Economia & Impresa sociale 

La triade del dinamismo imprenditoriale

Ricerca, innovazione e presenza sui mercati internazionali. Sono questi i tre driver che caratterizzano il dinamismo delle imprese. E le banche mutualistiche di comunità, di proprietà dei territori, caratterizzate da governance democratica sono il loro partner ideale

di Sergio Gatti

Sorpresa. La banca di comunità attira sempre più le imprese maggiormente dinamiche, quelle impegnate simultaneamente nei tre driver della competitività: la ricerca, l’innovazione e la presenza internazionale. Emerge da un focus sulle banche mutualistiche di comunità realizzato dal Centro Studi Met-Monitoraggio Economia Territorio nell’ambito del Rapporto Gli anni delle crisi 2008-2020 (Ecra editore).

Il Met suddivide le imprese a seconda del proprio profilo di dinamismo. Vi sono quindi le imprese integrate (che adottano contemporaneamente i tre driver ricerca-innovazione-presenza sui mercati esteri), quelle intermedie (impegnate solo in uno o due dei driver indicati) e quelle statiche (senza alcuna strategia dinamica).

Ora, il profilo di dinamismo delle imprese socie e clienti delle Bcc è profondamente cambiato proprio negli anni delle crisi. Al plurale. E questo è un dato particolarmente significativo anche a fronte di “processi sommari” che hanno visto le banche di territorio imputate di tendere a finanziare soprattutto le imprese zombie e a “congelare” nella loro staticità le micro-piccoleimprese. Non è così. Diverse, gravi, sovrapposte e concentrate sono state in Italia le crisi dal 2008 al 2020: esogene ed endogene, di origine finanziaria, economica e — in ultimo — sanitaria. La presenza di clienti di banche mutualistiche di comunità tra le imprese integrate, infatti, passa dal 7% nel 2011 a quasi il 30% nel 2019 a fronte di una crescita inferiore per le altre due classi (nello stesso periodo le intermedie passano dal 10,8% al 23,4%, mentre le statiche dal 9,7% al 20%).

Dunque, le banche mutualistiche di comunità, di proprietà dei territori, caratterizzate da governance democratica (una testaun voto), che operano e decidono nei luoghi costituiscono un indispensabile soggetto complementare alle banche di grandi dimensioni, capitalistiche, cross border e a proprietà mista (sia nazionale sia internazionale), con centri decisionali e spesso interessi “non prossimi” ai territori: la conferma della necessità di un’autentica ed efficace bio-varietà bancaria. E quindi quei dati per chi opera sul campo non sono una sorpresa.

Quella mutualistica consente di accompagnare sempre meglio le imprese dinamiche senza abbandonare a se stesse le intermedie e le statiche che pure continuano a dare lavoro a centinaia di migliaia di persone e a produrre reddito. Elementi quanto mai preziosi soprattutto in un Paese con difficoltà strutturali, ritardi sistemici e occupazione con ampia variabilità quali-quantitativa.

Il Rapporto Met 2020 aggiunge un quarto lato al caleidoscopio multidimensionale con il quale osservare le banche mutualistiche di comunità:

a) quello del supporto alla competitività tramite il finanziamento di quella che il Met definisce la “triade” del dinamismo imprenditoriale: la ricerca, l’innovazione, la presenza sui mercato internazionali soprattutto, ma non solo, mediante le esportazioni. Ma anche i dati del Mise sul finanziamento delle start up e delle imprese innovative offrono conferme in questa direzione con il 28,4% delle pratiche e il 25,3% del totale dei crediti alle start-up innovative garantiti dal Fondo di Garanzia Pmi che provengono dalle banche “minori”, in prevalenza Bcc (1.847 pratiche per oltre 321 milioni di euro);

b) quello dell’inclusione cercando di non abbandonare le imprese meritevoli anche se meno reattive o meno ambiziose o meno dotate di capitale umano qualificato;

c) quello della riduzione delle disuguaglianze dei redditi come ormai emerge sempre più insistentemente e in modo consolidato dalla letteratura economica internazionale;

d) quello della funzione anticiclica come confermato dalle quote di mercato nei finanziamenti alle imprese e alle famiglie cresciute proprio negli anni più duri della crisi finanziaria (2008-2014).

Ulteriore dato confortante deriva dal dinamismo delle regioni del Sud Italia. La tendenza al mutamento della clientela delle Bcc nel senso della modernizzazione non è «concentrata soltanto nel Centro-Nord, è diffusa anche nelle aree meridionali. La presenza tra le imprese più dinamiche, quelle integrate, cresce in misura persino maggiore nelle regioni del Mezzogiorno anche se il numero delle stesse imprese in queste aree è relativamente ridotto». Dati di fatto che non potranno essere sottovalutati dai policy maker sia nazionali sia europei. Vuoi quando scrivono le regole per le banche vuoi quando orientano, progettano e realizzano il Next generation Italia (o Piano nazionale di ripresa e resilienza).

Tali policy maker trovano nel Rapporto Gli anni delle crisi 2008-2020 tantissimi dati, analisi originali, informazioni approfondite e indicazioni sia strategiche sia di metodo. Frutto di indagini di campo — che costituiscono un unicum in Italia e in Europa — e che coprono l’intero periodo considerato attraverso sette diverse rilevazioni realizzate con cadenza biennale: 24mila interviste per ciascuna tornata, con l’obiettivo di approfondire le articolazioni di un sistema industriale particolarmente differenziato come quello italiano.


*Sergio Gatti, direttore generale Federcasse


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