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Cannabis: l’attenzione non va posta su 4 piantine, ma sul disagio dei giovani

Simone Feder psicologo nelle strutture della comunità Casa del Giovane di Pavia: «Il tema non è legalizzare o no la cannabis. La priorità è non distogliere lo sguardo dai nostri giovani che dimostrano un disagio sempre più profondo. La questione è più complessa di come la si vuole raccontare. Superiamo il modello della politica da bar, il Governo interpelli le realtà che lavorano con le dipendenze»

di Anna Spena

Votato, in commissione Giustizia della Camera, il testo base sulla cannabis. Si depenalizza la coltivazione di non oltre 4 piante. Nel testo è prevista anche una notevole riduzione di pena per i fatti di lieve entità ma si aumenta da 6 a 10 anni le pene per i reati connessi a traffico, spaccio e detenzione ai fini di spaccio della cannabis.

«Il tema è più complesso di come lo si vuole raccontare», dice Simone Feder psicologo nelle strutture della comunità Casa del Giovane di Pavia. «Abbiamo bisogno di fermarci, riflettere e studiare. La questione vera non è legalizzare o no la cannabis. Ma non distogliere il focus dai nostri giovani che dimostrano un disagio sempre maggiore a cui non siamo in grado di dare una risposta. Cosa penseranno leggendo i giornali di oggi? Queste scelte non devono solo essere frutto di una decisione politica, ma di una decisione presa dalla politica insieme agli addetti ai lavori. Eppure non ci incontriamo in una conferenza nazionale dal 2009».

Ma la legge 309 del 1990, art 1, comma 15, precisa: "Ogni tre anni, il Presidente del Consiglio dei Ministri, nella sua qualità di Presidente del Comitato nazionale di coordinamento per l'azione antidroga, convoca una conferenza nazionale sui problemi connessi con la diffusione delle sostanze stupefacenti e psicotrope alla quale invita soggetti pubblici e privati che esplicano la loro Attività nel campo della prevenzione e della cura della tossicodipendenza. Le conclusioni di tali conferenze sono comunicate al Parlamento anche al fine di individuare eventuali correzioni alla legislazione antidroga dettate dall'esperienza applicativa”.

«Le legge», aggiunge Feder, «è chiara: servono sguardi e competenze diverse. Ma ripeto l’attenzione non va posta sulle pene o su quattro piantine sul balcone, ma sul disagio dei giovani e dei giovanissimi che, sempre più spesso, si avvicinano alle sostanze. Dovremmo entrare in questo disagio che ci interroga con queste cariche di ostilità e rabbia. La droga è la punta di un iceberg».

E sull’uso terapeutico: «la scienza dice che la cannabis è opportuna per curare e alleviare le sofferenze di pazienti affetti da certe patologie, allora lo Stato italiano provveda a questo bisogno. Ma per tutto il resto la politica ci interpelli per portare soluzioni alternative alle droga per i giovani. E superiamo il modello della politica da bar a suon di dichiarazioni, non sono queste le modalità per entrare nel mondo della sofferenza».


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