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Il franchising Agape, un modello di accoglienza per gli adulti con disturbi mentali

L'esperienza quasi ventennale di una cooperativa sociale di Cagliari, presieduta dalla psicologa Annalisa Mascia. Gestisce dieci residenze in Sardegna e ora si prepara al lancio di un franchising che vende il proprio metodo di lavoro all'interno delle loro Case Famiglia. La Bocconi di Milano si sta occupando dello studio di fattibilità. Con il personale un rapporto basato sui valori, sulla fiducia e sul reciproco rispetto. Perché la buona impresa porta benessere all’intera comunità

di Luigi Alfonso

Occuparsi degli altri è importante e ammirevole, ma talvolta la buona volontà va a cozzare con una scadente qualità del servizio offerto. Ci sono tante realtà che fondano le loro attività non solo su un’elevata qualità ma anche su altri valori imprescindibili, tra cui l’empatia e il rispetto. Agape è una di esse. Si tratta di una cooperativa sociale Onlus di Cagliari che si occupa in prevalenza di persone adulte con disturbi mentali.

La società fondata e presieduta dalla psicologa e psicoterapeuta Annalisa Mascia, che gestisce dieci residenze, in questo periodo si sta preparando al lancio di un franchising che vende più un modello lavorativo che un marchio, cioè il metodo gestionale delle loro Case Famiglia, che nel Sud Sardegna e in particolare nella Città metropolitana di Cagliari sta dando ottimi risultati. Al punto che la Bocconi di Milano ha offerto loro un’importante occasione e si occuperà dello studio di fattibilità. Tale iniziativa consentirà di venire incontro alle esigenze dei territori più distanti dal capoluogo sardo, che ne fanno grande richiesta in quanto sprovvisti di tali servizi.

Nel 2016 Mascia ha vinto il secondo premio nazionale quale miglior imprenditrice nell’ambito di un concorso dell’Istituto di previdenza degli psicologi. Su quel solco, la presidente di Agape sta proseguendo con grande determinazione. «Mesi addietro – racconta lei – la Bocconi mi ha contattato perché interessata alla nostra realtà imprenditoriale. Il rapporto con loro risale ai tempi del mio primo Master, inoltre nel 2010 avevo presentato il Servizio di amministrazione di sostegno per la gestione patrimoniale di soggetti fragili come strumento economico di successo. Era la prima tesi in Italia su questo specifico aspetto. Il disabile psichico, per la prima volta, non veniva visto come persona bisognosa di sussidi, ma come soggetto in grado di rimettere in gioco i propri talenti, il proprio patrimonio personale e materiale. È vero che la maggior parte di queste persone possiede poco, ma ce ne sono parecchi che hanno ancora tanto da dare e da rimettere in gioco. E comunque, chi ha poco ha diritto di metterlo a disposizione, magari in condivisione, nella vita quotidiana. Così diventano persone che si possono autosostenere».

«I nostri ospiti sono persone con disabilità psichica, adulti di entrambi i sessi, dai 19 ai 64 anni. Al compimento del 65esimo anno d’età, infatti, ricadono nella categoria degli anziani per quanto riguarda la valutazione sanitaria (terapia farmacologica, residenzialità e trattamento alle autonomie, e via dicendo)», prosegue Annalisa Mascia. «Questo lavoro mi coinvolge tantissimo e mi sta regalando enormi soddisfazioni, perché vedo con piacere un riscontro favorevole di pazienti e familiari. In verità non li definisco mai pazienti, per me e gli operatori sono “gli abitanti”, come generalmente si usa dire nelle nostre Case Famiglia».

Il progetto di franchising si rivolge all’intero territorio europeo. «Può sembrare eccessivamente ambizioso, ma non lo è», spiega Mascia sorridendo. «Faremo un passo alla volta. Al momento ci sono arrivate diverse richieste da tutta la Sardegna e anche dal Nord Italia. Andare da loro, senza sradicare queste persone dai loro territori e dalle rispettive famiglie, ha tanti aspetti positivi. Abbiamo già il logo, stiamo perfezionando alcuni dettagli. Soprattutto, parla la storia della nostra cooperativa sociale. Da 18 anni ho impostato il rapporto sui valori, sulla fiducia e sul reciproco rispetto. Tutti devono sentirsi alla pari e protagonisti. Questa è davvero una famiglia allargata, dipendenti e collaboratori devono sentirsi a proprio agio per poter offrire il miglior servizio a chi si rivolge ad Agape. La buona impresa porta benessere a tutti, all’intera comunità».

