Cooperazione & Relazioni internazionali

G20
, vaccinazione Covid19: cinque proposte dall’Africa

«Dobbiamo evitare una sconfitta globale che, a questi ritmi, rischiamo di ottenere», dice Guglielmo Micucci, Direttore di Amref Health Africa in Italia, rilanciando le cinque proposte che l'organizzazione africana propone in vista del G20. Molti Paesi africani non hanno nemmeno ricevuto le dosi necessarie per vaccinare il 2% della loro popolazione - inclusi operatori sanitari e soggetti a rischio

di Redazione

I vaccini sono strumenti fondamentali per salvare vite umane, rallentare la diffusione di varianti e garantire che gli operatori sanitari abbiano il tempo e i mezzi per fornire altri servizi sanitari. Venti mesi dopo l'inizio della pandemia di COVID-19 e dieci mesi dopo la somministrazione dei primi vaccini nel Regno Unito, molti Paesi africani non hanno nemmeno ricevuto le dosi necessarie per vaccinare il 2% della loro popolazione – inclusi operatori sanitari e soggetti a rischio.

I sudati traguardi raggiunti negli anni, in termini di salute pubblica, si stanno consumando. Oltre all’ambito sanitario, la pandemia sta avendo un effetto devastante sull’istruzione e su interi settori che hanno subito interruzioni prolungate, portando a perdite di posti di lavoro che hanno spinto famiglie e intere comunità nella povertà. Tutto ciò è stato esasperato dai picchi dei prezzi alimentari e da una serie di scioperi e proteste che minano la sicurezza nazionale e regionale.

La pandemia ha stimolato una collaborazione senza precedenti tra i Paesi africani, attraverso iniziative come il fondo di risposta COVID-19 dell’Unione africana, l’African Vaccine Acquisition Task Team (AVATT) e l’African COVID-19 Vaccine Readiness and Deployment Taskforce (ACREDT). Tuttavia, la collaborazione dei Paesi all’interno del Continente non è sufficiente quando, a livello globale, solo il 20% delle persone che vivono nei Paesi a basso e medio reddito ha ricevuto una prima dose del vaccino anti-COVID-19, rispetto all’80% nei Paesi a reddito alto e medio-alto.

Mentre i leader mondiali si riuniscono per il G20, l'organizzazione li invita ad attuare un piano, riepilogato in cinque punti, volto a garantire che entro la fine dell’anno 2021 almeno il 40% delle popolazioni di tutti i Paesi sia vaccinato, e il 70% entro la metà del 2022.

«Se si prosegue su questa strada e con questi ritmi si prospetta un fallimento globale. L'Organizzazione Mondiale deve rivedere continuamente le stime e spostare gli obiettivi per la vaccinazione di Paesi a basso e medio reddito, ricordando continuamente che la salute globale passa anche da lì. Se tutti gli scienziati, anche in Italia, continuano a ripetere che è fondamentale vaccinare in quei Paesi, se i Governanti fanno eco con promesse, dobbiamo dare seguito a scienza e impegni. Altrimenti avremo fallito l'occasione che questo virus ci ha posto sotto gli occhi: quella di una cooperazione, solidarietà e sviluppo globali. Chiediamo quindi di operare in tutti gli ambiti per evitare un fallimento globale” afferma Guglielmo Micucci, Direttore di Amref Health Africa in Italia. “Abbiamo bisogno che i Governi, le Istituzioni tutte, ascoltino le richieste dell'Africa. Noi di Amref – organizzazione africana – abbiamo proposto una ricetta fatta di cinque punti, parte di una battaglia più grande: quella per l’equità. Al centro i temi delle scorte vaccinali, dei brevetti dei vaccini, ma anche delle dosi aggiuntive. Noi di Amref sosteniamo con forza i processi di vaccinazione globali, ma reputiamo che la somministrazione di dosi addizionali, a completamento del ciclo vaccinale primario – quando oltre il 90% delle persone nel Continente africano non ha ancora ricevuto nemmeno una prima dose – mini il principio di equità globale. Non mettiamo in dubbio il percorso vaccinale di singoli o di categorie vulnerabili, ma della somministrazione su larga scala, che accentua l’evidente divario tra Paesi. Si può agire mettendo in sicurezza i vulnerabili, ed intanto accelerare sulla distribuzione nei Paesi a medio e basso reddito».

