Welfare & Lavoro

I cattolici sardi: «Siamo stanchi del lassismo e dell’incapacità della classe politica»

L'economista cagliaritano Franco Manca è tra gli oltre 200 cattolici firmatari del "Patto per i Sardi", che ha la finalità di individuare priorità e soluzioni da presentare a chi occupa ruoli di responsabilità. «Troppo divario tra i ricchi e i poveri: la persona, e non il profitto, deve stare al centro dell’interesse generale». Un appello trasversale

di Luigi Alfonso

«Siamo stanchi del lassismo e dell’incapacità della classe politica di trovare un progetto di sviluppo sociale ed economico per l’Isola». L’economista Franco Manca, ex assessore regionale del Lavoro, parla a nome degli oltre 200 cattolici che di recente hanno costituito il ‘Patto per i Sardi’ e promettono battaglia su tutti i fronti. In gran parte si tratta di persone che hanno rivestito o rivestono tutt’ora ruoli di rilievo nella società isolana. Si tratta di una iniziativa condotta da laici che appartengono a movimenti focolarini, Comunione e Liberazione, Cisl, Acli, Azione Cattolica, Pastorale sociale e del lavoro. Per ora non sono state coinvolte le gerarchie ecclesiastiche.

«Non è accettabile l’elevata concentrazione del reddito a fronte dell’aumento delle povertà», prosegue Manca. «Non è un caso se le famiglie sarde hanno il più basso tasso di natalità: hai voglia di chiedere maggiore coraggio ai giovani, quando non si trova lavoro, a volte neppure con due lauree e qualche specializzazione. Molti, per questo, stanno scappando dalla Sardegna. Purtroppo la pandemia ha peggiorato una situazione che era di per sé grave, rendendola ancor più drammatica».

Nel ‘Patto per i Sardi’ ci sono anche politici di vari schieramenti, a conferma di una trasversalità che bada al sodo. «Lanciamo un appello a tutte le forze politiche, le istituzioni e al mondo sociale, in particolare al mondo cattolico che è sin troppo silente. E non da oggi», precisa Manca. «Puntiamo al bene comune e mettiamo la persona, non il profitto, al centro dell’interesse generale. Avviamo un percorso di condivisione delle risorse. In tal senso, il Recovery Fund è un’occasione importantissima e irripetibile: sprecarla sarebbe immorale».

La mobilitazione è destinata ad allargarsi nelle prossime settimane. «Siamo partiti dall’area metropolitana di Cagliari ma, a poco a poco, stiamo coinvolgendo tutti i territori della Sardegna. Occorre una forte spinta dal basso e dall’alto, senza isterismi e neppure pregiudizi, senza preconcetti o retropensieri, perché qui parliamo del futuro nostro e, in particolare, dei nostri figli e nipoti. Futuro immediato, non remoto. Non c’è più tempo da perdere, e questo lo hanno capito in tanti ma non tutti, purtroppo».

Un gruppo ristretto di firmatari è al lavoro per individuare i temi e pensare a proposte concrete da presentare, «che consentano di avere nuove traiettorie di sviluppo, con una particolare attenzione per le persone più emarginate.

Il salario minimo garantito e il Reddito di cittadinanza hanno trasformato il lavoro come qualcosa di marginale che rientra nell’ambito welfare. Non è così, siamo convinti che il lavoro debba essere al centro del nuovo percorso di sviluppo perché garantisce da un lato la dignità delle persone e, dall’altro, consente di conservare le relazioni sociali. L’emergenza è un aspetto contingente, dobbiamo certamente pensare innanzi tutto a dare da mangiare alle persone in difficoltà, ma non è questo il rimedio al problema più generale».