Cooperazione & Relazioni internazionali

Avezzano, la prima tappa italiana degli afgani in fuga è un campo della Croce Rossa

Tre tensostrutture, 31 tende di grandi dimensioni e 111 tende per la notte. In questo consiste il Centro Operativo Emergenze della Croce Rossa Italiana ad Avezzano dove transiteranno in settimana tutti i profughi in fuga da Kabul. «Rappresenta una delle nostre operazioni di accoglienza più grandi e complesse di sempre», sottolinea Francesco Rocca, presidente della Croce Rossa italiana e della Federazione internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (Ifrc). L'intervista

di Lorenzo Maria Alvaro

Circa 2000 persone in fuga dall’Afghanistan saranno trasferite, in questi giorni, presso il Coe – Centro Operativo Emergenze della Croce Rossa Italiana ad Avezzano.

L’operazione è sotto il coordinamento della Protezione Civile e in collaborazione con il Ministero della Difesa. Gli arrivi sono cominciati ieri sera e continueranno sia nella giornata di oggi che nei prossimi giorni. «L’apertura della nostra struttura di Avezzano alla popolazione afghana in fuga», sottolinea Francesco Rocca, presidente della CRI e della Federazione internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (Ifrc), «rappresenta una delle operazioni di accoglienza più grandi e complesse della Croce Rossa da sempre». Sono «centinaia i volontari giunti da tutti Italia per fornire accoglienza, supporto psicologico e sanitario a queste persone vulnerabili, dimostrando una volta di più e in piena emergenza Covid-19, cosa significa essere “un’Italia che aiuta”. Ma il Movimento internazionale della Croce Rossa non abbandona né abbandonerà la popolazione afghana nel Paese di origine. Stiamo lavorando senza sosta per sostenere milioni di persone in Afghanistan colpite, oltre alla grave crisi in atto, anche dal Covid-19 e da una gravissima siccità che mettono a rischio la vita di tanti», afferma Rocca. Il centro di Avezzano, al fine di ospitare al meglio le persone provenienti dall’Afghanistan, è stato arricchito di tre tensostrutture, di 31 tende di grandi dimensioni e di 111 tende per la notte. È stata anche ampliata la cucina da campo per garantire al meglio i servizi pasti. L'intervista


Come siete arrivati alla scelta di aprire il campo e per quanto lo terrete attivo?
Se tutto va bene già giovedì, al massimo venerdì, lo chiuderemo. È solo una tappa intermedia, non un punto di accoglienza. Non è assolutamente idoneo per lunghi periodi. Si è reso necessario per via dell'accelerazione della crisi in Afghanistan. Per evitare che queste persone rimanessero ammassate in aeroporto per giorni. Quindi si è ritenuto di trasferirle in questo approdo intermedio dove espletare tutta una serie di attività e poi accompagnarli nelle sedi di arrivo finale.

Che attività svolgete?
Accoglienza, supporto psicologico e sanitario, in particolare anche riguardo alle pratiche anti Covid

Come mai è sorto ad Avezzano?
È un luogo dove abbiamo una base logistica importante che è lì dal terremoto del Centro Italia a poco più di un'ora da Roma. Abbiamo in assegnazione delle aree all'interno di un interporto.

Quante persone accoglierete?
Abbiamo strutturato il campo per riuscire ad accogliere 2mila persone. Ad oggi abbiamo accolto circa 1300 profughi ma siamo scesi stamattina a 1200 perché cominciano già a partire i primi gruppi.

Nel frattempo la Croce Rossa rimane in Afghanistan. Qual è la situazione?
Naturalmente in Afghanistan ci siamo e continuiamo le attività. Il nostro team è rimasto a Kabul. La situazione è quella che conosciamo. C'è molto caos e incertezza

Entro domani l'Occidente lascerà il Paese. Come riuscirete a garantire la continuità lavorativa dei vostri presidi?
Abbiamo ricevuto assicurazioni su questo. Ci è stato detto che l'aeroporto rimarrà attivo. Non so come funzionerà nel dettaglio. In ogni caso noi lavoravamo e collaboravamo con i talebani molto prima che prendessero il potere del Paese perché erano in controllo già di diverse aree. Come in tutte le situazioni di conflitto noi abbiamo dialoghi con chi ci può garantire l'accesso alle persone in stato di bisogno.

Quindi riuscirete a mantenere le attività anche laddove l'aeroporto dovesse essere bloccato?
Pensiamo ragionevolmente di sì. Non è il primo Paese in cui lavoriamo in condizioni simili. La questione che ci interessa è il riconoscimento e il rispetto del nostro ruolo e la neutralità della nostra azione. Sino ad oggi, e siamo in Afghanistan dal 1987, siamo sempre stati riconosciuti. Ad oggi con il nuovo governo ci sono della affermazioni di principio. Il passato ci fa dire che il nostro lavoro verrà salvaguardato.


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