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Superare la filiera delle “scatole” nella cura degli anziani e puntare su case manager

Per Paolo Pigni, direttore generale della Fondazione Sacra Famiglia «occorre integrare i servizi della cronicità e della fragilità, incentivando un completamento della filiera e mettendo al centro la vera presa in carico con professionisti che seguano il percorso dell’anziano passo passo, calibrando gli interventi sulla base delle autonomie». L'intervento sul numero del magazine di febbraio

di Paolo Pigni

L'emergenza Covid ha contribuito a portare a galla alcune criticità dell’attuale sistema di gestione delle fragilità, di cui le Rsa sono parte integrante. Questo sistema appare oggi costituito da “scatole e scatolette” molto definite, chiuse, iper-regolamentate dal punto di vista formale; risente di una visione statica della persona, che non considera quindi la dinamicità e i cambiamenti che invece caratterizzano la vita dei nostri anziani.

Oggi cronicità e fragilità non durano settimane e neppure mesi, ma anni, durante i quali le persone con più di 65 anni attraversano momenti diversi, migliorano e peggiorano, hanno un’autosufficienza variabile ed esigenze che mutano nel tempo, rendendo sempre più necessaria una presa in carico globale un’analisi prospettica dei bisogni e interventi di case management dinamici e tempestivi per permettere loro di avere risposte adeguate in ogni situazione. Le “scatole” da cui oggi passano i nostri anziani — assistenza domiciliare, Centro diurno integrato, Rsa aperta, Rsa — hanno mostrato tutta la loro inadeguatezza con l’arrivo della pandemia, che ha colpito duramente le comunità chiuse come le Rsa e messo l’accento sui limiti di questo sistema. Peccato che l’alternativa alle Rsa di fatto è rappresentata esclusivamente dal badantato, in molti casi irregolare, che comunque non risolve il tema di una presa in carico completa e organica e, rimanendo sommerso, non restituisce una visione organica e realistica della fragilità delle persone anziane.

Che fare allora? Occorre integrare i servizi della cronicità e della fragilità, incentivando un completamento della filiera e mettendo al centro la vera presa in carico con l’introduzione della figura del case manager, che dia garanzie di professionalità, competenza e vicinanza. Toccherà al case manager seguire davvero il percorso dell’anziano passo passo, calibrando gli interventi sulla base delle autonomie di quest’ultimo, in stretto collegamento con gli ospedali, e rompendo i muri delle varie scatolette, che così saranno costrette a mettersi in rete e a integrarsi, come si va dicendo da anni.

Per realizzare questo nuovo sistema, che non butta via i servizi esistenti ma li rende leggibili e accessibili, innovando profondamente, servono innanzitutto linee guida nazionali che mettano in grado le Regioni di realizzarlo, e anche nuovi fondi, perché è sotto gli occhi di tutti che gli interventi di presa in carico siano oggi fortemente sottofinanziati. Penso anche a forme di compartecipazione da parte delle famiglie, che oggi già pagano un prezzo molto alto per servizi solo parzialmente adeguati (altrimenti il fenomeno delle badanti non sarebbe tanto diffuso) e che credo sarebbero disposte a corrispondere una quota a fronte di una filiera che funziona davvero…

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*Paolo Pigni, direttore generale della Fondazione Sacra Famiglia


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