Cooperazione & Relazioni internazionali

Ecco perché i 1300 migranti respinti in Slovenia dovrebbero poter tornare in Italia

Anna Brambilla, l’avvocata che insieme alla collega Caterina Bove, ha presentato e vinto il ricorso per un richiedente asilo pakistano respinto illegalmente in Slovenia spiega: «Le riammissioni in Slovenia violano l’articolo 3 della convenzione europea dei diritti dell’uomo a non essere esposto a tortura e trattamenti degradanti. Cosa che avviene, ed è nota a tutti, durante le riammissioni dei migranti. Per far rientrare in Italia i migranti servirebbe un ricorso per ogni persona. Ma i loro documenti, che ci permetterebbero di ottenere le procura a distanza, sono stati distrutti dalla polizia croata. Intanto il nostro assistito per ora è ancora in attesa del visto d’ingresso a si trova in uno squat di Sarajevo»

di Anna Spena

I respingimenti dei migranti dall’Italia alla Slovenia sono illegali. La sentenza è arriva dal Tribunale di Roma, lo scorso 18 gennaio, dopo un ricorso presentato dalle avvocate Caterina Bove e Anna Brambilla dell’Asgi, per un richiedente asilo pakistano che da Trieste è stato respinto in Slovenia, e poi Croazia per ritrovarsi – alla fine – in Bosnia. L’ordinanza è stata firmata dal giudice Silvia Albano. «Gli erano stati fatti firmare alcuni documenti in italiano, gli erano stati sequestrati i telefoni ed erano stati ammanettati. Poi sono stati caricati su un furgone e portati in una zona collinare. Dopo circa un chilometro erano stati fermati dagli spari della polizia slovena che li aveva arrestati e caricati su un furgone», si legge nell'ordinanza. «Il ricorso», spiega l’avvocata Brambilla, «che si basa su numerosi report, inchieste giornalistiche e denunce di organizzazioni per i diritti umani, è frutto di un lavoro di squadra e di contatti che si sono sviluppati nel corso dell’ultimo anno. Ad essere fondamentale sono state le relazioni con gli attivisti locali bosniaci e le organizzazioni non governative presenti sul territorio». Ma nel 2020 sono state respinte illegalmente in Slovenia 1301 persone. Che ne sarà di loro?

Quali sono, dal punto di vista giuridico, le responsabilità dell’Italia nelle riammissioni in Slovenia?
Tra giugno e luglio dello scorso anno, durante un’interrogazione parlamentare di Riccardo Magi, la ministra dell’Interno Lamorgese ha dichiarato quello che sospettavamo da tempo, confermando che i migranti venivano riamessi dall’Italia in Slovenia. Sono state respinte anche persone che avevano manifestato la volontà di chiedere la protezione internazionale nel nostro Paese. Le riammissioni sono avvenute in virtù di un accordo bilaterale tra i due paesi risalente al 1996. (Nonostante l’accordo abbia chiara natura politica, questo non è stato ratificato con legge di autorizzazione alla ratifica ai sensi dell’art. 80 Cost.;in quanto accordo intergovernativo stipulato in forma semplificata, in ogni caso questo non può prevedere modifiche alle leggi vigenti in Italia – altro caso in cui l’art. 80 Cost. prevede la preventiva legge di autorizzazione alla ratifica – e dunque questo neppure può derogare alle norme di fonte primaria dell’ordinamento giuridico italiano, ndr). Il problema è che i respingimenti non riguardano solo l’Italia e la Slovenia, ma dalla Slovenia i migranti vengono respinti in Croazia, e poi in Bosnia Erzegovina. Ed è lì che infatti ong e attivisti locali li hanno intercettati e hanno raccolto le loro denunce.

