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Reddito di cittadinanza: uno scudo contro la povertà che serve, ma non basta

La sesta edizione del Rapporto Caritas sulle politiche contro la povertà è interamente dedicata al Rdc. Una misura che ha protetto una fascia molto larga della popolazione durante la pandemia e che, più che smantellata, va migliorata perchè i dati parlano: poco più della metà dei poveri italiani non ha accesso al Rdc. Inoltre, i dati disponibili rivelano che oltre un terzo dei beneficiari del RdC non è povero

di Marco Dotti

Funziona? Serve? È necessario o, invece, è a malapena sufficiente? Il Reddito di cittadinanza, introdotto in Italia nel marzo del 2019 come misura di contrasto alla povertà è al centro di critiche e interrogativi. Ma anche di luoghi comuni.

Il VI Rapporto Caritas sulle politiche contro la povertà presentato questa mattina e interamente dedicato al Rdc si contraddistingue per un approccio pragmatico condotto lungo un doppio binario: da un lato, con dati racconti sul campo; dall'altro a partire dalle testimonianze di numerosi beneficiari. Ne esce una fotografia complessa e stratificata, con una finalità propositiva che delinea un'agenda per il riordino del provvedimento.

Innanzitutto lo stanziamento: nel 2020, sono stati oltre 8 i miliardi destinati al Rdc. Ben 6 miliardi in più rispetto al precedente Reddito di inclusione (REI). Il tasso di take-up – cioè la percentuale di utenti effettivi rispetto alla popolazione che ne avrebbe diritto – si colloca intorno al 80%. Questo valore è elevato anche a livello internazionale: si tratta, dunque, a ben vedere di un intervento ben finanziato ed erogato a una quota significativa degli aventi diritto (il 64%).

Dall'indagine della Caritas si nota che il Rdc, a dispetto di molte critiche ha protetto una rilevante fascia della popolazione dalle conseguenze economiche della pandemia: nel corso del 2020 l’aumento di nuclei percettori della misura è stato pari al 43%. Il 57% dei nuclei che lo riceve – si tratta soprattutto famiglie composte da una o due persone – è stato in grado di superare la soglia di povertà.

Ma la percentuale di take-up della misura non è necessariamente uguale alla quota dei poveri che ricevono il Rdc, dal momento che i requisiti per ottenere il RdC possono essere diversi da quelli che determinano la condizione di povertà.

«Se questa differenza è grande – si legge nel Rapporto – molti poveri potrebbero non ricevere il RdC anche in presenza di un take-up alto e, allo stesso tempo, il RdC potrebbe andare nche a famiglie che non sono povere ma che rispettano i requisiti per richiederlo».

Per capire se e come è possibile migliorare la misura bisogna partire, quindi, dai poveri. I dati su cui si concentra il Rapporto Caritas indicano che il 44% dei nuclei poveri fruisce della misura e il 56% – no. In altre parole, poco più della metà dei poveri italiani non ha accesso al Rdc. Inoltre, i dati disponibili rivelano che oltre un terzo dei beneficiari del RdC non è povero quota questa che per la Banca d’Italia è stimabile nel 51% delle famiglie che ricevono il RdC.

I dati ci dicono inoltre che le famiglie povere escluse tendono più di frequente: a risiedere nel Nord, ad avere minori, ad avere un richiedente straniero a detenere un patrimonio mobiliare (risparmi) superiore alla soglia consentita.

Attualmente sono dunque escluse dalla possibilità di richiedere il RdC 4 famiglie straniere su 10. Il requisito economico di accesso che più di tutti restringe l’accesso alla misura alle famiglie in povertà assoluta è quello del patrimonio mobiliare (solo due terzi di queste lo soddisfa). A causa di una scala di equivalenza “piatta” che sfavorisce le famiglie numerose e con figli minori, il tasso di inclusione del RdC è decrescente all’aumentare del numero di componenti all’interno del nucleo. Rispetto alla dimensione geografica, nel Nord il numero delle famiglie che fruiscono del RdC è il 37% di quelle in povertà assoluta, nel Centro il 69% e nel Sud il 95%.

Con riguardo ai nuclei che percepiscono il RdC pur non essendo poveri questi si concentrano tra le famiglie di piccole dimensioni. Il 41% delle famiglie che riceve il RdC pur non essendo povera è monocomponente e il 21% è composto da due persone.

Sebbene uno schema logico ricorrente preveda che sia la mancanza di lavoro a determinare una condizione di povertà, i dati mostrano che la metà dei nuclei in povertà assoluta e di quelli beneficiari del Rdc ha già almeno un occupato al proprio interno.

Interessante anche la parte qualitativa del Rapporto, che si sofferma sui beneficiari dei servizi Caritas che sono, al contempo percettori di RdC. L'analisi approfondisce le caratteristiche socio-demografiche dei beneficiari dei servizi Caritas che percepiscono il RdC confrontandoli con i non percettori) i benefici e gli effetti che il RdC produce nei nuclei familiari dei beneficiari Caritas e quali sono le interazioni tra i servizi Caritas e il RdC; l’evoluzione nel tempo dei bisogni delle famiglie dei beneficiari Caritas anche in relazione alla possibilità di percepire o meno il RdC; l’esperienza del Rdc a partire dalla traiettoria di impoverimento delle famiglie e considerando anche gli interventi delle Caritas.

L'indagine, condotta su 558 soggetti ha fatto emergere che il 55,2% dei beneficiari Caritas intervistati ha beneficiato della misura fra il 2019 e il 2020. Tra coloro che non hanno mai beneficiato del RdC poco meno del 60% vive in un nucleo con un reddito complessivo inferiore a 800 euro. Questo dato richiama un elemento centrale emerso nel monitoraggio del RdC: la percezione sbagliata che i beneficiari Caritas hanno di non soddisfare i requisiti per l’accesso alla misura.

Il Rdc, si legge infine nel Rapporto della Caritas, «in quanto misura di contrasto alla povertà, è uno strumento di promozione umana che può liberare dal giogo della privazione economica e della mancanza di opportunità. Ma ad oggi la strada è ancora lunga per poter garantire a coloro che ricevono questa misura di guadagnare la piena autonomia e reinserirsi completamente dal punto di vista sociale e nel mercato del lavoro».

Per questo, avvertono gli estensori del Rapporto, «nei prossimi mesi ci si dovrà applicare con determinazione e accuratezza ffinchè si creino le condizioni perché i percorsi di inclusione vengano realizzati. Solo così il RdC troverà pieno compimento come strumento di promozione umana per coloro che vi accedono».


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