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Il bando nidi per le aree svantaggiate che penalizza il Sud

Parte il primo bando di gara del NextGenerationEu da 191 miliardi. La prima tranche è di 700 milioni per nidi e centri polifunzionali con il 60% delle risorse esplicitamente destinate alle aree periferiche e svantaggiate del Paese. Ma qualcosa non torna: «Questo bando penalizza le regioni del Sud Italia, è un paradosso», spiega Andrea Morniroli, socio fondatore della cooperativa sociale Dedalus di Napoli. «L’obiettivo è quello di favorire i più fragili, e poi alla fine i più fragili sono sempre i più penalizzati. Aveva ragione don Milani: non si possono fare parti uguali tra diseguali»

di Anna Spena

NextGenerationEU, lo strumento pensato per stimolare la ripresa, costituirà il più ingente pacchetto di misure mai finanziato dall’Unione Europea. Un piano per ricostruire l'Europa dopo la pandemia di Covid19. Il primo bando di gara del NextGenerationEu (che si chiuderà il 21 maggio), è composto da un pacchetto di misure che vale 191 miliardi. Una disciplina del piano europeo ancora non c’è, per questa ragione i progetti selezionati entreranno a far parte del Piano per la ripresa e la resilienza nazionale (PNRR) e dovranno riportare su tutti i documenti di riferimento sia amministrativi che tecnici la dicitura: Finanziato dall'Unione europea NextGenerationEU.

La prima tranche del fondo è pari a 700 milioni, soldi che, in linea con gli obiettivi del NextGenerationEU dovrebbero servire a contrastare le disparità territoriali e favorire i territori svantaggiati. La somma di questo primo bando è stata stanziata a favore di enti locali per asili nido, scuole dell’infanzia e centri polifunzionali, con il 60% delle risorse esplicitamente destinate alle aree periferiche e svantaggiate. Ma cosa sta succedendo?

In una bella inchiesta pubblicata su Il Mattino a firma di Marco Esposito "Next Generation Eu, la beffa degli asili”, il giornalista spiega come, con 4 trucchi, ad essere invece penalizzato in questo bando è proprio il Sud Italia. «Il 60%», scrive Esposito, «non si applica su tutta la cifra ma sull'80% per cui invece di andare 60 ai poveri e 40 ai ricchi va 48 ai poveri e 52 ai ricchi».

«Questo bando non sorprende», dice Andrea Morniroli, socio fondatore della cooperativa sociale Dedalus di Napoli. «L’inchiesta de Il Mattino sottolinea un punto che si continua a ripetere nel nostro Paese rispetto alla divisione e alla distribuzione di risorse e servizi. È un paradosso: si scrivono bandi e leggi con l’obiettivo di favorire i più fragili, e poi alla fine i più fragili sono sempre i più penalizzati. Una logica che funziona al contrario: chi più ha, più prende. È come se si connettessero le politiche sociali solo alle aree forti. Ma aveva ragione don Milani: non si possono fare parti uguali tra diseguali. Se io intervengo su una infrastruttura debole rispetto alla presenza di servizi, ma come criterio per erogare fondi per sviluppare quei servizi tengo in considerazione il numero dei servizi esistenti (quindi meno servizi ho, meno ho possibilità di accedere ai fondi), allora è chiaro che siamo davanti ad una logica un po’ perversa. Con questo bando specifico il Governo ha stabilito nel primo bando di gara per l’associazione di una tranche di 700 milioni del finanziamento previsto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, che il 60% dei fondi siano destinati alle aree periferiche e svantaggiate al fine di recuperare i divari esistenti». Ma come si definisce se un’area è svantaggiata? «Viene utilizzato», aggiunge Morniroli, «l’indice di vulnerabilità sociale e materiale calcolato dall’Istat. Ma utilizzando questo parametro, rientrerebbero nel 60% delle aree svantaggiate anche aree metropolitane come Milano o Torino o comuni notoriamente virtuosi in ambito politiche per l’infanzia come Reggio Emilia. Nel bando, inoltre, non verrebbe specificato che i fondi che arrivano in tali città devono essere destinati alle periferie e quindi le amministrazioni non avrebbero l’obbligo di concentrare le risorse specificatamente o unicamente nelle aree periferiche più marginalizzate. Di fatto questi criteri presenti nel bando rischiano di penalizzare le aree che svantaggiate lo sono davvero, ed ecco che arriviamo alle regioni del Sud Italia, che com'è noto sono più povere e hanno meno servizi».

Che fare per risolvere il problema prima della scadenza del bando? «Le modalità di assegnazione dei 700 milioni di euro messi a bando per la costruzione di asili nido, scuole dell’infanzia e centri polifunzionali per servizi alla famiglia», ha dichiarato a Il Mattino – Mara Carfagna ministro per il Sud e la coesione territoriale nel governo Draghi, «sono state stabilite da una norma e da un Dpcm del governo Conte. Personalmente non avrei mai dato il mio assenso a criteri che, al di là dei principi generali, rischiano in concreto di penalizzare proprio i comuni più deboli nella capacità amministrativa e più bisognosi di infrastrutture sociali, la gran parte dei quali al Sud. Certamente, nell’assegnazione delle prossime quote di Pnrr dedicate agli asili nido – spiega la ministra del Sud – proporremo un esplicito vincolo di destinazione territoriale. Per questo primo bando bisogna intanto correre ai ripari, aiutando i comuni del Sud a competere ad armi pari con quelli del resto del Paese».