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Nuove Linee guida per le adozioni: cosa cambia per le coppie?

Dopo 16 anni la Cai aggiorna le regole operative per gli enti autorizzati. Obbligo di pubblicazione mensile delle statistiche, proporzionalità fra nuovi incarichi e adozioni concluse, accento sulla professionalità degli operatori e sulla responsabilità attiva degli enti in ogni fase dell'adozione. Per gli enti cambia molto, ma per le coppie? Lo abbiamo chiesto a quattro esperti

di Sara De Carli

Gli enti autorizzati alle adozioni internazionali hanno delle nuove Linee Guida a regolare il loro operato. Le ha approvate a fine novembre la Commissioni Adozioni Internazionali, andando aggiornare le precedenti, che risalgono al 2005 benché alcune novità rispetto all’operatività degli enti fosse già stata introdotta con la delibera 13 del 2008. Le nuove Linee guida per la prima volta sono state redatte tramite un percorso partecipato, che ha visto coinvolti tre quarti degli enti autorizzati tramite i loro rappresentanti: Cinzia Bernicchi per Life in adoption, Pietro Ardizzi per Oltre l’adozione, Angelo Vernillo per EANET for adoption, Gianni Tenuta per IRIS nel mondo e Massimiliano Rucireta per altri 5 enti. Cosa cambia? Che ricadute avranno sulle famiglie? Lo abbiamo chiesto a quattro esperti.

Obbligo di pubblicazione mensile delle statistiche

Cinzia Bernicchi (Life in adoption)

Il primo accento Cinzia Bernicchi lo mette sul fatto che d’ora gli enti autorizzati hanno l’obbligo di pubblicare mensilmente i dati statistici relativi alle adozioni realizzate e al numero di coppie in attesa: «nelle precedenti Linee guida era prevista la pubblicazione semestrale dei dati, ma senza obbligo», ricorda Bernicchi. Lo sappiamo bene anche noi di Vita, che nel maggio 2016, a fronte di due anni di silenzio della CAI sulle adozioni concluse nel 2014 e nel 2015, chiamammo uno per uno tutti i 62 enti autorizzati, chiedendo i loro dati: meno della metà degli enti li aveva pubblicati sul proprio sito. È stato inoltre chiarita la possibilità per le coppie di avere un istradamento su due paesi, contemporaneamente: «una possibilità che era prevista già nel 2005, ma in maniera vaga. Ora la CAI chiarisce che vale solo per i paesi in cui ci sono oggettive criticità riscontrate, che la cosa deve comunque essere autorizzata e che la coppia deve mettere per iscritto che proseguirà con il primo paese che proporrà l’abbinamento e rinuncerà all’altro. Vista la situazione attuale, era una cosa su cui occorreva fare ragionamento ed è stato fatto, può essere un’opportunità in più per le coppie». Un’altra novità è la revisione ogni tre anni delle autorizzazioni di ogni ente in ogni singolo paese, tenendo in considerazione il rapporto con le adozioni portate a termine nel biennio precedente.

Inedito è l’obbligo di segnalare alla CAI il rifiuto da parte della coppia della proposta di abbinamento: «Spesso ci troviamo a fare poche adozioni, pur avendo fatto molti abbinamenti che le coppie hanno rifiutato. Credo sia importante». Sul fronte costi, si fa riferimento all’imminente lavoro che verrà impegnato il “Tavolo costi” nel 2022, per la definizione di nuove tabelle e una forte sottolineatura sulla tracciabilità di tutti i pagamenti, mentre sul post adozione «non si parla più solo di relazioni da mandare ma di quanto l’ente deve essere parte attiva nell’accompagnare la nuova famiglia», dice Bernicchi. «Interessante», infine, «la precisazione che il personale dell’ente autorizzato deve esser altamente specializzato: i volontari restano e continuano ad essere una risorsa preziosa, ma l’ente autorizzato oggi non può più essere composto solo di volontari, quei tempi sono tramontati».

