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«Si parte. Perché è tuo figlio e ti aspetta»

Come Simonetta ed Enzo Galli, anche Monica e Anthony hanno adottato la loro bimba in India in aprile, mentre dilagava la variante Delta. «Era già passato un anno dall’abbinamento con Pavithra… Dovevamo partire». Il loro ricordo di quei giorni e l'abbraccio per Simonetta: «Mi sento di dirle di farsi forza perché non è sola e di abbracciare ancora più quella bimba che è il frutto del loro amore»

di Sara De Carli

Monica e Anthony sono partiti per Calcutta il 27 aprile 2021 e sono rientrati 9 il maggio. Anche loro erano in India per adottare una bimba, Pavithra, che più o meno ha la stessa età della piccola Mariam Gemma, la bimba adottata da Simonetta e Enzo: lui purtroppo è mancato ieri, per il Covid-19 contratto in India. Stesse date, stesso Paese, stesso sogno, destini diversi. «Noi eravamo a Calcutta. Siamo partiti da Genova il 26 aprile, il 27 avevamo il volo da Malpensa. Noi sapevamo che la situazione pandemica in India era complicata ma tra documenti e traduzioni era già passato un anno dall’abbinamento con Pavithra… Dovevamo partire, sentivamo che era il nostro momento. Anche perché se avessimo rimandato il volo, chissà quando poi saremmo potuti partire», racconta Monica. Ancora ieri, sui social, tante persone si chiedevano perché si parta, in situazioni così complesse. La risposta di Monica è semplice: «Lì c’è il tuo bambino. E lui lì, rischia. Come te e più di te. Quindi lo vai a prendere. Perché lì se si ammalasse non avrebbe le stesse cure che avrebbe qui in Italia, ma soprattutto perché è tuo figlio e finalmente vuoi stare insieme a lui. Abbiamo sentito che quello era il nostro momento, abbiamo affidato tutto nelle mani della Provvidenza e abbiamo deciso di partire».

Pavithra aveva due anni e un mese ad aprile. Monica e Anthony sono atterrati a Chennai e poi sono andati per tre giorni nel Tamil Nadu per incontrarla. «Attraverso il Ciai abbiamo preso un autista privato, che abbiamo tenuto con noi tutto il tempo, ci prendeva e riportava, senza cambi di mezzi o di auto per evitare contagi. Il 30 siamo partiti per Calcutta con la bambina, avevamo appuntamento con il console e poi il volo di rientro in Italia già prenotato. Non siamo mai usciti dall’hotel, tranne che per andare al consolato, mangiavamo in camera, per la bimba è stato un sacrificio ma non potevamo permetterci di rischiare. La tensione della situazione l’ho percepita per la prima volta proprio a Calcutta, perché ogni 10 secondi si sentivano le sirene delle ambulanze». È a quel punto che arriva una brutta sorpresa: il 29 aprile, due giorni dopo la loro partenza, l’Italia con un’ordinanza aveva vietato ai cittadini di alcuni Paesi esteri particolarmente colpiti dalla pandemia – fra cui l’India – di entrare nel nostro Paese. Anthony è cittadino indiano, anche se da molti anni risiede in Italia. La nuova famiglia così, pur avendo un permesso di uscita dall’India, tutti i tamponi negativi e un volo di rientro già fissato, si è sentita dire che non avrebbe potuto entrare in Italia. Almeno non il papà. Separarsi era impensabile. «Il Ciai si è subito attivato con le istituzioni, in poco tempo si è trovata la soluzione: una speciale autorizzazione per permetterci di partire. Devo ringraziare anche le mamme che tramite un gruppo di famiglie adottive ci hanno dato molto supporto in quei giorni. L’ente ci ha aiutato tanto, ci telefonavano spesso, ci hanno seguito molto».

Ieri, alla notizia della morte di Enzo Galli, l’emozione per Monica è stata forte: «Ci sono rimasta malissimo. Potevamo esserci noi in quella stessa situazione… Siamo stati davvero dei miracolati. Le precauzioni c’erano, anche sui voli, oltre alla mascherina ci hanno fatto indossare i camici e le visiere, ma… poteva capitare a chiunque», ammette. Spesso nelle situazioni di dolore le parole di chi è passato per un’esperienza simile sono le uniche appaiono “sopportabili”, contro il risuonare a vuoto delle altre: così chiedo a Monica se si sente di dire qualcosa a Simonetta, da mamma a mamma. «In questo momento non ci sono parole per esprimere il dolore. Mi sento di dirle di farsi forza perché non è sola. E di abbracciare ancora più quella bimba, che è il frutto del loro amore».


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