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Terzo Settore: coprogettazione, co-governance e post pandemia

«Il bene va fatto bene» è il principio che guida la filantropia più avanzata. Nel tempo della pandemia è questa visione strategica a costituire il trampolino di lancio per nuove esperienze di gratuità e impresa

di Silvio Minnetti

«La seconda modernità, nella sua furia costruttivista, ha fatto di tutto per neutralizzare la terziarieta': tutto doveva rientrare o nello Stato o nel Mercato o in entrambi, a seconda delle simpatie ideologiche. Il cambiamento oggi necessario è quello di superare questo schema, ormai datato e incapace di far presa sulla realtà. Gli enti del Terzo settore non possono più essere considerati come soggetti per la produzione di quei beni e servizi che ne' lo Stato né il Mercato ha interesse oppure la capacità di produrre. Al contrario essi vanno visti come una specifica forma di governance basata sulla coprogrammazione e coprogettazzione. Ciò implica che il Terzo settore del dopo Riforma non può esimersi dal porre in cima ai propri obiettivi la rigenerazione della comunità». Così scrive Stefano Zamagni su Buone Notizie del 19 gennaio scorso.

Per questi motivi gli Ets devono poter realizzare pratiche di organizzazione della comunità per realizzare il principio di sussidiarietà circolare. Così si sta trasformando il rapporto tra Stato, Mercato e Comunità. Si delinea un modello tripolare della realtà con pubblico, privato e civile. Chi fa beneficienza, anche piccola, ad esempio,vuole essere certo che vada a buon fine. Per questo servono intermediatori filantropici inquadrati, come la fondazione Fido, Fondazione Italia per il Dono. In tal modo si va verso il modello anglosassone per colmare una lacuna della nostra infrastrutturazione sociale e per rendere sostenibile lo stesso Terzo settore. I donatori infatti seguono l'invito di Aristotele: il bene va fatto bene. Avremo allora due tipi di beneficienza: quella del singolo per alleviare le sofferenze che incontra, la seconda quella della società civile che si prende cura essa stessa di alleviarle in modo sistematico. Così anche il piccolo donatore trova realizzato il suo bisogno di donare.

L'uomo infatti non è solo egoismo, è anche amore agapico, gratuità. Un esempio viene dalla risposta collettiva alla pandemia: l'aiuto delle nuove reti per i poveri del Covid. Si è vista la capacità di aggregare soggetti diversi, tanti giovani, e di fare un salto comunitario di "accountability" e di efficienza riconosciuto dalle istituzioni. Le organizzazioni assistenziali, come Caritas, Banco Alimentare, Emergency, si sono rigenerate. La crescente domanda di cibo ha imposto una logistica di avanguardia in grado di assicurare tracciamento e distribuzione. Serve infatti un "pronto intervento" di ultima generazione.

Non basta poi conoscere i bisogni, occorre conoscere i singoli bisognosi. In questo cambiamento d'epoca si manifesta una frattura grave in una società spezzata. Da un lato una questione sociale, dall'altra una economia dei microservizi privati al collasso. Nel settore del turismo in crisi, a chi perde il lavoro, si presenta la mensa. Insomma si mette in coda anche il ceto medio impoverito. Così per i papà separati e tante famiglie senza reddito, si rendono necessari strumenti di microcredito per affitti e bollette. Fare bene il bene per persone con un volto ed un nome. Il presente mostra tracce del futuro nel mondo post pandemia. Quali sono le trasformazioni irreversibili del volontariato e del Terzo settore nel suo complesso?

Per una nuova Italia occorre rinnovare il volontariato. Lo stesso Stato sociale è da rifare: molto più locale e multi-attore con il Terzo settore protagonista. Insomma cambia il rapporto tra Pubblico e Terzo Settore. Il nuovo canale di comunicazione si chiama co-progettazione sancita dalla Costituzione. Saranno notevoli i benefici per la comunità. Buone pratiche non mancano: ad esempio la consegna delle medicine a casa degli anziani mediante la collaborazione del Comune di Bologna con il non profit. Si mostrano esperimenti civici di hub per il volontariato come a Brescia e Cremona. Si tratta di gestione diretta dei volontari durante la pandemia ,da parte degli enti locali. Esiste infine un modo di fare impresa creando benessere per la comunità: sono le aziende ibride che utilizzano il loro business per creare benefit in campo sociale e ambientale.

È come se nascesse un Quarto settore nella convergenza comunitaria di Primo, Secondo e Terzo. Sono imprese ibride con esplicita dichiarazione di voler perseguire obiettivi economici ma anche sociali ed ambientali. Insomma, nella società ferita dal virus per trasmettere competenze e valori è richiesta creatività. La classe politica poi è chiamata in causa dall'Unione Europea: deve accrescere finanziamenti e partnership con il Terzo settore.

Cosi ci sarà in futuro una selezione naturale di questo mondo vitale. Gli enti verranno valutati in capacità di cambiamento. Le piccole OdV rischiano di scomparire se non si aggregano in rete e se non entrano nel circuito del fundraising in sinergia con i donatori. Un ruolo particolare avranno i ragazzi del Servizio civile nel Terzo Settore essendo impegnati a cambiare l'Italia e loro stessi.

Il circuito virtuoso della seconda Ricostruzione della Repubblica avverrà se all' applicazione rapida e corretta del Piano nazionale di ripresa e resilienza si aggiungerà un sostegno consapevole della classe politica della mobilitazione sociale spontanea. Insomma, civismo più buona politica e saremo fuori dalla crisi di sistema.

* Presidente nazionale del Mppu- Movimento dei Focolari


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