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Fra i volontari di Roccella Jonica: «Sono giorni senza fine»

«Fino a ieri eravamo in grado di prestare le prime cure e permettere che venissero fatti i primi controlli sanitari e i tamponi anti covid a 130 persone – racconta Concetta Gioffrè, Presidente della Croce Rossa Comitato riviera dei Gelsomini-. Ma gli ultimi sbarchi hanno messo a dura prova i nostri cento volontari».

di Maria Pia Tucci

Soffia forte il Grecale sul porto di Roccella, dove è quasi pronta la nuova tendostruttura che sarà in grado di ampliare di qualche altro centinaia di posti l’ accoglienza per il primo soccorso delle persone migranti che sempre più numerose toccano la Costa jonica calabrese.

«Fino a ieri eravamo in grado di prestare le prime cure e permettere che venissero fatti i primi controlli sanitari e i tamponi anti covid a 130 persone – racconta Concetta Gioffrè, Presidente della Croce Rossa Comitato riviera dei Gelsomini-. Ma gli ultimi sbarchi hanno messo a dura prova i nostri cento volontari».

Solo giovedì scorso ci sono stati quattro arrivi in un giorno, che sommati a quelli del giorno precedente, hanno portato a Roccella circa 650 persone.

«Negli ultimi mesi sono più di 3000 le persone arrivate, contro una media registrata di 500 all’ anno – continua – «Sono giovani, minori soli o piccoli nuclei familiari. Di nazionalità irachena, iraniana, egiziani e negli ultimi tempi più afgani» – dice ancora Concetta «A bordo di queste barche a vela ( me le indica, sono alle sue spalle e di fronte a me, ammassate – o su dei pescherecci – , anche questi recuperati e messi lì come un museo di relitti del mare – che nemmeno lontanamente potrebbero navigare, figuriamoci trasportare centinaia di persone».

Il suo telefono squilla in continuazione, c’è da attivare la distribuzione del cibo, tenersi in continuo contatto con le Autorità, con i volontari e finire di montare la nuova tendostruttura.

«E, – dice – pare sia previsto l’arrivo a Roccella di una importante personalità Istituzionale. Intanto siamo a corto di alimenti e la terribile notizia che è arrivata stamattina, dei bambini morti a largo della Grecia, ci sollecita a velocizzare con l’organizzazione della nuova tenda per prima accoglienza, che deve essere facilmente fruibile. Dobbiamo e vogliamo essere pronti».

Niente nuovi sbarchi, in questi giorni, perché il mare è ancora in preda al ciclone Mediterraneo e i 17 nodi di vento che soffiano sulla costa dei gelsomini mentre parliamo danno ragione alle previsioni meteo che parlano di un netto peggioramento da qui alle prossime ore. Un’ emergenza nell’ emergenza, che oggi ha concesso una tregua almeno dalla pioggia torrenziale.

Intanto Concetta Gioffrè, tra una chiamata d’ emergenza e un’altra, continua a raccontare dei tantissimi sbarchi a cui ha assistito negli anni, alle molte storie a i volti alle nazionalità che si incrociano. Dei corpi che arrivano ammassati. «Non dimenticherò mai – racconta – le settantacinque persone scese da una barca a vela che a stento ne avrebbe potuto ospitare sette. Erano senza respiro». Ma i suoi occhi si illuminano quando le chiedo se tra le storie sfiorate di questi ultimi sbarchi ce n’è qualcuna che parla di speranza. «Sì mi dice, sorridendo. Un papà, già in Italia da anni potrà riabbracciare i suoi due bambini, che erano tra le persone arrivate qui nei giorni scorsi».

Tra il Porto delle Grazie e l’hot spot “Aniello Ursino", un’ ex struttura sanitaria di tre piani affacciata sulla Strada 106 Jonica, c’è poco più di un km di distanza e qui, oggi, delle 650 persone migranti arrivate ne rimangono circa 40, tutti minori tranne due, riferisce un uomo delle forze dell’ ordine in servizio.

Ci parliamo attraverso al rete di cinta, non si può entrare. Ma i ragazzi sono fuori, nel cortile, a godere di questa giornata di sole in attesa di sapere quale sarà la loro destinazione.

«Gli altri sono stati trasferiti in altre strutture tra Calabria, la Puglia , a Taranto, o in Sicilia, a Pozzallo, – dice il militare- ».

«Sono giorni in cui conosciamo l’ orario di inizio del lavoro ma non quello di fine» In via informale parlo al telefono con un’ Ispettrice di Polizia che proprio il giovedì, quello dei quattro sbarchi in un giorno, era di reperibilità.

«Siamo anche riusciti a procedere ad un arresto – dice – . Sempre più spesso –spiega – gli scafisti vengono reclutati sui social media e hanno nazionalità Russa o Ucraina, comunque provenienti dalle ex Repubbliche Sovietiche o sono Turchi che dicono di essere Siriani».

È un lavoro di coordinamento che incrocia sguardi di umanità di chi arriva e di chi accoglie.

Forze dell'Ordine, civili, gruppi di volontari lavorano per garantire le condizioni dignitose e di salute. Elio Carrozza – architetto di Roccella, storico volontario – dice che «da un certo punto di vista la città non avverte l’urgenza a cui si grida: noi siamo abituati all’ emergenza, anche le persone del posto lo sono e prestano accoglienza senza risparmiarsi».

Prima di lasciare Roccella torno al porto delle Grazie, saluto Concetta Gioffrè che con un sorriso, mentre si dirige verso la nuova tendostruttura, mi dice: «Vado, che dobbiamo montare il pavimento».