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Welfare comunitario ed economie condivise: la quarta tappa di “Road to Social Change”

Prosegue il percorso dell’iniziativa organizzata da UniCredit per formare i Social Change Manager del Terzo settore italiano. In primo piano la valenza e le potenzialità delle sinergie per favorire inclusione sociale e inserimento lavorativo sul perimetro che comprende Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Marche

di Lorenzo Maria Alvaro

I riflettori si accendono sul Centro Nord per il quarto appuntamento di "Road to Social Change", percorso in 7 tappe dedicato al Terzo Settore, realtà che può giocare un ruolo da protagonista anche nel processo di ripartenza del Paese. L’iniziativa è organizzata da UniCredit, nell'ambito della sua Banking Academy, in collaborazione con AICCON, Politecnico di Milano – Centro di Ricerca Tiresia, MIP Graduate School of Business, Fondazione Italiana Accenture e TechSoup.

In primo piano, nel digital talk di oggi, il Welfare comunitario e le economie coesive, temi di rilevanza nazionale e di particolare interesse per l’area Centro Nord (che include Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Marche), sensibile allo sviluppo di processi capaci di generare coesione sociale.
La riflessione è sul ruolo della comunità come co-produttore dei servizi di interesse generale e su come questo approccio possa dilatare le tradizionali categorie del welfare e legarsi alle filiere del territorio per favorire inclusione sociale e inserimento lavorativo. In primo piano la valenza di una dimensione comunitaria in cui poter costruire insieme nuove soluzioni e promuovere economie coesive.

L'evento, moderato da Stefano Arduini, Direttore Responsabile di Vita Magazine, è stato introdotto dai saluti di Livio Stellati, Responsabile Territorial Relations Centro Nord UniCredit. «Il Terzo Settore», ha spiegato, «svolge sempre più un ruolo fondamentale per i nostri territori e, più in generale, per il welfare del Paese. E’ una realtà capace di dare risposte e sostegno ai soggetti più fragili e di potenziare il contesto socio-economico locale, migliorando la qualità di vita della collettività e facilitando l’accesso al mercato del lavoro delle categorie più vulnerabili. L’area Centro Nord è storicamente attiva e dinamica in tal senso. L’incontro di oggi coinvolge alcuni dei principali rappresentanti del settore. Con loro vogliamo ragionare sulle opportunità del welfare partecipato e facilitare lo sviluppo di sinergie capaci di rispondere al meglio ai bisogni della comunità. Obiettivi che, come banca, perseguiamo con un ruolo sempre più attivo perché vogliamo essere non solo finanziatori ma anche protagonisti e facilitatori di un cambiamento positivo nella società».

Stellati ha ricordato i due seminari in programma il 28 settembre e il 5 ottobre. Numerose sono infatti le iniziative rivolte al Terzo Settore sostenute da UniCredit sul perimetro Centro Nord: «si va dai progetti supportati grazie al Fondo Carta Etica UniCredit, a bandi e concorsi riservati alle imprese no profit per la realizzazione di iniziative ad impatto sul territorio, come Make your impact e InvestiAmo Sociale, avviati rispettivamente con Fondazione di Modena e Fondazione Cassa di Risparmio Perugia e in collaborazione con partner di rilievo. UniCredit ha inoltre erogato diversi finanziamenti ad impatto sociale, destinando al Centro Nord, nei soli primi sei mesi del 2021, oltre 11,3 milioni di euro che hanno permesso, ad esempio, alla Cooperativa sociale Proges, di Parma, di migliorare e dare continuità ai servizi svolti dalla RSA, che ospita in prevalenza anziani non autosufficienti e alla Comunità Psichiatrica Residenziale; o ad AssCoop Onlus, nelle Marche, di ampliare la struttura dedicata a ospitalità e cura di persone affette da malattie psichiatriche. A ciò si aggiungono le 39 organizzazioni del territorio premiate, fra quelle online sul sito ilMioDono.it, con la campagna “1 voto 200.000 aiuti concreti”».

Per Giorgia Perra, coordinatrice AICCON Alta Formazione, «la sfida che dà il titolo alla puntata nasce da uno studio dei territori del centro Italia che evidenziava alcune carenze rispetto agli sviluppi di un futuro sostenibile». Parlare di welfare di comunità «significa parlare di tutte quelle sfide dell'oggi attraverso modalità che trovano nell'elemento comunitario una produzione di valore condiviso. Associare welfare ed economia fino a qualche anno fa era un ossimoro. Oggi invece il benessere delle comunità e dei suoi cittadini dipendono anche da nuove forme di inclusione portate avanti da soggetti diversi. È una visione plurale di welfare».