1. Porre fine alle scorte vaccinali
Nessuna provvista di vaccini nei Paesi ricchi dovrebbe essere concessa prima che siano state vaccinate anche le persone in Africa e in altre parti del mondo. Ci sono oltre un miliardo di vaccini già immagazzinati o in attesa di consegna in Europa e negli Stati Uniti – i cui Paesi e Stati godono già di alti tassi di vaccinazione – che, se trasferiti nei Paesi africani o in altri Paesi a basso e medio reddito, potrebbero salvare migliaia di vite. Sia i produttori di vaccini che i Paesi con scorte supplementari di vaccini dovrebbero dare la priorità ai Paesi sprovvisti, accelerare le donazioni di dosi a COVAX, e rinnovare il loro sostegno per garantire un accesso equo ai vaccini COVID-19 in tutto il mondo.

2. Limitare la somministrazione di dosi booster
Non dovrebbe esserci un lancio su larga scala di dosi addizionali, a completamento del ciclo vaccinale primario, fino a quando una fornitura di vaccini sufficiente a inoculare un primo ciclo vaccinale completo non avrà raggiunto il continente africano. Questo è il modo più efficace per salvare il maggior numero di vite. In
linea con la richiesta dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per una proroga sui richiami del vaccino anti-COVID-19, i Paesi ad alto reddito dovrebbero astenersi dal distribuire dosi di richiamo e condividere invece le forniture di vaccini con i Paesi africani per consentire alle persone più vulnerabili del mondo di essere vaccinate.

3. Condividere di più e più velocemente
Alcuni Paesi hanno iniziato a condividere i vaccini, ma questa pratica deve essere sia incrementata che accelerata. L’OMS ha proposto che entro la fine dell’anno almeno il 40% delle popolazioni di tutti i Paesi sia vaccinato, e il 70% entro la metà del 2022. Questi obiettivi si dimostrano realizzabili solo se i leader mondiali lavorano per raggiungere coloro che attualmente non sono vaccinati.

4. Condividere licenze, tecnologie e competenze, e rinunciare alla proprietà intellettuale per le tecnologie
sanitarie COVID-19 a livello globale

Le case farmaceutiche avrebbero dovuto fare di più per condividere gli strumenti che avrebbero dato impulso alla produzione di vaccini nel continente africano, rinunciando ai diritti di proprietà intellettuale relativi sui beni COVID-19 e facilitando la diffusione delle conoscenze mediche esistenti. È promettente vedere il primo hub di trasferimento tecnologico dell’mRNA dell’OMS sviluppato in Sud Africa, ma non è abbastanza. Fornire personale, competenze e requisiti tecnici essenziali accelererebbe notevolmente i processi di produzione nazionali e salverebbe migliaia di vite umane.

5. Mai più
Imparando da questa pandemia, l’Africa non dovrà mai più trovarsi in una posizione in cui è così dipendente da altri Paesi per forniture mediche salvavita. Dai dispositivi di protezione individuale (DPI) per gli operatori sanitari e per le comunità, alla ricerca, allo sviluppo e alla produzione locale di diagnostica, cure e vaccini. Il continente africano deve fare tutto il possibile, compresa la ratifica da parte di tutti gli Stati membri dell’Unione africana, dell’Agenzia africana per i medicinali, e mirare a essere completamente autosufficienti nel futuro prossimo. Non possiamo più accettare lo status quo che sta accompagnando un’ondata di morte e distruzione in tutto il continente africano. Insieme, i leader africani e globali possono e devono unirsi per porre fine alla fase acuta di questa pandemia e quindi passare rapidamente alla ricostruzione dei sistemi sanitari dei Paesi a basso e medio reddito.

Credit Foto Leonardo Mangia


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