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La pandemia e la recessione hanno aumentato il fenomeno della schiavitù moderna

«Donne e bambine sono tra le categorie più colpite dalle forme di schiavitù moderna, rappresentando il 77% delle vittime a livello globale. Una delle maggiori manifestazioni del loro sfruttamento è la schiavitù domestica, di cui la gran parte delle vittime sono bambine sotto i 16 anni. Nella maggior parte dei casi è la diretta conseguenza di matrimoni forzati, che nel mondo coinvolge quasi 16 milioni di persone», spiega Stefania Piccinelli, responsabile del dipartimento programmi internazionali di WeWorld

di Redazione

Ancora oggi, molte delle persone vittime di tratta finiscono nel circolo della schiavitù moderna, una pratica che nel tempo ha cambiato spesso pelle, ma che mantiene radici profonde. La schiavitù esiste ancora in molte forme eterogenee che l’ILO (International Labour Organization) definisce come “situazioni di sfruttamento dalle quali una persona non può sottrarsi a causa di minacce, violenze, costrizione, inganno e/o abusi di potere”. Queste situazioni di schiavitù moderna includono lo sfruttamento sessuale, la servitù domestica (detta più comunemente “schiavitù domestica”) ed il lavoro forzato nell’edilizia o nell’agricoltura. «Donne e bambine sono tra le categorie più colpite dalle forme di schiavitù moderna, rappresentando il 77% delle vittime a livello globale. Una delle maggiori manifestazioni del loro sfruttamento è la schiavitù domestica, di cui la gran parte delle vittime sono bambine sotto i 16 anni. Nella maggior parte dei casi è la diretta conseguenza di matrimoni forzati, che nel mondo coinvolge quasi 16 milioni di persone», spiega Stefania Piccinelli, responsabile del dipartimento programmi internazionali di WeWorld. «Le spose bambine, infatti, sono costrette dal partner a vivere in condizioni di semi-schiavitù e a prendersi cura di faccende domestiche, dei figli spesso avuti prematuramente e dei genitori anziani a carico. L’educazione è un fondamentale fattore protettivo, che preserva da queste forme di sfruttamento. Investire nell’educazione di bambine è lo strumento più forte che abbiamo per combattere le schiavitù moderne».

La recessione economica dovuta alla pandemia e la crisi sanitaria hanno di sicuro avuto un impatto negativo sulla povertà delle famiglie, delineando un fattore di rischio per bambini, bambine ed adolescenti. La forzata chiusura delle scuole ed il conseguente effetto d’isolamento sociale dovuto al dilagare del Covid-19 – soprattutto nella prima fase – hanno aumentato di molto il rischio per gli under 18 di diventare vittime di tratta e di sfruttamento sessuale o lavorativo. Andare a scuola è infatti un fondamentale fattore protettivo, che preserva da queste forme di sfruttamento. Secondo gli ultimi dati disponibili dal Global Report on Trafficking in Persons 2020 di UNODC (United Nation Office in Drugs and Crime), per ogni 10 vittime di tratta – identificate a livello globale – 5 sono donne e 2 sono bambine. Nell'insieme, il 50% delle vittime identificate è oggetto di tratta per sfruttamento sessuale, il 38% soggetto a lavoro forzato (circa 25 milioni di persone), mentre il 6% è stato sottoposto ad attività criminali forzate ed oltre l'1% all'accattonaggio. In numero percentuale minore – ma comunque considerevole se paragonato rispetto il totale delle vittime registrate – è oggetto di tratta per matrimoni forzati (circa 16 milioni), espianti di organi ed altri scopi. Si stima che nel mondo 1 donna su 5 sia stata costretta a sposarsi da bambina. Riguardo la schiavitù domestica, sebbene non ci siano dati precisi vista la natura più nascosta del fenomeno, possiamo dire con certezza che il fenomeno coinvolge soprattutto donne e bambine al di sotto dei 16 anni.

