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Economia sociale, l’Europa si muove. L’Italia non perda il treno

Si apre una stagione che potrebbe davvero offrire un’occasione irripetibile per aprire finalmente un confronto a livello europeo sul ruolo delle organizzazioni di Terzo settore e sulla necessità di introdurre misure fiscali in grado di riconoscere e valorizzare l’impatto sociale dell’economia sociale. Il Commissario per i diritti sociali e il lavoro e il semestre a guida portoghese sono un'opportunità, ora tocca al Governo italiano

di Giuseppe Guerini

Raccolgo e rilancio lo spunto di riflessione che Alessandro Mazzullo a proposto dal suo Blog su Vita, intervenendo nel dibattito aperto da Riccardo Bonacina con il Governo in relazione al completamento della riforma del Terzo Settore, con particolare riguardo alla normativa fiscale, la cui effettiva possibilità di compiersi e soprattutto di diventare davvero occasione di innovazione ad impatto sociale, passa necessariamente da un azione a livello Europeo. Le ragioni della necessità di un intervento europeo sono chiaramente e sinteticamente esposte nel intervento di Alessandro e non serve quindi aggiungere altro.

Uso quindi questo spazio per provare a lanciare un appello per passare all’azione sul piano politico e sulla necessità di farlo adesso. Troppe volte i politici europei hanno parlato di investimenti ad impatto sociale, delegando al settore privato e ad una aspettativa filantropica, il compito di agire le leve finanziarie per realizzare innovazione sociale. Ma la prima misura di investimento ad impatto sociale che andrebbe introdotta nell’ordinamento europeo, dovrebbero essere le “tax expenditures” per dare impulso e sostengo alle organizzazioni non-profit, che devono essere considerate parte della politica fiscale di interesse generale, abbattendo il tabù degli “aiuti di Stato” per un settore della società civile che in realtà da decenni, interviene a soccorrere gli Stati nelle loro carenze nella risposta ai bisogni sociali. Occorrere infatti chiarire, nel caso di molti interventi realizzati dal terzo settore che sottostanno a questa disciplina, “chi sta aiutando chi?” che è poi direttamente collegata alla visione di Terzo Settore emersa dalla riforma italiana, che individua gli ETS come organizzazioni che perseguono finalità di interesse generale e di bene comune. Una visione più ampia e generativa di quella di Non-Profit che è invece l’unica che in qualche misura trova corrispondenza nella legislazione europea.


Si apre infatti una stagione che potrebbe davvero offrire un’occasione irripetibile per aprire finalmente un confronto a livello europeo sul ruolo delle organizzazioni di Terzo settore e sulla necessità di introdurre misure fiscali in grado di riconoscere e valorizzare l’impatto sociale dell’economia sociale. Il commissario Nicolas Schmit (nella foto di cover) ha annunciato la volontà di metter a punto uno Piano d’azione per l’Economia Sociale Europea che dovrebbe vedere la luce nell’autunno 2021, che sarà preceduta da una consultazione pubblica che dovrebbe aprirsi già il prossimo mese di gennaio. Col Forum del Terzo Settore Italiano e con Social Economy Europe stiamo già scaldando i motori per questo appuntamento.

Ma una partecipazione autorevole del Governo Italiano, magari con una risposta coordinata tra Ministero del Lavoro e Ministero Economia e Finanza, è quanto mai opportuna e necessaria. A gennaio 2021 inoltre inizia il semestre di presidenza del Consiglio Europeo in capo al Governo portoghese che ha inserito nelle sue priorità una specifica attenzione ai temi dell’economia sociale e al piano attuativo del Pilastro Europeo dei diritti sociali, con un vertice europeo previsto per il 7 maggio che dovrebbe portare ad un documento comune per un Europa più sociale. A maggio ci sarà anche la Conferenza Europea sull’Economia Sociale a cui si sta arrivando attraverso una road map ricca di eventi e incontri e sarà comunque una tappa decisiva per la definizione del Piano d’azione per l’economia sociale.

Senza un intervento deciso, da parte del Governo Italiano e naturalmente del Terzo Settore Italiano, che riesca a coinvolgere anche il Commissario Europeo Paolo Gentiloni, tutto questo fermento sull’Economia Sociale rischia limitarsi alla dimensione esortativa, alle campagne di azione per promuovere nuova imprenditoria sociale e nuovo protagonismo della società civile organizzata: questioni certamente importantissime, ma che continuerebbero a lascare sullo sfondo la questione centrale: quali politiche fiscali europee vogliamo per realizzare davvero quegli impatti sociali trasformativi di cui abbiamo bisogno. L’esperienza dell’Italia può davvero fare la differenza, ma serve crederci e serve soprattutto fare un azione congiunta a prendere l’iniziativa. Il tempo è ora. Contenuti e idee non mancano. È tempo di passare all’azione.

*Presidente Cecop-Cipoca Europe


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