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Una riforma per gli anziani non autosufficienti: la strada è aperta, ora va percorsa

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede che entro la primavera 2023 l'Italia abbia quella riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti che si attendeva da decenni. Era la principale richiesta delle tante associazioni raccolte intorno alla proposta del Network Non Autosufficienza. I primi interventi da mettere in atto per avviare fin da subito il cambiamento, seppur rafforzati, sono invece ancora inadeguati. Il PNRR offre al settore un’opportunità di miglioramento strutturale: la sfida è riempirla di contenuti e di forza riformatrice

di Cristiano Gori

«Il Governo ascolti le associazioni»: lo chiedeva, lo scorso 8 aprile, Stefano Arduini, direttore di Vita. Si riferiva alla proposta per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza elaborata dal Network Non Autosufficienza e sostenuta da una coalizione ampia e composita di soggetti sociali. L’ascolto, in misura significativa, vi è stato. Vediamo come.

La riforma

Il cuore della proposta del Network risiedeva in un obiettivo: sfruttare l’occasione del PNRR per avviare la riforma nazionale dell’assistenza agli anziani non autosufficienti, attesa senza esito sin dalla fine degli anni ’90, quando si iniziò a discuterne in sede tecnica e politica. Una simile indicazione mancava nel Piano elaborato dal Governo Conte che in generale dedicava alla questione uno spazio molto limitato ed era privo di un progetto per il futuro del settore.

Il PNRR del Governo Draghi, invece, prevede la realizzazione della tanto attesa riforma. Si tratta di una riforma organica, che comprende l’insieme degli interventi esistenti, appartenenti sia alla filiera delle politiche sociali che a quella sociosanitaria. Tale atto sarà finalizzato all’introduzione di livelli essenziali delle prestazioni rivolte agli anziani non autosufficienti.

Il Piano attribuisce alla riforma quegli obiettivi che già altri paesi paesi simili al nostro si sono dati, con analoghi provvedimenti: l’incremento dell’offerta di servizi; il rafforzamento dei modelli d’intervento secondo la logica propria della non autosufficienza (quella del care multidimensionale); la riduzione della frammentazione del sistema e la semplificazione dei percorsi di accesso.

Si stabilisce che la riforma dovrà essere introdotta – attraverso un’apposita legge – entro il termine naturale della legislatura, cioè la primavera 2023: un passaggio di particolare rilievo perché la Commissione Europea verificherà il rispetto delle scadenze indicate nel Piano. È da notare, inoltre, che la Ragioneria Generale dello Stato ha approvato un impegno di riforma contenente un’indicazione – l’introduzione dei livelli essenziali – che comporta inevitabilmente un incremento di spesa. Il Piano crea, dunque, alcune condizioni piuttosto favorevoli per dare un concreto avvio alla riforma.

Il primo pacchetto di interventi

Accanto alla riforma, il Network proponeva un pacchetto di interventi pensato come “il primo passo” del necessario percorso di cambiamento, da alimentare con gli investimenti una tantum previsti dal PNRR. I finanziamenti dedicati sono effettivamente aumentati a confronto con il Piano precedente, in particolare grazie al passaggio da 1 a 3 miliardi delle risorse destinate ai servizi domiciliari; le risorse complessive ammontano a circa 3,5 miliardi. Tuttavia, diversi tra gli interventi iniziali contenuti nella proposta – ad esempio la semplificazione dei percorsi di accesso e la riqualificazione delle strutture residenziali – non sono stati finanziati, bensì collocati tra gli obiettivi della legge di riforma.

Rispetto al vecchio PNRR, è anche cambiato l’approccio dichiarato. Viene ora perseguita l’integrazione tra sanità e sociale: di conseguenza, è stato previsto di coordinare gli investimenti di competenza dei Ministeri della Salute e del Welfare. Essi, inoltre, sono presentati come il primo passo nel percorso di cambiamento del settore, il cui snodo fondamentale risiede nell’approvazione della riforma.

In sintesi: il disegno degli interventi previsti pare, sulla carta, perlopiù condivisibile, ma sarà da verificare alla prova dei fatti, con particolare attenzione alla collaborazione tra servizi sociali e sanitari e alla coerenza con il complessivo percorso di riforma. Tuttavia, le risorse stanziate pur essendo cresciute sono ancora lontane dai 7,5 miliardi ipotizzati nella proposta, e solo alcuni degli interventi suggeriti per avviare il percorso vengono effettivamente predisposti. Rimane, dunque, l’esigenza di rafforzare la portata della fase iniziale del processo di rinnovamento prospettato.

