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Caro Draghi, sui vaccini il problema non è il senso civico degli italiani

Stanno suscitando dibattito le parole, molto dure, del Presidente del Consiglio sui giovani che salterebbero la fila per le vaccinazioni. La maggioranza dei cittadini, però, sta rispettando il proprio turno e anche i giovani che hanno accettato di vaccinarsi non hanno saltato la fila, ma si sono adeguati a una decisione di sanità pubblica

di Anna Lisa Mandorino

Qualche anno fa l’orrenda copertina di un periodico sbatteva in primo piano il disegno di un Pinocchio a bordo di una sedia a rotelle, e titolava Falsi invalidi. Era un periodo in cui l’allora presidente dell’Inps, Mastrapasqua (poi finito tristemente nelle cronache giudiziarie), e molti mezzi di comunicazione con lui, andavano sostenendo che di falsi invalidi era piena la Penisola, e che questa fosse una delle ragioni di insostenibilità del nostro welfare.

Al netto della distanza siderale fra i protagonisti del paragone, mi è ritornata in mente la copertina di quel periodico quando ieri il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha definito senza coscienza quei cittadini, nel caso specifico giovani, che avrebbero saltato la fila dei vaccini a detrimento degli anziani, e ha anche citato quale idealtipo un malcapitato psicologo 35enne.

A parte il fatto che ovviamente concordo con il Presidente nel definire senza coscienza coloro i quali abbiano ottenuto col favore un diritto che non gli spettava, e al netto della considerazione che magari avercene in giro tanti psicologi 35enni vaccinati per contrastare un disagio psicologico diffuso e a livelli di allarme del tutto inediti, mi piace però ribadire che la maggioranza dei cittadini di questo Paese non sono quello.

La maggioranza dei cittadini di questo Paese sta aspettando il vaccino coi tempi previsti, la maggioranza dei cittadini di questo Paese – anche quelli giovani, anche quelli di categorie non previste dalle priorità del Piano vaccinale nazionale, ma rientrate nella programmazione sanitaria delle singole Regioni (perché sono le Regioni che programmano le categorie, non i singoli cittadini, siano professori universitari, avvocati o psicologi 35enni) -, accettando di vaccinarsi, non ha saltato la fila ma si è adeguata a una decisione di sanità pubblica.

E una decisione di sanità pubblica sono anche le scelte fatte e comunicate ai cittadini a proposito dei vaccini, e in particolare di quello Astra Zeneca: in una prima fase, esso poteva essere somministrato solo agli under 55, il che significa anche allo psicologo 35enne e ai cittadini più giovani a discapito di quelli più anziani. Dopo, quando è stato liberalizzato indipendentemente dalle fasce d’età, si era già nel pieno della più grande confusione comunicativa dall’inizio della pandemia: e il vaccino Astra Zeneca, quello potenzialmente più disponibile in Italia, è divenuto oggetto di una comunicazione allarmante da parte dei molti soggetti non titolati a parlarne e del quasi totale silenzio da parte dei pochi soggetti titolati a parlarne.

Non ci si potrebbe aspettare allora che il Presidente del Consiglio, proprio perché ha scelto in modo benemerito di parlare poco, usi lo spazio a disposizione piuttosto per informare e spiegare (per esempio a quegli over 65 che ora sono i soggetti di elezione per il vaccino in questione e fino a qualche settimana fa gli stessi a cui veniva sconsigliato), per raccontare ai suoi concittadini le difficoltà incontrate, per mettere sul piatto quanto il rapporto tra lo Stato centrale e le Regioni sia ancora foriero di confusione e scarico di responsabilità? Possibile che, alla fine della fiera, tutto il problema stia nel mancato senso civico degli Italiani? Non sono gli stessi Italiani di cui, in momenti diversi, si sono lodati lo spirito solidale e la capacità di mobilitarsi per il bene comune?

Davvero andrebbe superata una narrazione di questo tipo, che si autoalimenta. Davvero si è stanchi del dito puntato contro la mancanza di un senso civico che, d’altra parte, nessuno si prende la briga di alimentare, sostenere e favorire, perché è il facile capro espiatorio a cui ricorrere quando il governo delle cose scricchiola.

Tutto quello che sta avvenendo è nuovo e richiede un processo di “apprendimento collettivo”. Avanziamo per prove ed errori, e nessuno ha chiara la rotta fin dalla partenza. Bene! Come organizzazioni civiche, e anche come singoli cittadini, non solo non puntiamo il dito, ma offriamo collaborazione e soluzioni. Ci aspettiamo di essere ripagati con la stessa moneta: altrimenti potremmo chiederci anche noi “con che coscienza?”.

*Segretaria Generale di Cittadinanzattiva


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