Comitato editoriale

Dedicato ai figli dei malati di Sla il nuovo video-manifesto

Presentato oggi in diretta social “Per me questo non è un gioco”, lo spot realizzato da quattro studenti dello Ied di Milano e premiato lo scorso novembre al XIX Spot School Award, concorso organizzato dall’Associazione Creativisinasce. Al centro dell’attenzione la vita quotidiana di una bambina che ha dovuto crescere più in fretta, ma che non ha rinunciato ai suoi sogni. Da tre anni Aisla ha attivato il progetto Baobab dedicato proprio ai minori con un genitore affetto da Sla

di Antonietta Nembri

Una ragazzina, Anna, sta preparando la pasta chiacchiera, pone domande cui risponde una voce. Una scena normale in una cucina, poi l’immagine si allarga e di spalle si vede la sagoma del padre e il piccolo schermo di un computer… Anna si volta, racconta al suo papà che da grande sogna di diventare una chef e aprire un ristorante. Tutta questa sequenza è parte del nuovo video manifesto di Aisla – l’associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica intitolato “Per me questo non è un gioco”. È come una fotografia della vita quotidiana dei figli di un genitore affetto da Sla, bambini che sono cresciuti un po’ più in fretta, confrontandosi con la malattia, ma che non devono rinunciare a inseguire i loro sogni.


Alla presentazione di oggi, sui canali Facebook e YouTube di Aisla – condotta da Davide Briosi, speaker radiofonico più conosciuto come Brio – sono intervenuti Alberto Fontana, segretario nazionale Aisla; Ron nella sua veste di testimonial e consigliere dell’associazione, i quattro studenti dello Ied di Milano autori del video realizzato per Spot School Award – Andrea Azzolini, Arianna Formilli, Riccardo Bertoldi Roverotto e Silvia Borri – i rappresentanti della giuria dello Spot School Award 2020 e Paolo Zanini, papà affetto da Sclerosi laterale amiotrofica che – rivelano da Aisla – ha inconsapevolmente ispirato il progetto.

Non è un caso che ci siano i bambini e i loro sogni al centro del nuovo video manifesto di Aisla. Come spiega Ron: «Ogni bambino ha il diritto di sognare, anche quando convive con un genitore affetto da una malattia ingombrante come la Sla. Anche per le nostre famiglie è importante garantire opportunità di crescita ai propri figli, come l’iscrizione a una scuola di calcio o di danza, la partecipazione a una vacanza studio, l’acquisto di materiale scolastico Ecco perché uno degli impegni dell’Associazione è proprio quello di sostenere le necessità dei ragazzi, sia dal punto di vista psicologico sia pratico, per consentire loro di continuare a credere nei sogni» ha concluso il testimonial e consigliere di Aisla che alla fine della diretta ha voluto regalare a tutti i presenti online la canzone “L’uomo delle stelle”.

Dal 2018 Aisla, attraverso gli psicologi del GipSla (Gruppo psicologi Sla) in collaborazione con la facoltà di Psicologia dell’Università di Padova, sostiene il Progetto “Baobab” (ne abbiamo parlato qui e qui ). Il primo studio al mondo, possibile grazie all’alleanza tra Aisla e Fondazione Mediolanum Onlus, focalizzato sui bambini e i preadolescenti con un genitore colpito dalla Sla, finalizzato a comprendere a fondo in che modo la presenza della malattia possa incidere psicologicamente sulla crescita e lo sviluppo dei ragazzi e a individuare soluzioni per aiutare le famiglie a seguire i figli nel modo migliore in una situazione di così grande difficoltà.

«Emozionato», così si è sentito Alberto Fontana alla visione del video realizzato dai giovani professionisti: «Hanno saputo cogliere l’essenza di ciò che accade nella quotidianità di una famiglia che convive con una disabilità. Con semplicità e delicatezza si racconta il desiderio e il coraggio di continuare a esserci, a vivere pienamente il proprio ruolo nella società, così come all’interno della famiglia. Perché la voce di un genitore rimanga guida, a prescindere dalle proprie abilità e disabilità». Fontana ha poi ricordato che anche questo, come il precedente spot “This is a story”, lanciato nel 2014, è un ulteriore strumento per fare sensibilizzazione e raccogliere fondi per poter sostenere le diverse attività come per esempio: il centro di ascolto che lo scorso anno ha risposto a 10.500 chiamate, il fondo sollievo, il Registro nazionale Sla, la Fondazione AriSla che si occupa di ricerca scientifica e il Progetto Baobab
Proprio per valorizzare il ruolo genitoriale Aisla ha scelto di lanciare il suo nuovo video manifesto nella settimana in cui si celebra la Festa del Papà, con lo spot che rappresenta anche la crescita che l’associazione ha vissuto negli ultimi anni. Il focus dei progetti, infatti, si è ampliato, abbracciando l’intero contesto di vita delle persone con Sla, andando così a sostenere intere famiglie.

"Per me questo non è un gioco", come il video manifesto che l’ha preceduto lanciato nel 2014, è frutto del lavoro di giovani talenti. A realizzarlo infatti sono stati Andrea Azzolini, 23 anni; Arianna Formilli, 24 anni; Riccardo Bertoldi Roverotto, 23 anni e Silvia Borri, 29, studenti dello Ied Milano.
Lo scorso 20 novembre il progetto è stato premiato con «Argento Sezione TV» in occasione del XIX Spot School Award, il concorso organizzato annualmente dall’Associazione Creativisinasce, riservato esclusivamente a studenti di comunicazione e pubblicità che, dal 2001, focalizza l’attenzione di atenei italiani e stranieri sul mondo dell’advertising. A giudicare i lavori: Gerardo Sicilia, presidente di Spot School Award, Matteo Biasi di Aldo Biasi Communication, Elena Vettorato di Rai Pubblicità, Mauro Miglioranzi di Cooee Italia e Clara Camplani, giornalista e giurata per Aisla.

«Ci siamo incontrati un anno fa», raccontano gli autori del video, «lavorando insieme per questo brief, però, abbiamo avuto l'impressione di essere cresciuti insieme. In questo progetto abbiamo cercato di far emergere la parte migliore di noi: quella attenta, empatica, sensibile, che guardando al futuro intravede un mare di possibilità. Lo spot si basa proprio su questo. Il risultato finale, però, ha richiesto tanta ricerca sulla malattia, ha richiesto di parlare con le persone. Ci siamo posti l'obiettivo di raccontare una storia plausibile. Per questo abbiamo scelto di entrare in punta di piedi per scoprire un mondo che non conoscevamo, fatto di speranza e di cura. Il lato tecnico è stato inevitabilmente condizionato dal lockdown, però anche da distanti, abbiamo cercato di unire le forze, ognuno con le sue competenze».