«Questoterritorio », conclude Perra, «gode della presenza di Ets che sono orientati allo scambio di beni e servizi, non solo nei confronti della propria base associativa ma anche nei confronti della comunità. Gli esempi che verranno raccontate sono un ottimo esempio di quello che dico. In conclusione molti studi dimostrano che più un territorio coinvolge diversi soggetti più è competitivo. Ecco perché è importante l'economia condivisa, in cui anche le imprese for profit concorrono a creare benessere collettivo. Economia inclusiva e welfare comunitario sono in defintiva due facce della stessa medaglia».

«Siamo alla vigilia dell'avvento del terzo grande paradigma di welfare», sottolinea Stefano Zamagni, professore dell'Università di Bologna, spiegando come il welfare di comunità sia pilastro dello sviluppo, «Il primo risale al 1019 quando in Usa un gruppo di cinque grossi industriali tea cui Ford firmarono un patto in cui si impegnavano a provvedere alle esigenze dei propri operai e alle loro famiglie nasce così il welfare capitalism. In Inghilterra grazie al piano promosso nel 1942 dall'economista inglese William Beveridge, nasce il Welfare State, lo stato del benessere. Mentre il primo imponeva alle aziende di provvedere al benessere l'altro affida allo Stato il compito. Perché solo lo Stato, come sostiene Keynes, ha il potere di garantire l'universalismo, cioè la copertura per tutti, non solo i cittadini. Bisogna arrivare agli inizi di questo secolo per vedere affermarsi il paradigma del welfare comunitario. Non si tratta di una moda ma di una evoluzione endogena che mostra come né le imprese da sole, né lo Stato da solo sono in grado di provvedere alle esigenze di benessere dei cittadini. Chi è il soggetto del welfare comunitario? Il Terzo settore. Ecco perché oggi parlare di terzo settore non ha più lo stesso senso che aveva fino a pochi anni fa. La vera novità che il terzo settore diviene co-programmatore e co-progettatore insieme a imprese e stato. Questo vuol dire che dobbiamo comprendere che il principio organizzativo del modus agendi delle Ets è quello della sussidiarietà circolare. Termine inserito nella carta costituzionale nel 2001. Questo comporta che sia nella fase di programmazione che in quella di progettazione occorre vedere in condizione di parità i tre attori di welfare. Questo comporta un cambiamento rispetto alla sussidiarietà orizzontale cui erano abituati gli enti di terzo settore. C'è davanti a noi un percorso di sperimentazione per imparare».

A seguire è si è svolta la tavola rotonda centrata sulle “Comunità intraprendenti e inclusive”. Pietro Segata, Presidente Società Dolce di Bologna; «Siamo una coop sociale nata nel 1968 nel solco della tradizione della inclusione di laovro. Occupiamo più di 3500 persone e coinvolge per l'85% donne. Un'occupazione di genere. Sono imprese, le coop sociali, che hanno uno sguardo ai bisogni delle persone con un angolo di visione molto particolare. La cooperativa è una realtà molto complessa e ha una dimensione e un impatto sociale rilevante, non solo per gli occupati ma anche per il territorio, visto che sviluppiamo un volume di affari intorno ai 100 milioni di euro che offrono opportunità in filiera a tantissime ad altre realtà è che sono nostre partner. Una filiera che è un incontro tra profit e non profit in cui partecipano imprese ma anche banche. Chi siamo oggi è difficile da definire: impresa sicuramente, ma anche società civile e parte integrante della comunità in cui operiamo». Ricordando il percorso della cooperativa Segata ricorda come «il nostro ruolo era la mera gestione dei servizi che ci venivano affidati. Nel corso degli anni ci siamo impegnati anche nella promozione dei servizi e progettando servizi propri rispetto ai bisogni che incontriamo sui territori. È questo il mondo in cui siamo cresciuti e abbiamo sviluppato le competenza. Così abbiamo cominciato a co-progettare le risposte sociali con i servizi pubblici».


