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Droga, serve fare prevenzione e no ridurre il danno

“Nuove Reti di Speranza” è l’incontro che si è tenuto in Piazza Lombardia, sotto a Palazzo Regione, in occasione della Giornata Mondiale contro l’uso ed il traffico illecito di sostanze stupefacenti alla presenza dei rappresentanti di oltre 100 realtà lombarde legate ai Servizi per le Dipendenze, Salute Mentale, Comunità Adolescenti e Cooperative Sociali di lavoro di Milano, Varese, Brescia, Sondrio, Monza, Pavia, Bergamo e Lodi. «Nel Terzo Settore urge lavorare uniti, insieme per “contare”», afferma nel suo intervento don Antonio Mazzi. «È tempo di liberare e sostenere l’azione del Terzo Settore come partner tra il privato e lo statale, perché siamo strutture pubbliche che fanno un servizio pubblico»

di Redazione

“Nuove Reti di Speranza” è l’incontro che si è tenuto in Piazza Lombardia, sotto a Palazzo Regione, in occasione della Giornata Mondiale contro l’uso ed il traffico illecito di sostanze stupefacenti alla presenza dei rappresentanti di oltre 100 realtà lombarde legate ai Servizi per le Dipendenze, Salute Mentale, Comunità Adolescenti e Cooperative Sociali di lavoro di Milano, Varese, Brescia, Sondrio, Monza, Pavia, Bergamo e Lodi. L’incontro ha avuto inizio con l’intervento della Vice Presidente e Assessore al Welfare di Regione Lombardia, Letizia Moratti, che ha deciso di esserci e aprire questo momento di confronto: “Noi oggi dobbiamo riaffermare che le droghe sono dannose, che impediscono ai nostri ragazzi una crescita sana, e dobbiamo affermare con forza, parlando al cuore dei nostri ragazzi, che dalla droga si può uscire. Abbiamo vissuto un anno di pandemia, che non ha fermato però il traffico e il consumo di droga. Al contrario, proprio per il disagio che tanti ragazzi hanno vissuto, per l’isolamento, la mancanza di relazioni reali, molto problemi sono aumentati. E, allora, noi tutti ci dobbiamo chiedere “come affrontare questi problemi concretamente?” Il primo problema è l’aumento di uso di sostanze nei minorenni. Io credo che la prevenzione sia l’arma migliore, se possibile fatta anche con quella che viene definita l’educazione tra pari, ossia ragazzi e genitori che hanno passato questa esperienza e che possano raccontare il loro dramma ma soprattutto la possibilità di uscirne. Il secondo è lo spaccio, che in questi mesi non si è fermato, anzi. Abbiamo bisogno di non abbassare la giardia e di più sicurezza nelle nostre città. Il terzo è quello dell’aumento della cronicità anche tra gli adulti. Il problema è da risolvere in due modi: fare interventi precoci, perché passa troppo tempo tra l’assunzione delle prime droghe e le cure. E contemporaneamente dobbiamo combattere lo stigma, dicendo alle famiglie di non vergognarsi, e aiutare i genitori, le famiglie, i ragazzi a trovare delle soluzioni, che portino ad un recupero completo della persona. La droga non è una malattia cronica diventa cronica solo se non la si combatte subito. Aiutiamo, quindi, tutti i nostri ragazzi a scegliere un percorso che li aiuti ad affrancarsi, a riprendere la voglia di vivere, l’entusiasmo, a superare le loro fragilità, a tornare a essere responsabili, ad amare la vita. Perché è possibile. Allora, perché tutto questo sia possibile, noi istituzioni dobbiamo affiancare il pubblico e il privato, ma nel concetto del recupero completo, globale delle persona e dobbiamo dire “no alla riduzione del danno”. Aiutiamo le comunità, aiutiamo gli operatori a fare in modo che gli accessi alle loro comunità siano più facili, aiutiamoli anche affiancandoli anche con professionalità nel caso in cu in cui ci siano doppie diagnosi o diagnosi che non sono solo da abuso di droga. Questo fanno le istituzioni, Dobbiamo essere al loro fianco”.

"Nel Terzo Settore urge lavorare uniti, insieme per “contare” – afferma nel suo intervento don Antonio Mazzi, presidente di Fondazione Exodus, socio fondatore di Ser.Co.re – È tempo di liberare e sostenere l’azione del Terzo Settore come partner tra il privato e lo statale, perché siamo strutture pubbliche che fanno un servizio pubblico. Urgono nuovi rapporti. Non più di cooptazione ma di responsabilità condivisa nelle cabine di regia azionali, regionali e territoriali, dove si designano i piani, si decidono i budget, si assegnano le risorse, si valutano i risultati raggiunti. E anche noi, finiamola con i campanili e con le strategie del secolo scorso. Fa ridere la nostra politica ferma ancora alle siringhe pulite, alla riduzione del danno, alle droghe leggere. Questi sono discorsi di trent’anni fa, così siamo fermi agli anni ’90. Questo mondo del disagio e delle dipendenze è esploso in casa, nelle scuole, nello sport, negli oratori, nel lavoro, nel tempo libero, nel gioco. Ha travolto l’intera adolescenza (10-14 anni). La capacità e la velocità con la quale questo “virus, nel virus”, ci ha colti divisi, impotenti e incapaci di relazioni vere tra pubblico, privato, scolastico, sociale. Dobbiamo unirci e siamo qui, oggi, per fare delle proposte e delle richieste: fare una Conferenza Nazionale sulle dipendenze. E proprio in questi giorni, dopo dieci anni dall’ultima, sembra qualcosa si stia muovendo; e farne anche una Conferenza Regionale; creare strutture diverse, passando da comunità terapeutiche a micro centri giovanili. I ragazzi che arrivano da noi arrivano da esperienze diversissime e soprattutto vivono disagi, vivono solitudini che non dipendono solo dall’abuso di sostanze. Ma la situazione della sostanza è molto più complicata; equipe multidisciplinari, abbiamo bisogno sì di specialisti, ma abbiamo bisogno anche di uno sportivo, di un artigiano, di un musicista, di attività che creino un modo diverso di “fare”; meno burocrazia e finanziamenti e non elemosine (non siamo le caritas laiche); la “nuova scuola media” e una preparazione universitaria diversa per i docenti, che non devono solo passare nozioni, ma devono imparare a guardarsi negli occhi e capire come comunicare, come creare relazioni con questi ragazzi; un Ministero per i Giovani, non per i problemi dei giovani, ma per la politica dei giovani, perché dobbiamo arrivare prima dei problemi. Urge, quindi, un intervento totale e multidisciplinare, che arriva alla famiglia, allo sport, alla scuola, al lavoro, perché parliamo di educazione per i nostri ragazzi Per arrivare fin qui, dove vogliamo arrivare, non credo sia sufficiente una politica più seria, ma credo abbiamo tutti il terribile bisogno di libertà vere, di uguaglianze autentiche e di fraternità operative” – conclude don Mazzi. Presenti all’incontro anche Emanuele Monti, Presidente della III Commissione Sanità e Politiche sociali di Regione Lombardia, e i rappresentanti della neo-nata Ser.Co.Re (Servizi, Comunità e Reti Educative), “che si candida ad essere in futuro la realtà di riferimento di numerosi servizi lombardi che si occupano di educazione, servizi sociosanitari, prevenzione e inserimento lavorativo” – come afferma Pietro Farneti, Presidente della associazione.