Il fenomeno è presente anche in Italia, dove – tra il 2016 de il 2019 – le vittime censite sono state principalmente oggetto di mantenimento in schiavitù o servitù (circa il 63% del totale), tratta di persone (circa 26% del totale) ed acquisto e alienazione di schiavi (10% del totale). Tra le vittime, i più colpiti sono i minorenni oggetto dei reati di riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù (all’11% circa del totale), tratta di persone (oltre il 26% del totale) ed acquisto e alienazione di schiavi (il 29,5% circa del totale).

Lo sfruttamento sessuale è purtroppo un fenomeno particolarmente diffuso nel nostro paese, coinvolgendo donne e ragazze scarsamente scolarizzate e provenienti da contesti molto poveri, come ad esempio la Nigeria. Cosa ancora più preoccupante è che questa forma di sfruttamento riguarda sempre più spesso ragazze tra i 15 ed i 17 anni (a volte anche 13 o 14 anni), spesso adescate attraverso la promessa di un lavoro o la possibilità di studiare in Europa. La scarsa scolarizzazione ed il contesto di povertà da cui provengono, diventano altresì leve su cui la criminalità tende ad avere ancora più in pugno il futuro di queste giovani: intimidazioni attraverso riti voodoo o juju, minacce a causa dell’accrescimento del debito del viaggio una volta che le ragazze sono in Italia, sono solo alcune delle più comuni.

Il fenomeno della schiavitù moderna è ancora oggi molto esteso ed è da sempre difficile dare una stima precisa del numero di persone coinvolte, proprio perché risulta spesso difficile identificarle. Le vittime sono quanto più disarmate allo sfruttamento quanto più la vulnerabilità psicologica, il contesto di povertà e disagio economico-sociale sono presenti quotidianamente: cosa che la recessione economica dovuta al Covid19 può solo amplificare. Per contrastare questo fenomeno l’organizzazione è a fianco delle vittime in molti dei Paesi dove è presente. Come in Tanzania dove l’ong sostiene l’KIWOHEDE Bunju Center, un centro istituito nel 2003 che supporta bambini e giovani vulnerabili di diverse regioni della Tanzania. Il Bunju Center include e sostiene bambine, bambini e giovani che lavorano come domestici, bambini di famiglie povere, vittime della tratta, minori che praticano la prostituzione, matrimoni precoci e forzati, gravidanze precoci (giovani madri), mutilazioni genitali femminili e bambini che scappano di casa a causa di violenza fisica, violenza psicologica e violenza sessuale. Bambini come Agnes: «Mi chiamo Agnes, vengo dalla regione di Dodoma. Sono stata trafficata a Dar es Salaam nel 2017 come lavoratrice domestica, il mio datore di lavoro ha iniziato a sfruttarmi, fino a quando il Buon Samaritano mi ha portato alla stazione di polizia dove ho spiegato bene cosa è successo e hanno arrestato il mio datore di lavoro. La polizia mi ha portato dai funzionari dell’assistenza sociale a Kinondoni e in seguito a KIWOHEDE che mi ha offerto rifugio e mi ha iscritta all’istruzione professionale del centro dove ho imparato a tessere». O Theresia : «Mi chiamo Theresia, ho 14 anni e sono stata trafficata a Dar Es Salaam da una donna del villaggio di Mtambalili con la promessa a mia madre che mi avrebbero mandato a scuola, ma una volta arrivata nella città sono stata costretta a lavorare come domestica per quasi tre anni senza essere pagata, ho lavorato per diversi datori di lavoro fino a quando non sono stata salvata dal Buon Samaritano che mi ha mandata alla stazione di polizia e poi al KIWOHEDE Bunju Center che mi ha offerto rifugio, consulenza, sostegno psicologico e ha provveduto ai miei bisogni. Adesso sto studiando sartoria presso il centro». I beneficiari interessati sono bambine e bambini e giovani di età compresa tra 10-21 anni (ragazze 90% e ragazzi 10%). Dal 2017 al 2021, il Bunju Center ha sostenuto ed aiutato un numero totale di 342 persone – 266 ragazze, 76 ragazzi.


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