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Politica & Istituzioni

Terzo settore, la sfida politica delle coalizioni di scopo

"Ma attenzione: la costruzione di soggetti di scopo non è prerogativa esclusiva di una specifica area del Terzo Settore, ma coinvolge – al suo interno - enti eterogenei per storia, profilo e cultura". Prosegue il dibattito lanciato su VITA da Giuliano Amato con l'intervento del docente di Politiche sociali all'università di Trento

di Cristiano Gori

Il rapporto con la politica rappresenta per il Terzo Settore uno snodo tanto vitale quanto sensibile. Lo conferma la ricchezza dei contributi pubblicati da Vita nel dibattito aperto da Giuliano Amato[1]. Desidero parteciparvi discutendo una modalità di fare politica del Terzo Settore oggi particolarmente diffusa: l’azione di quelle che chiamo le “coalizioni sociali di scopo”.

Che cosa sono le coalizioni sociali di scopo

Come in tutti i confronti complessi e appassionanti, il rischio di utilizzare le stesse parole per intendere cose diverse è dietro l’angolo. Parto, dunque, da alcune precisazioni. Innanzitutto, il Terzo Settore può svolgere due diverse funzioni di rappresentanza nei confronti della politica: quella dei propri enti che gestiscono servizi e dei loro lavoratori, e la rappresentanza di esigenze diffuse nella popolazione (perlopiù nei gruppi particolarmente vulnerabili, ma non solo). Prendo qui in considerazione la seconda. Inoltre, in questo articolo mi riferisco all’impegno di chi cerca d’influenzare le scelte della politica operando al di fuori del suo perimetro, cioè senza ricoprirvi incarichi.

Delimitato il campo, occorre mettere a fuoco le peculiarità delle coalizioni sociali di scopo. Si tratta di reti, formate da diverse realtà del Terzo Settore, che formulano proposte per politiche pubbliche d’interesse collettivo, attraverso la contaminazione tra il proprio sapere e quello di esperti esterni. Queste reti s’impegnano in un’opera (non episodica) di pressione e sensibilizzazione affinché le proprie proposte vengano realizzate e ne seguono l’eventuale attuazione. In sintesi, ogni coalizione ha le proprie peculiarità, ma tutte condividono alcune caratteristiche:

-sono reti composte da vari soggetti del Terzo Settore,

– ne fanno parte anche esperti non appartenenti a tali attori (ad esempio docenti universitari),

– elaborano proposte per politiche pubbliche non rivolte agli stessi enti di Terzo Settore bensì

alla collettività (o a una sua parte),

– svolgono un’attività – continuativa e organizzata – di pressione e sensibilizzazione affinché queste proposte siano introdotte e, se ciò avviene, ne monitorano l’attuazione.

Le coalizioni possono risultare uno strumento in grado di favorire alleanze capaci di incidere sulle politiche pubbliche, nel rispetto dell’autonomia dei soggetti aderenti. Mettendo al centro la concretezza di un tema o di una proposta (appunto lo “scopo” di ogni coalizione), infatti, è più facile trovare convergenze che farlo partendo dall’identità di ogni realtà organizzata.

Un universo ampio

A partire dallo scorso decennio, nel nostro Paese sono sorte varie coalizione sociali di scopo. Ho partecipato a questa stagione ideando l’Alleanza contro la Povertà in Italia[2] (nata nel 2013) e la recente campagna condotta da una rete di associazioni – sostenendo la proposta del Network Non Autosufficienza – per introdurre nel PNRR la riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti[3]. Inoltre, ho operato in una coalizione temporanea con Forum Disuguaglianze e Asvis, che ha promosso l’introduzione del Reddito di Emergenza[4] (2020). La mia esperienza, d’altra parte, è un tassello di un puzzle ben più ampio. Si pensi nascita dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile[5] (Asvis, 2016), del Forum Disuguaglianze Diversità[6] (2018) e della rete Educazioni[7] (2020). Gli esempi potrebbero continuare. La stessa associazione Prima la Comunità[8] (costituitasi formalmente nel 2020) – che ha elaborato e promosso la proposta delle Case di Comunità inserita nel PNRR – è riconducibile a questo modello. La mia impressione è che, in seguito alla crisi pandemica, stiano incubando/potrebbero nascere altre realtà di questa natura.

Un aspetto mi sembra di particolare interesse per il dibattito in corso su Vita. La costruzione di coalizioni sociali di scopo non è prerogativa esclusiva di una specifica area del Terzo Settore, ma coinvolge – al suo interno – soggetti eterogenei per storia, profilo e cultura.