La selezione è molto stringente. «Non affideremo il nostro marchio a chiunque», precisa subito Mascia. «Ci siamo costruiti una reputazione con tanta fatica ma basta un attimo per distruggere il buon lavoro fatto sinora. Ho già effettuato una serie di incontri. Il più delle volte ci contattano privati o dirigenti degli enti locali con cui abbiamo avuto buoni rapporti in passato, e questa è una prima scrematura. Poi ci sono altri filtri che ci aiutano a individuare gli interlocutori più seri. Non ci risulta che in Europa ci siano altri franchising strutturati della nostra tipologia, e al momento siamo i primi in Italia. C’è un modello informale che parte dalla Germania, ma è differente dal nostro. Credo fermamente che la salute possa essere assicurata se si propongono processi e procedure organizzate e stabili di base, il più possibile standardizzati. Ci sono procedure fisse e altre che possono essere modellate sulle reali necessità di chi opera. In diciotto anni di attività abbiamo studiato una certificazione di qualità sulle Case Famiglie per disabili psichici adulti. E l’abbiamo realizzata sulla base delle nostre esperienze dirette, che ora mettiamo a disposizione di chi vuole aprire un Centro specializzato. Diciamo loro quali sono le caratteristiche strutturali, le professionalità richieste, le modalità di selezione del personale e le procedure che accompagnano ciascun ospite dalla sveglia mattutina al momento di andare a riposare la notte. Non si lascia niente al caso, è scandito il tempo diurno ma anche ciò che accade nel turno notturno».

A proposito di personale, la presidente di Agape spiega che «la formazione obbligatoria è importantissima ma puoi sempre costruirla, adattandola ai tempi. Contano di più l’empatia, la motivazione, i valori che una persona porta con sé, la generosità, la sensibilità, la cura, la precisione, qualità che puoi migliorare ma che non puoi costruire dal nulla. Mi piace valorizzare i giovani, in particolare i neolaureati, perché li trovo privi di pregiudizi rispetto alla fragilità psichica e pronti a mettersi in gioco. Gli adulti, invece, li trovo particolarmente adatti nei ruoli di supporto, sono i punti di riferimento che offro nelle nostre residenze».
«Chi si affaccia all’idea di un franchising per la Salute Mentale è quasi certamente una persona molto motivata. Le attuali linee guida per l’avvio delle residenze per la salute mentale, e in particolare sulle Case Famiglia, sono da studiare e interpretare soprattutto in ambito socio-assistenziale. Spesso si riferiscono, infatti, genericamente ai soggetti fragili. Noi di Agape abbiamo scelto di declinare i nostri Centri sugli adulti con disabilità psichiche, perché abbiamo studiato per occuparci di questo settore specifico e vogliamo fare questo. Chiunque può rientrare nella fragilità, in qualunque momento della sua vita. Noi ci rivolgiamo ad un target molto preciso: persone che vengono dimesse dall’ospedale dopo un ricovero, volontario o coatto che sia, oppure segnalate dalle loro famiglie, o ancora ci chiamano gli stessi pazienti che ci chiedono aiuto e assistenza. Qualcuno di loro ci ha scoperti sui social, altri grazie al passaparola. Spesso fanno parte del sommerso, non sono conosciuti neppure ai Servizi sociali. Qualcuno di loro resta con noi stabilmente. Ma è bellissimo vederli riprendere in mano la loro esistenza e andare a vivere autonomamente, magari in uno dei nostri gruppi autonomi, appartamenti autogestiti da quattro o cinque “ragazzi”. Noi ci occupiamo di fare da garanti nei confronti dei proprietari che li mettono in affitto, li monitoriamo giornalmente per qualche ora ma soprattutto rappresentiamo una base solida a loro disposizione».