evidenzia come le capacità di risposta degli enti siano state messe a dura prova, il rischio è che la seconda ondata e l’inverno mettano in crisi il sistema dei servizi» afferma Paola Vacchina, presidente di Iref.

«Occorre inserire i servizi alla grave marginalità in una programmazione territoriale strategica, promuovere servizi capacitanti che puntino fin da subito ad attivare le persone nella gestione stessa degli spazi, delle relazioni e dei percorsi», dice Cristina Avonto presidente fio.Psd, «consolidare reti e partenariati pubblico-privato dove l’ente locale sia responsabile dei propri cittadini senza dimora».

Parlando di “lascito dell’emergenza” i curatori del Report sottolineano come «in un quadro complessivamente di grande stress e sofferenza per le strutture organizzative e per le persone (operatori e homeless), si possano individuare ricadute negative e positive. Tra le criticità emerse, e ancora irrisolte, vi sono gli ingressi contingentati, la disponibilità dei Dpi, l’insufficienza degli spazi, l’indisponibilità di luoghi per isolamenti e quarantene, un’accoglienza che assume le sembianze di un isolamento all’interno dei servizi stessi, la sospensione dei percorsi di inclusione e inserimento lavorativo». Inoltre, dalle interveste è emerso non solo come un tema delicato sia quello della difficoltà di «di offrire un iter sanitario adeguato e integrato che avrebbe evidentemente alleggerito il peso della gestione dei casi di positività o isolamento tanto per il sociale quanto per il sanitario», ma soprattutto il fatto che alcuni intervistati hanno rilevato che durante il lockdown «una nuova utenza si è affacciata ai servizi. Persone con situazioni abitative precarie o informali, persone con difficoltà a svolgere lavori di sussistenza o occasionali, fasce sociali già in condizioni critiche che si sono trovate effettivamente “sul lastrico” (immigrati fuori dal circuito dell’accoglienza, badanti che hanno perso il lavoro e/o la casa, lavoratori in nero e disoccupati, persone in soluzioni abitative inadeguate, studenti fuori-sede etc…) e che disegnano un nuovo esercito di poveri».

A fronte delle difficoltà il mondo che assiste le persone senza dimora è – sottolineano i ricercatori «un settore che non si è mai fermato» e il racconto emerso dalle interviste è quello «di enti che hanno mostrato una capacità di gestire scenari di emergenza mai visti prima, di una resilienza territoriale fatta di capacità organizzative, strategie di adattamento continuo, operatori agili, reti, soluzioni creative e condivise, attivazione di un ripensamento dei servizi per le persone senza dimora che superasse la logica stringente dei servizi bassa soglia, un clima di collaborazione – anche tra operatori e persone ospiti – che è stata elemento di forza per poter fronteggiare le prime settimane di emergenza».

La speranza conclude la ricerca « è quella di poterci presto avviare verso una fase 3 di superamento delle attuali circostanze, ricchi di un bagaglio organizzativo e gestionale maturato in questi mesi che non deve essere sottovalutato. Il nostro instant report – scrivono i ricercatori – va esattamente in questa direzione e, senza pretese di esaustività, vuole aprire un dialogo raccontando gli eventi e soffermandosi su dimensioni e processi della pandemia e che sta a noi trasformare in avanzamenti e innovazioni».

Nella foto in apertura un particolare della copertina dell'Istant Report


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