Perché non è stato possibile fare ricorso già la scorsa estate?
Un avvocato per agire in Italia ha bisogno di una procura. Quando l’assistito si trova all’estero bisogna andare da un notaio che autentichi la firma. In Bosnia i notai richiedono i documenti originali. In moltissimi i documenti non ce li hanno più: li hanno persi durante il viaggio, ad alcuni sono stati distrutti dalla polizia, altri invece non li hanno mai avuti. Quando finalmente, dopo diversi mesi, siamo riuscite a raccogliere la procura per questo primo ragazzo pakistano di 27 anni, abbiamo fatto ricorso.

Come vi siete mosse?
Il nostro obiettivo mentre scrivevamo il ricorso non era solo quello di far riconoscere come illegali i respingimenti dall’Italia alla Slovenia. Ma dimostrare che anche i respingimenti successivi, quindi dalla Slovenia alla Croazia e poi in Bosnia, sono responsabilità dell’Italia. Perché è chiarissimo, e più volte è stato denunciato, tutto quello che succede quando i migranti vengono lasciati in Slovenia. Lo sappiamo noi, lo sanno i giornalisti, il ministero dell’Interno e la polizia di frontiera alla quale il ministero ordina la riammissione. Tra la Slovenia e la Croazia, infatti, c’è lo stesso accordo bilaterale che esiste tra l’Italia e la Slovenia. Allo stesso modo tutti sono a conoscenza della violenza sistemica che la polizia di frontiera croata, e altre forze non ben identificate, esercitano sui migranti. Questo ricorso infatti si muove su due piani, il primo è la violazione dei diritti all’accesso alla procedura di riconoscimento di protezione internazionale.

E il secondo?
L’altro piano, forse ancora più importante, è che il giudice nella sentenza ammette che a prescindere dalla richiesta di protezione internazionale e quindi dallo stato giuridico di una persona, il fatto stesso di aver esposto la persona al rischio di violenze e poi di abbandono in Bosnia, rappresenta la violazione di un diritto umano fondamentale sancito dall’articolo tre della convenzione europea dei diritti dell’uomo, a non essere esposto a tortura e trattamenti degradanti. Questo è un diritto assoluto a cui corrisponde l’obbligo dello Stato. E il giudice infatti riconosce il diritto del nostro assistito a tornare in Italia ed avviare le procedure per richiedere il diritto d’asilo.

Qual è la situazione attuale del vostro assistito?
In Italia qualunque decisione del giudice di un tribunale ordinario vale tra le parti, quindi il ministero è obbligato a dare esecuzione alla sua decisione e dovrebbe rilasciare un visto d’ingresso al nostro assistito. Ma il visto per ora non è ancora arrivato e il nostro assistito si trova in uno squat (casa o fabbrica abbandonata dove vivono i migranti che non trovano posto nei campi profughi ufficiali ndr) a Sarajevo.

Qual è la procedura da seguire per rimettere in Italia tutte le altre persone respinte illegalmente?
I respingimenti illegali sono stati circa 1300 nel 2020. Ma non siamo in contatto con tutti, ed è possibile che qualcuno abbia riprovato il “game” e sia riuscito a passare. Abbiamo dei canali comunicativi aperti con diversi migranti che sono stati respinti e ora si trovano in Bosnia. La decisione del tribunale di Roma è importante perché mette nero su bianco che le riammissione, così come sono state eseguite dall’Italia, sono illegittime. Teoricamente quindi il Ministero dell’Interno, non dovrebbe più attuarle. E apparentemente, infatti, sembra ci sia stata una sospensione. Ma per far rientrare in Italia tutti i 1300 migranti servirebbe un ricorso per ognuno di loro. Il primo passo però è risolvere la questione dei documenti necessari per far avere agli avvocati le procure. Vorremmo provare a raccogliere infatti una procura unica sulla base del fatto che in molti migranti non hanno i documenti perché sono stati distrutti dalla polizia croata. Visti i nostri contatti, nell’arco degli ultimi mesi, avremmo potuto fare ricorso almeno per una trentina di persone. Ma non è facile. Sono persone molto provate, e la prima cosa che ti chiedono è “ma quanto ci vuole per avere la risposta?”. E tra i respinti ci sono anche diversi minori.


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