Potenzialità e rischi

Constatare la diffusione delle coalizioni non significa volerne sostenere a priori la bontà. Anche per loro vale una regola applicabile a ogni esperienza di Terzo Settore: non si può affermare che queste realtà siano positive di per sé, bensì dipende da come svolgono il proprio ruolo. In base alla mia esperienza, mi pare che le coalizioni funzionino se rispettano (almeno) tre condizioni.

Primo, devono creare qualche problema agli aderenti. Quelle che riescono a perseguire efficacemente un interesse collettivo richiedono ai partecipanti di compiere rinunce, sia in termini di tempo (da sottrarre alla professione principale o alla vita privata) che di potere. Mi spiego meglio: se – nel rapporto con la politica – si utilizzano risorse di potere per perseguire un interesse collettivo, poi se ne avranno meno per gli obiettivi personali e/o della propria organizzazione. Questo perché, ad esempio, in un determinato periodo di tempo, il numero di telefonate che si possono fare a un ministro e quello di articoli che si possono spingere su un giornale sono limitati. In sintesi, è un gioco a somma zero: dedicare alcune risorse di potere ad una finalità significa averne meno a disposizione per altre.

Secondo, sono in grado di elaborare proposte “chiavi in mano”. Sul futuro della società e del welfare è, senza dubbio, necessario avere visioni potenti, nelle quali tanti si possano identificare. Tuttavia, anche la migliore delle visioni è destinata a morire sulla carta, a meno che non sia accompagnata da approfonditi progetti di riforma per tradurla in pratica. E oggi, spesso, aspettarsi simili progetti dalla politica è poco realistico. Pertanto, non esistono vie di uscita: se si chiede al potere pubblico di fare “qualcosa” senza indicare in dettaglio “come” farlo, si è già perso in partenza. Occorre, dunque, predisporre proposte estremamente dettagliate dal punto di vista tecnico, che contengano tutte le indicazioni necessarie per essere concretizzate. Per l’appunto, proposte presentabili alle istituzioni “chiavi in mano”, cioè pronte per l’uso.

Terzo, sanno evitare gli abituali rischi d’involuzione insiti nel percorso di qualunque realtà organizzata, sia essa un’associazione, un partito o un sindacato. Cito alcuni tra gli esempi più noti: i) il pericolo che chi occupa posizioni più rilevanti nelle coalizioni sociali faccia leva sulla loro battaglia per avere spazi di visibilità/di rapporto privilegiato con il potere per sé o per la propria organizzazione; ii) quello che il governo della rete finisca per essere controllato solo dalle organizzazioni maggiormente strutturate e/o che dispongono di più personale; iii) superata l’abituale fase di entusiasmo iniziale, l’incapacità di mantenere alto l’impegno di pressione e di controllo sulle scelte pubbliche nel corso del tempo, condizione imprescindibile per promuovere risposte utili alla popolazione; iv) il rischio che le coalizioni utilizzino il riconoscimento ottenuto da parte del potere per interagire con esso in assenza di quelle condizioni di trasparenza e apertura al confronto pubblico cui il Terzo Settore non dovrebbe mai rinunciare.

Conclusioni

In questo articolo ho cercato di mostrare che le coalizioni sociali di scopo rappresentano una strada scelta, in modo piuttosto diffuso, dal Terzo Settore per fare politica nella recente fase storica. Ho anche evidenziato l’importanza di discutere le condizioni che possono assicurare il successo della loro azione. Il sorgere di numerose coalizioni può essere letto come un tentativo di colmare il vuoto esistente tra una società sempre più in affanno e la generalizzata difficoltà del mondo politico-istituzionale di elaborare risposte adatte. Peraltro, la complessità delle questioni che segnano la società di oggi, e segneranno quella di domani, rende difficile immaginare che venga meno la necessità di un contributo dall’esterno. Tutto ciò non riduce, ma piuttosto rafforza, la necessità per la politica e le istituzioni di recuperare progettualità e visione.



[1]http://www.vita.it/it/article/2021/05/11/la-responsabilita-politica-del-terzo-settore/159319/

[2]http://www.vita.it/it/article/2020/10/07/di-quando-la-politica-si-e-accorta-dei-poveri/156920/

[3]http://www.vita.it/it/article/2021/04/29/una-riforma-per-gli-anziani-non-autosufficienti-la-strada-e-aperta-ora/159174/

[4]https://www.forumdisuguaglianzediversita.org/reddito-di-emergenza-i-passi-della-proposta/

[5]https://asvis.it/

[6]https://www.forumdisuguaglianzediversita.org/

[7]https://www.educazioni.org/-

[8]https://www.primalacomunita.it/


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