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Economia circolare e comunità intraprendenti. “Road to social change” fa tappa a Nord est

Quinta tappa dei digital talk organizzati da UniCredit per formare i Social Change Manager del Terzo settore italiano. Al centro dell’attenzione il superamento del modello lineare “produzione - consumo - smaltimento” promuovendo una circular economy generativa, capace cioè di divenire un paradigma per lo sviluppo dei territori, partendo dalle stesse comunità

di Antonietta Nembri

Il progetto “Road to Social Change” ideato da Unicredit e dedicato al Terzo settore visto come un player che può giocare un ruolo da protagonista nel processo di ripartenza del Paese sta componendo, tappa dopo tappa, un puzzle che oggi ha aggiunto una nuova tessera. Quella della sostenibilità. Al centro del digital talk odierno che è andato online dai territori del Nord Est come “Promuovere l’economia circolare attraverso le comunità intraprendenti”.

Nel suo intervento Irene Bengo, ricercatrice del Politecnico di Milano – Tiresia ha sottolineato quanto l’economia circolare rappresenti una sfida in cui l’economia sociale può giocare un ruolo da protagonista per la valorizzazione delle risorse anche attraverso il coinvolgimento delle comunità. «Il Terzo settore ha sicuramente un ruolo nel generare un impatto positivo», ha ricordato la ricercatrice facendo riferimento a un Nord Est che conta oltre 50mila organizzazioni, capaci di muovere 8 miliardi di euro e che possono contare su 1,2 milioni di volontari e oltre 120mila dipendenti.

«Quello che stiamo compiendo è un viaggio che si arricchisce di esperienze e network», ha osservato Luisella Altare, Regional Manager Nord Est, UniCredit. «Quella che stiamo vivendo è una transizione potente e di cui c’è una consapevolezza sempre più diffusa», ha aggiunto facendo riferimento alle esperienze di buone pratiche del territorio che sono portatrici di una sostenibilità allargata in cui «la rigenerazione economica diventa anche sociale e culturale». Altare ha anche ricordato come l’emergenza vissuta nell’ultimo anno e mezzo ha fatto emergere le capacità innovative e di rigenerazione delle comunità intraprendenti in cui ciascuno deve giocare un ruolo «vivere il suo pezzo di responsabilità: il Terzo settore, con le imprese profit, le istituzioni e in cui anche il sistema finanziario ha un ruolo importante. In tutta Italia la banca si fa compagna delle iniziative innovative».

La parola è poi passata al professore Stefano Micelli, economista e docente all’Università Ca’ Foscari Venezia che ha posto l’accento sulla “Sostenibilità dal basso”, «sono contento di parlare a nome di un territorio che ha espresso un percorso interessante e dinamico verso obiettivi che oggi vengono calati dall’alto in un moto top-down», ha esordito rispondendo alle sollecitazioni del direttore di Vita, Stefano Arduini che ha moderato anche questa quinta tappa dell’iniziativa Unicredit.
Nel mettere l’accento sulle dinamiche dal basso che hanno segnato anche il successo economico del modello Nord Est e dei suoi distretti dove «aziende leader nascono da esperienze che saldano società civile e territori. Qui abbiamo realtà che mantengono un rapporto simbiotico con le comunità e», ha rimarcato «stiamo parlando di aziende, imprese di successo che hanno saputo interpretare la sostenibilità insieme alle relazioni». Tra gli esempi portati da Micelli: le cantine Ferrari che hanno saputo mantenere relazioni con i piccoli produttori trentini; il Progetto Quid che è ormai paradigma di moda sostenibile che non solo ha puntato sul riutilizzo delle pezze di scarto, ma ha saputo valorizzare i profili fragili tra i suoi occupati; e infine l’esperienza della Valle del Chiampo dove imprenditori della concia che vivono dove producono e quindi ben conoscono i problemi dello smaltimento degli scarti della concia in modo consortile hanno saputo creare un business di successo attraverso i biostimolanti per l’agricoltura. «Una comunità intraprendente è quella che traduce un limite in un’opportunità» ha chiosato l’economista.

Ad animare la tavola rotonda tre esperienze di nuove economie circolari e mutualismo che hanno potuto portare all’attenzione di tutti alcune buone pratiche territoriali che vedono il coinvolgimento della comunità e del Terzo settore all’interno delle filiere dell’economia circolare. Al tavolo virtuale si sono seduti Martino Orler, manager Redo upcycling e Protesica Sanitaria della Cooperativa A.L.P.I di Trento; Lorenzo Brugnera, presidente della Latteria Soligo e Stefania Marcoccio, presidentessa della Cooperativa Cramars di Tolmezzo. Orler nel presentare la storia della cooperativa, nata negli anni novanta come contoterzista e impegnata nell’inserimento lavorativo di persone con problemi psichiatrici ha raccontato l’evoluzione di un’esperienza che una decina di anni fa ha iniziato a operare «cambiando paradigma» nell’economia circolare aprendosi a un duplice mercato: il recupero degli ausili della locale Asl che rientrano in circolo a favore di persone svantaggiate e del sud del mondo, da un lato, dall’altro l’ideazione di accessori di moda e arredo partendo da scarti di tappezzerie e industrie tessili. «Attività che da un punto di vista economico è oggi il traino della cooperativa anche grazie al nostro posizionamento e alla facilità di interfacciarci con il mercato mitteleuropeo dove il concetto di upcycling è conosciuto».
Ultracentenaria la storia della cooperativa latteria Soligo che, ha ricordato il presidente Brugnera, l’idea della circolarità dell’economia e la salvaguardia dell’ambiente ce l’ha nel Dna da oltre 140 anni. E qui si inserisce la scelta di puntare al fotovoltaico per utilizzare energia pulita, ma anche l’attenzione al biogas grazie a un biodigestore per il recupero degli scarti di lavorazione che prima venivano venduti fuori regioni con ricadute ambientali per l’utilizzo di camion per il trasporto «da sempre noi vogliamo rispettare la nostra terra».
Formazione ed empowerment femminile per combattere lo spopolamento della Carnia, sono i due fari della cooperativa Cramars «Il nostro è stato un andare verso le persone e le comunità per farle diventare intraprendenti. Abbiamo cominciato a riaccenderle e per farlo occorre ascoltarle», ha raccontato Marcoccio. Dopo una prima esperienza con l’aula mobile di alfabetizzazione informatica montata su un pulmino ora si sta proseguendo con un progetto Erasmus e un secondo che è realizzato in collaborazione con la comunità montana per la redazione di un piano strategico territoriale che nasce con il coinvolgimento di 300 persone.
A chiudere la tappa odierna l’intervento di Fabio Fraticelli di Techsoup dedicato a “Il digitale per la transizione al paradigma circolare”.

A terminare il percorso della "Road to social change" mancano due tappe: il 16 novembre, dal Nord Ovest, ci si focalizzerà sul come "Promuovere città e nuovi ecosistemi inclusivi"; il viaggio si chiuderà il 3 dicembre in Lombardia parlando di come "Valorizzare le infrastrutture digitali per generare impatto sociale".

Ogni tappa è seguita da due seminari locali, i prossimi sono in programma il 26 e 28 totobre, che permetteranno ai partecipanti di acquisire un kit di nuove competenze, rinforzate da approfondimenti on demand fruibili su ideatre60, la piattaforma digitale di Fondazione Italiana Accenture. Al termine del percorso si otterrà l'Open Badge di Social Change Manager (una certificazione digitale di conoscenze, abilità e competenze acquisite) rilasciato dal MIP – Politecnico di Milano Graduate School of Business.

In apertura immagine di Michael Gaida da Pixabay


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