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Rete EducAzioni: La pazienza è finita, la scuola in presenza a settembre unica opzione

Soltanto 50 giorni ci separano dal nuovo anno scolastico e nulla è stato approntato per garantire che tutte le scuole italiane in ogni grado possano riaprire in presenza: appellarsi alle vaccinazioni non basta. Le cose che non sono state fatte dettano l'agenda delle cose da fare: tracciamento, trasporti, spazi, patti territoriali, nessuna deroga locale. «La scuola in presenza deve essere sempre la prima opzione ed è necessario un impegno categorico di tutti gli attori per attuare le misure per garantirla»

di Redazione

La pazienza è finita. Scuola in presenza come unica opzione in campo. È una richiesta senza mezzi termini quella che la Rete EducAzioni rivolge al Governo. «Siamo il Paese con le chiusure più lunghe d’Europa e Governo e Ministero dell’Istruzione sanno che devono evitare che questa situazione si prolunghi ancora il prossimo anno scolastico. Gli effetti di questa politica sono stati drammaticamente testimoniati anche dai risultati dei test Invalsi. Eppure, a metà luglio nulla ancora è stato approntato per garantire che tutte le scuole italiane in ogni grado scolastico, incluse le secondarie di II grado, possano riaprire in presenza con tutte le necessarie garanzie di sicurezza per la salute e le possibilità di apprendimento di bambine/i e adolescenti. Al punto che, nonostante lo stesso CTS ne abbia denunciato l’effetto negativo non solo sugli apprendimenti, ma anche sul benessere psicologico, non viene esclusa la possibilità di un ritorno alla DaD», scrivono oggi in un documento.

Dopo un anno e mezzo di pandemia e due anni scolastici affrontati in modo emergenziale «siamo ancora al punto di partenza» e questo «è molto grave». Mentre per bar, ristoranti, piscine, discoteche, turismo… ci si è preoccupati di definire un protocollo per la scongiurare nuove chiusure anche con la ripresa dei contagi, mentre per la scuola si pensa ancora senza troppi problemi alla DaD. «Non è accettabile in un paese civile perché tutte queste attività sono certo importanti, ma la scuola è indispensabile al Paese». Non è solo questione di DaD, ovviamente: la difficile situazione che si è determinata «è solo la spia della trascuratezza con cui è stata considerata la scuola negli ultimi decenni, in contrasto con la sua funzione di riduzione delle disuguaglianze sociali nelle possibilità di apprendimento e di sviluppo delle capacità. La pandemia ha solo peggiorato una situazione già compromessa».

Oggi però – scrive ancora la Rete EducAzioni – «non abbiamo più margini di resilienza. Le perdite di apprendimento e socialità hanno toccato tutti, ma la DaD ha amplificato le disuguaglianze: nella disponibilità di dispositivi, nella adeguatezza delle abitazioni, nelle capacità di sostegno da parte dei genitori, nella qualità e disponibilità di relazioni. Ha anche troppo spesso riprodotto tutti i vizi della didattica trasmissiva. Ripercorrere i passi già compiuti sarebbe oggi irresponsabile, per chi ha il dovere di ridare un futuro a questo paese».

Ovviamente sarebbe folle e inetto limitarsi a sperare che i dati del contagio non crescano e che a settembre non ci sarà nessun problema: al contrario «è responsabilità della politica agire oggi sapendo che a settembre saremo in mezzo ad una nuova ondata e garantire da subito le condizioni per la scuola in presenza. Vaccinare è necessario, ma non è sufficiente».

La scuola in presenza è l’opzione zero

La scuola in presenza «deve essere sempre la prima opzione ed è necessario un impegno categorico di tutti gli attori per attuare le misure per garantirla, evitando nuovamente il facile ricorso ad alternative inadeguate. Non ci sono alternative efficaci ad essa». Ciò che non è stato fatto in questo anno e mezzo si traduce in un’agenda puntuale di impegni e azioni da fare: non è stato affrontato in modo sistemico il problema dei trasporti; non si è pianificato il rapporto con le ASL, per il tracciamento; non si sono cercati spazi, pubblici e privati, per moltiplicare le aule e mettere in sicurezza i ragazzi ed il personale; non si è ridotto il numero di alunni per classe; non si è adeguato l’organico; non si è fatto alcun passo avanti per contrastare le disuguaglianze nelle possibilità di fruire efficacemente della DaD, derivanti da condizioni socio-economiche familiari o da condizioni di disabilità. Soltanto 50 giorni ci separano dal nuovo anno scolastico: con un passo avanti ogni settimana, si può fare. Le risorse finanziarie, professionali e culturali ci sarebbero, solo se si decidesse di dare davvero priorità alla scuola e alle giovani generazioni.

Vanno istituiti subito, in ogni territorio, Patti territoriali di governance in cui le scuole, le altre istituzioni, il terzo settore, il privato disponibile, esplorino tutte le opportunità fornite dal territorio e delineino i piani per garantire l’apprendimento in presenza, tenendo in considerazione tutti i diversi scenari di evoluzione del quadro sanitario.

Va accelerata e completata la campagna vaccinale, per gli insegnanti e gli studenti che ne hanno l’età, secondo le recenti indicazioni del CTS.

Vanno evitate deroghe alla scuola in presenza decise su base locale disattendendo le indicazioni nazionali.

Va data attuazione alle misure contenute nel Patto per la scuola al centro del Paese, siglato tra governo e organizzazioni sindacali per superare le difficoltà endemiche del sistema scolastico.

Va avviata subito una riflessione sistematica sulla scuola, il suo funzionamento, i suoi obiettivi, le sue strutture e un immediato potenziamento dell’offerta educativa di qualità, scolastica ed extra-scolastica, soprattutto nelle aree territoriali oggi più deprivate e in generale nei contesti dove si sono riscontrate maggiori sofferenze sul piano sia degli apprendimenti sia socio-emotivo e relazionale.

Foto Unsplash


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