«Siamo il braccio imprenditoriale di un'associazione, Porta Aperta, molto importante che da oltre 40 anni a Modena si occupa di marginalità offrendo servizi di bassa soglia, come cibo, tetto e inclusione sociale», spiega invece Francesca Nora, ad Arca Lavoro di Modena, «Così nasce l'impresa sociale Arca Lavoro, perché serviva offrire anche lavoro dopo l'accoglienza materiale, per rendere ciascuno autonomo. L'associazione ha conferita all'impresa due piccole attività. Un mercatino dell'usato e un servizio di svuota cantine. Noi abbiamo partendo da qui creato valore con un servizio di sgombero, recuperando i beni e rivendendoli». Il passaggio a impresa sociale è iniziata con un bando Make Your Impact di Unicredit e Fondazione Modena «grazie al quale abbiamo rinnovato i nostri mezzi e strumenti e ci siamo dotati di un gestionale che ci aiutasse nell'organizzazione del lavoro», sottolinea Nora.

Marco Casodi è Vice Presidente Associazione RealMente di Perugia e spiega i servizi dedicati a persone psichiatriche nella città di Perugia. «La particolarità dei nostri servizi sono di essere ubicati nel centro storico. Portiamo la psichiatria nel salotto buono della città Una differenza sostanziale rispetto alle altre strutture come le nostre che sono sempre marginalizzate. Numero Zero, è l'ultimo dei porgetti che si occupa del lavoro, uno degli ambiti più difficili per la persona psichiatrica che oggi è totalmente esclusa dal mercato. Questo perché inserire a lavoro un paziente psichiatrico è molto difficile. Questo tipo di esperienze si possono portare avanti co0on una certa serietà solo se seguite costantemente. Numero Zero è un ristorante che ha aperto le porte nel 2019, inclusivo non profit con forza lavoro al 50% almeno di psichiatrici. Al momento ci lavorano 10 pazienti affiancati a professionisti della ristorazione e supervisionati da uno staff clinico. Tre di lor sono stati assunti a tempo indeterminato e a breve assumeremo il quarto. Gli altri sette sono in tirocinio lavorativo retribuito. Siamo un locale in cui facciamo una proposta gourmet che viene affiancata da exploit molto curiosi che i nostri ragazzi possono talvolta mettere in scena».

A chiudere i lavori l’approfondimento di Fabio Fraticelli, TechSoup Italia, sulle piattaforme di Welfare. «Stiamo vedendo un proliferare di realtà che si candidano a facilitare al matching tra domanda e offerta. Tutte hanno in comune il fatto di essere ecosistemi digitali in cui non vengono prodotti beni e servizi ma dove si creano le condizioni per cui possano incontrare domando e offerta. Oggi parleremo di queste realtà che però valorizzano un alto contenuto relazionale e a dimensione locale. Ci sono esempi in cui l'intera filiera economica è gestita da attori del terzo settore è la piattaforma di welfare del Gruppo Cooperativo CGM che per altro valorizza esperienza locali dando loro visibilità nazionale».


Dopo la tappa virtuale del Centro Nord, Road to Social Change prosegue il suo percorso in Italia: il 19 ottobre, dal Nord Est si punterà l'attenzione su come "Promuovere l'economia circolare attraverso le comunità intraprendenti"; il 16 novembre, dal Nord Ovest, ci si focalizzerà sul come "Promuovere città e nuovi ecosistemi inclusivi"; il 3 dicembre si chiuderà il viaggio in Lombardia parlando di come "Valorizzare le infrastrutture digitali per generare impatto sociale".

Ogni tappa è seguita da due seminari locali, che permetteranno ai partecipanti di acquisire un kit di nuove competenze, rinforzate da approfondimenti on demand fruibili su ideatre60, la piattaforma digitale di Fondazione Italiana Accenture. Al termine del percorso si otterrà l'Open Badge di Social Change Manager (una certificazione digitale di conoscenze, abilità e competenze acquisite) rilasciato dal MIP – Politecnico di Milano Graduate School of Business.

Road to Social Change nasce nell’ambito della Banking Academy di UniCredit, un programma con cui da anni la Banca offre formazione ed educazione finanziaria gratuita per privati, aziende e organizzazioni del terzo settore, ed è anche un percorso di sviluppo integrale che pone al centro la crescita delle competenze per formare il Social Change Manager del Terzo Settore, nuova figura professionale con competenze e abilità necessarie per progettare e guidare i processi trasformativi delle realtà non profit italiane.


Photo by Lucas Benjamin on Unsplash


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