Politica & Istituzioni

#NoEsonero: la campagna social contro il nuovo PEI

Un’onda arancione sulle foto dei profili facebook, per la campagna #NoEsonero. Le associazioni, preoccupate per l’inclusione scolastica, chiedono di modificare alcuni punti del decreto 182/2020

di Sara De Carli

Un’onda arancione sulle foto dei profili facebook. L’hanno messa 4.200 persone in due giorni. La scritta è esplicita: #NoEsonero. L’inclusione non si fa fuori. La campagna culminerà sabato 13 febbraio alle ore 12, con un flashmob sui social.

È la mobilitazione social lanciata da CoorDown insieme a tantissime associazioni che si occupano di disabilità, per ottenere la modifica di alcuni punti critici del DI 182/2020. Tante associazioni, impegnate su tipi diversi di disabilità, si sono raccolte nel neonato comitato #NOESONERO, «con una voglia di condividere che percepisco così forte per la prima volta», dice Martina Fuga, responsabile della comunicazione di CoorDown e mamma di Emma, una ragazza con la sindrome di Down. Il tema è il nuovo PEI – piano educativo individualizzato, che dovrà essere adottato per il prossimo anno scolastico. Il nuovo modello di PEI è stato trasmesso alle scuole il 13 gennaio, “svelando” quindi la versione finale di un decreto interministeriale atteso da tre anni, scritto e riscritto più volte, con l’obiettivo dichiarato di migliorare la qualità dell’inclusione scolastica, fiore all’occhiello della scuola italiana.

Il decreto in verità ha sollevato un vespaio di polemiche, con tante associazioni mobilitate per criticarne diversi punti. Il timore più grande, al di là dei dettagli più tecnici, è quello che l’inclusione degli alunni con disabilità con queste scelte e con questi strumenti faccia passi all’indietro, anziché in avanti, riportandoci di fatto all’epoca delle classi speciali.

«Noi la classe speciale l'abbiamo frequentata e non abbiamo alcun imbarazzo a dire che la conseguenza dell'esonero previsto dal nuovo DI 182/2020 sarà questa», scrive Fuga sul suo profilo Facebook. «Non è terrorismo, non è allarmismo, è esperienza. Emma nel suo anno di scuola in Francia è stata considerata "abile" a frequentare solo musica, ginnastica, spagnolo e scienze con la sua classe, nel resto delle materie era esonerata e frequentava una classe speciale con altri alunni con diversi tipi di disabilità. Frequentava anche un minor numero di ore, perché si riteneva che questo giovasse al suo benessere psicofisico. Il mercoledì quando tutti gli studenti frequentavano solo mezza giornata, lei e i compagni della classe speciale stavano a casa. Ho un déjà vu!».

Il nuovo decreto «ovviamente ha molti punti positivi», sottolinea al telefono Fuga, «come la corresponsabilità educativa, la nuova impostazione su una prospettiva bio-psico-sociale, la partecipazione attiva dell'alunno con disabilità nei processi decisionali che lo riguardano, nel rispetto del principio di autodeterminazione e il legame con il Progetto Individuale, inserendo la scuola in una prospettiva più ampia con cui si guarda alla vita dell'alunno. Ma. «Ma questo Decreto mette a repentaglio anni di progressi nell’inclusione scolastica, come CoorDown e altre associazioni avevano evidenziato tempo fa, sulla base delle bozze di Linee guida e di PEI visionate».

L’esonero è il primo punto critico, la “bandiera” della richiesta di cambiamento. «Gli alunni con disabilità possono essere esonerati da alcune materie di studio. Lo decide il consiglio di classe, lasciando fuori da questa decisione le famiglie. Indubbiamente è una cosa che esiste già oggi, ma un conto è l’eccezione condivisa tra famiglia e consiglio di classe per il benessere dell’alunno, altro è definire per legge la possibilità di esonerare da alcune discipline», sottolinea Fuga. «Cosa fanno i ragazzi nelle ore in cui non seguono le discipline da cui sono esonerati? È evidente che la conseguenza sarà che faranno un laboratorio o come lo si vorrà chiamare, in un’aula diversa da quella dei compagni, certamente non con gli insegnanti curricolari ma delegati totalmente agli insegnanti di sostegno. Comunque la vogliamo dire, usciranno dalla classe e fare altro. Con chi? Con altri alunni, in un piccolo gruppo? Potrebbe avere senso. Ma se fuori dalla classe ci saranno solo gli altri compagni con disabilità per quanto lo si neghi vuol dire creare un ambiente esclusivo». Oltre all’esonero c’è anche la possibilità di una riduzione dell’orario scolastico – anche qui, talvolta le famiglie lo chiedono per poter svolgere le terapie riabilitative, non stiamo parlando di questo – che dirà ulteriormente che l’alunno con disabilità è una cosa “a parte” rispetto alla classe, come un ospite che ogni tanto si aggancia».

Un secondo punto critico è il GLO-Gruppo di Lavoro Operativo. Si è dibattuto a lungo nei mesi scorsi se dovesse o no diventare un organo collegiale, alla fine non lo è ma «di fatto nel decreto c’è scritto che è membro del GLO il consiglio di classe e poi in un altro articolo a parte si dice che le famiglie possono partecipare. Sembra una gentile concessione», spiega Fuga. È vero che – ammette – in tutti i webinar che ci sono stati un queste settimane sia dal Ministero sia gli esperti che hanno partecipato alla stesura delle linee guida hanno rassicurato sul fatto che tutti partecipanti sono sullo stesso piano, «ma nel decreto non è scritto così, è necessario chiarire, altrimenti si rischia di dare alle scuola uno strumento che va nella direzione opposta. Come dice Carofiglio, se una cosa non è scritta chiara vuol dire che non è pensata bene».

Il terzo punto critico, più volte dibattuto, riguarda l’automatismo nella quantificazione delle ore sostegno: se prima l’automatismo discendeva dalla gravità della disabilità, ex lege 104, oggi deriva dal debito di funzionamento rilevato. Un debito di funzionamento di volta in volta definito come assente, lieve, medio, elevato o molto elevato determina il range di ore di sostegno possibile: da 0 a 25 alla scuola dell’infanzia, suddivise in quattro fasce e da 0 a 18 alla secondaria, sempre in quattro fasce. «Si perde di vista la persona e ci si concentra su quello che manca rispetto al normotipo di riferimento invece che capire quali sono le risorse necessarie. Solo apparentemente è logico, in verità è paradossale. Un alunno che ha potenzialità alte potrebbe seguire un percorso semplificato, non differenziato, prendere un diploma valido… ma per farlo ha bisogno di più ore di sostegno. Invece oggi un alunno con un debito di funzionamento alto avrà poche ore di sostegno».

La richiesta, a cui la mobilitazione dà voce, è quella di poter rappresentare le criticità rilevate e di modificare i punti critici, «perché non è tutto da buttare».

Photo by Adrien Olichon on Unsplash


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