Un giudizio d’insieme

Complessivamente, su questo tema, la differenza con la precedente versione del PNRR è netta. Il tratto principale del PNRR definitivo concerne – come si è detto – il primo e più importante obiettivo, cioè quello di avviare la riforma. Il Piano, infatti, mette fine a una lunga fase di disattenzione del Governo centrale verso l’assistenza agli anziani non autosufficienti e individua una nuova – e ben congegnata – opportunità per la riforma. Il punto critico, invece, riguarda il pacchetto d’interventi iniziali che – seppur rafforzato – è ancora inadeguato.

Istituzioni e soggetti sociali

Il lavoro di pressione e sensibilizzazione a favore della proposta, condotto attraverso canali formali e informali, è stato intenso. Il suo svolgimento ha permesso di assistere a due positivi fenomeni. Da una parte, questa vicenda rappresenta un esempio di istituzioni che ascoltano una richiesta proveniente dalla società civile, la valutano positivamente e decidono di agire di conseguenza. Inoltre, se è vero che – nel farlo – alcune parti della proposta non sono state prese in considerazione, è pure vero che altre sono state sostanzialmente migliorate.

Dall’altra, si è registrato un notevole spirito di collaborazione tra i soggetti sociali coinvolti a vario titolo nella non autosufficienza: ne sono una prova la numerosità e l’eterogeneità delle adesioni alla proposta del Network e lo dimostra, ugualmente, la costante collaborazione tra i suoi sostenitori e i sindacati dei pensionati. Consapevoli di mirare allo stesso obiettivo (l’avviamento della riforma), utilizzando strumenti differenti, ci si è ripetutamente confrontati e si è agito in modo coordinato.

Le sfide per le associazioni

La proposta è stata inizialmente promossa e sostenuta da nove organizzazioni, alle quali – in una fase successiva – si è unita un’ulteriore ampia e significativa platea di soggetti della società. Mai, in precedenza, questo ambito del welfare aveva visto manifestarsi una domanda sociale così estesa e articolata. Il ruolo delle associazioni è stato decisivo, ma siamo solo all’inizio. Infatti, se il risultato di avviare l’agognato iter riformatore è stato raggiunto, ora c’è tutta una strada impegnativa da percorrere.

Nel farlo, due paiono i fronti per l’impegno dei soggetti e delle reti sociali. Da una parte, l’introduzione di una riforma di “qualità” e non al ribasso, rischio sempre presente. La sfida è duplice. Sul piano politico, si dovranno tenere alte l’attenzione e la pressione affinché la riforma sia effettivamente realizzata (e ben finanziata). Su quello contenutistico, occorrerà spingere per giungere a una normativa veramente in grado di rispondere alle sfide della non autosufficienza. Fare una riforma, evidentemente, in sé non basta, il punto è farne una “di qualità”.

Dall’altra, il rafforzamento degli interventi iniziali. Dall’auspicata introduzione della riforma ci separano, ragionevolmente, quasi due anni. Non bisogna perderli, bensì impiegarli per mettere in atto un primo pacchetto di misure che inizino a innovare il sistema, preparando il terreno alla riforma. Ciò richiederà di rafforzare gli stanziamenti previsti dal PNRR, di ampliare gli interventi rispetto a quelli lì indicati e di assicurare la massima coerenza tra le azioni iniziali e il disegno complessivo di cambiamento. Bisognerà, infatti, evitare il classico rischio di dar vita a percorsi paralleli ma non comunicanti: l’elaborazione della riforma, da una parte, e la conferma dello status quo nella realizzazione delle politiche, dall’altra.

In conclusione, voglio rimarcare il punto chiave. Il PNRR offre un’opportunità: crea, infatti, uno spazio inedito per un ridisegno e per un miglioramento strutturale del settore. Per quanto ben ideato possa essere, tuttavia, si tratta esclusivamente di uno spazio. Ora bisogna riempirlo di contenuti e di forza riformatrice: questa è la sfida per il tempo davanti a noi.

Cristiano Gori è coordinatore del Network Non Autosufficienza

Photo by Claudia van Zyl on Unsplash


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