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Abio, «fuori dagli ospedali ci siamo inventati la Pad – Presenza a distanza»

Con l’arrivo della pandemia di Covid 5mila volontari di Fondazione Abio hanno dovuto fermare le proprie attività nei reparti di pediatria, ma non sono stati con le mani in mano. «I primi a sentire la nostra mancanza sono stati proprio i medici e gli infermieri delle pediatrie», afferma il presidente professor Vittorio Carnelli. Allo studio le linee guida per ritornare in presenza in sicurezza

di Antonietta Nembri

I volontari e le volontarie di Abio non si erano mai fermati. Dall’anno di nascita, 1978, al 23 febbraio dello scorso anno, anzi le attività, il numero delle associazioni territoriali, dei volontari (oggi circa 5mila) avevano sempre segnato un segno più. Poi con l’arrivo del Covid-19 tutto si è fermato, o quasi. Una situazione che, ammette il presidente della Fondazione Abio, professor Vittorio Carnelli «inizialmente ha un po’ depresso tutto il movimento Abio. Avevamo paura di perdere la spinta motivazionale, soprattutto perché con la sparizione dei volontari dai reparti si era tornati, da un punto di visto psicologico alla situazione di 50 anni fa. Ma ci siamo posti subito il problema di come riuscire a mantenere la nostra presenza in qualche modo, anche da remoto». Nasce così con l’impegno di tutti la Pad, ovvero la “Presenza a distanza”.

«Abbiamo utilizzato tutti i mezzi per far giungere al bambino ricoverato fiabe e racconti, anche le nostre associazioni più piccole hanno messo in campo una grande fantasia» spiega il professor Carnelli. «La voce di Abio è riuscita a entrare nei reparti anche grazie al patto di collaborazione stretto con il personale ospedaliero che abbiamo costruito in tutti questi anni. I primi a sentire la mancanza dei volontari sono stati proprio i medici e gli infermieri delle pediatrie». Un secondo problema, tutt’altro che secondario che si è affrontato in questi mesi è stato quello di mantenere il contatto con le associazioni locali e con i volontari «per non perdere le nostre motivazioni e specificità» chiosa il presidente. Anche perché la tentazione di riorientarsi e fare altro era un rischio reale. In questi 14 mesi l’utilizzo della piattaforma My Abio e i tanti input della Fondazione hanno aiutato a tenere la barra al centro. E ora si inizia a lavorare per prepararsi al rientro nei reparti. «La nostra stella polare» la definisce Carnelli.
«Ci stiamo preparando a tornare in modo progressivo e in punta di piedi, in sicurezza sia per i volontaria sia soprattutto per i bambini. Per questo abbiamo creato dei gruppi di lavoro con i sanitari per stendere delle linee guida». Per il presidente della Fondazione, una dimostrazione della considerazione che gli ospedali hanno dei volontari è nel fatto che molte delle associazioni territoriali siano state contattate dalle direzioni sanitarie per «accogliere i vaccinandi over 80. Questo non rientrava nella nostra mission, ma in molti hanno aderito». Un segno in vista del rientro nei reparti: «Siamo in fase di preparazione e certo rientreremo non in un deserto ma dove sentiremo di essere accolti e dove hanno sentito la nostra mancanza».

In prima linea nella preparazione della ripartenza lo staff di Fondazione Abio che con il CdA in questo anno che, come spiegano Maria Ciaglia (responsabile comunicazione e progetti) e Francesca Sabbadini (responsabile organizzazione e formazione) ha visto l’incremento di My Abio «uno strumento che favorisce la condivisione di dati e documenti della Fondazione con le associazioni territoriali e tutti gli aggiornamenti», sta lavorando alle linee guida per poter rientrare in sicurezza. «Stiamo predisponendo un protocollo» illustra Sabbadini, «in cui ci saranno delle ridefinizioni di incarichi e compiti. Certo è che siamo schiacciati tra due estremi: da una parte l’appello emotivo di chi ci dice “ci mancate, tornate che abbiamo bisogno” e dall’altra parte il senso di realtà che ci stimola a rientrare nei reparti in sicurezza e in alleanza con gli ospedali».


Qui e in apertura le attività delle volontarie Abio in epoca pre-Covid nei reparti di pediatria. In basso un bambino riceve un gioco, ma i volontari non ci sono a consegnarlo sono i sanitari

Quest’anno e più di lontananza dai reparti tra le tante difficoltà ha però portato come risultato positivo «l’accelerazione dei processi di digitalizzazione e questo», precisa Ciaglia «ha permesso di mantenere una relazione con tutte le associazioni e di conseguenza la coesione interna». Un’altra attenzione è stata quella di non disperdere il Dna di Abio. «Ripartiremo da Abio, dagli elementi fondativi che sono la nostra mission, il volontariato in presenza e la formazione permanente. Quello che abbiamo vissuto ci ha insegnato che non si può ricominciare usando un pilota automatico. Perché non sappiamo ancora il come e il quando ripartiremo, ma sappiamo il perché vogliamo tornare nei reparti».

Testimonianze dai territori

Volontarie e volontari di Abio «non sono un accessorio, ma li vediamo come parte della struttura». A dirlo è la dottoressa Susanna Falorni, direttore dell’Uoc Pediatria e neonatologia dell’Ospedale Misericordia di Grosseto che nel 2018 ha ottenuto la certificazione “Ospedale all’altezza dei bambini”, il primo in Toscana. «Abbiamo fatto un percorso insieme e ci vediamo come una squadra», spiega Falorni che ricorda i corsi di aggiornamento per i volontari nella biblioteca del reparto, la presenza delle volontarie e le loro attività per alleviare lo stress psicologico dei piccoli ricoverati «una presenza determinante anche a contenere l’ansia dei genitori e in generale aiutano in quell’aspetto fondamentale che è il care, il prendersi cura», precisa. Ma tutto questo è oggi sospeso.
Con l’emergenza Covid nella primavera 2020 tutti i reparti ospedalieri si sono chiusi ai volontari. La conseguenza? «Oggi i bambini sono molto più stressati a causa dell’isolamento. Noi abbiamo cercato di portar loro dei librini, grazie alle donazioni che sono continuate alla biblioteca», racconta Falorni. «Anche le volontarie Abio hanno cercato di far sentire la loro presenza con iniziative portate avanti da casa grazie ai video che i piccoli pazienti possono vedere sull’ipad. Ma non è la stessa cosa», ammette. Alla pediatria di Grosseto guardano con speranza al momento in cui Abio potrà tornare con i suoi volontari anche se «passata la pandemia niente sarà più come prima. Molte cose cambieranno».

La stessa sensazione di sospensione si avverte anche nelle parole di Alessandra Filice, presidente di Abio Cosenza, una cinquantina di soci di cui trenta attive nei reparti di pediatria e oncoematologia pediatrica dell’Annunziata di Cosenza. Attive fino al febbraio 2020. In questi mesi «ci è mancato tutto, da associazione molto attiva ci siamo ritrovati come da 100 a zero», ammette Filice. Bloccati i turni, tutte le volontarie a casa ad Abio Cosenza non si è rimasti inattivi.
«Abbiamo cercato innanzitutto di non perdere i contatti tra noi volontari», racconta Filice «abbiamo usato i social e grazie anche al sostegno della Fondazione abbiamo dato vita ad attività a distanza con l’obiettivo di arrivare anche in questo modo ai bambini ricoverati». Nascono così i contenuti social, ma anche dei piccoli lavori come il calendario dell’Avvento o un giornalino “Astrolabio”, un progetto che ha visto i volontari realizzare cruciverba, racconti e disegni da colorare «poco prima di Pasqua è stato distribuito nei reparti come kit di accoglienza dei piccoli ricoverati. «Per noi» continua Filice «è stato un modo per essere presenti». E ora in attesa di un ritorno nei reparti «ci stiamo concentrando sulla formazione mirata a un nuovo modo di essere presenti, vogliamo essere pronti».


Immagini fornite da Ufficio stampa Fondazione Abio


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