Proporzionalità fra nuovi incarichi e adozioni concluse

Pietro Ardizzi, portavoce di OLA

Un giudizio positivo, per delle Linee guida che sono frutto di un grande lavoro di confronto e che aggiornano il frame operativo degli enti in un mondo – quello delle adozioni internazionali – che in sedici anni è completamente cambiato. Così Pietro Ardizzi, portavoce del coordinamento OLA commenta le nuove Linee guida per gli enti autorizzati, giudicandole «un passo avanti, che prova ad alzare il livello qualitativo degli enti». Un punto delicato ma su cui si poteva fare di più, forse, riguarda quell’equilibrio tra incarichi assunti e adozioni concluse che le nuove Linee guida provano a normare, cercando di evitare l’accumularsi di nuovi incarichi su paesi che già hanno un alto numero di coppie in attesa e un rallentamento delle adozioni. «L’EA può accettare nuove procedure sulla base di due criteri: la capacità di gestione tale da garantire, in via ordinaria, un’adeguata assistenza nelle procedure adottive; la capacità di assicurare un’adeguata proporzione tra incarichi portati a termine e le procedure adottive in corso, tenendo conto della situazione del Paese di origine», dicono le Linee guida. «Sarà la CAI con delibera annuale a indicare questa “adeguata proporzione”. In questo momento di grande crisi forse si poteva fare un controllo più preciso e puntuale dell’assunzione incarichi, ne abbiamo discusso tanto». Le regole sono per gli enti, è vero, «ma le coppie ne avranno gli effetti positivi: c’è maggior trasparenza, maggior qualità dell’assistenza e il tentativo di correggere una situazione generale sempre molto critica, che non può certo andare avanti inerzialmente in questo modo». Positive anche le regole per «una chiusura ordinata degli enti, che ora devono presentare alla CAI un dettagliato progetto di gestione delle attività di chiusura, che preveda coppia per coppia il passaggio ad altri enti sia per l’adozione sia per il post adozione.

Enti autorizzati o agenzie per le adozioni? Il nodo della cooperazione allo sviluppo

Marco Rossin, responsabile adozioni di AVSI

Delle Linee guida che cercano di alzare l’asticella degli enti in termini qualititavi e di responsabilità, ma che avranno bisogno di “decreti attuativi”: è questo il giudizio di Marco Rossin, referente adozioni di AVSI, sulle nuove Linee guida. «Come tutte le Linee guida, questo è uno scheletro che avrà bisogno di disposizioni attuative: ed è lì che si vedrà davvero il loro funzionamento e la loro innovatività». Un esempio lampante è la proporzionalità necessaria per acquisire nuovi mandati: «È stato introdotto il principio, ma è generico. Così l’obbligo di pubblicazione dei dati statistici: un obbligo presuppone controlli e sanzioni, ci saranno? La stessa cosa sul bilancio separato dal resto delle attività, una cosa positiva anche se per noi molto complicata: ci sarà un controllo?». Il punto centrale, per Rossin, è il fatto che questa chiamata a una maggiore responsabilizzazione dell’ente, a dotarsi di struttura che innalzi il suo livello qualitativo è un implicito nudge a fusioni e chiusure: «La CAI chiedendo certe cose agli enti ha in mente questo processo e l’ente deve un po’ ripensare se vuole essere una agenzia di intermediazione delle adozioni, fine a se stessa o qualcosa di più». È un tema che emerge anche in un altro punto delle nuove Linee guida, quello relativo alla cooperazione allo sviluppo cui gli enti sono chiamati nei paesi in cui sono presenti. «La CAI ha annunciato un nuovo bando e punta ad essere donatore strutturale per i progetti di cooperazione allo sviluppo. Questa è una cosa positiva. La cooperazione ha due funzioni: permettere di conoscere il contesto di un Paese prima di fare adozioni e prevenire le adozioni. In queste Linee guida però l’accento sulla cooperazione è marginale, il passaggio è praticamente identico a quello delle Linee giuda del 2005», annota Rossin. «Soprattutto passa in secondo piano il tema della cooperazione rispetto all’istanza per nuovi paesi: sparisce, non è più richiesto un programma di cooperazione per presentare istanza su un nuovo paese. È una cosa che riflettere. Passa in secondo piano perché è scontato che un ente che chiede autorizzazione in un paese ne abbia una pregressa conoscenza o sparisce perché noi enti dobbiamo iniziare a considerarci soltanto come agenzie per l’adozione, stralciando un modello ventennale e peculiare dell’Italia? Questo mi preoccupa», sottolinea Rossin.

Accompagnare le famiglie, per davvero

Daniela Russo, responsabile adozioni di Ciai

La differenza per le coppie? La fa la qualità del lavoro dell’ente, che con queste Linee Guida la CAI vuole elevare. Ne è convinta Daniela Russo, responsabile adozioni di Ciai: «La realtà dell’adozione internazionale è sempre più complessa e di conseguenza lo è anche l’accompagnamento delle famiglie in tutte le fasi, dall’attesa all’incontro al post adozione. Ogni fase richiede operatori e enti che siano molto qualificati. Le Linee guida si sviluppano in articoli che dicono l’ente deve. Noi siamo favorevoli rispetto all’alzare l’asticella della qualità. Ci è chiesto tanto come enti autorizzati e ci stiamo domandando, anche in vista dei tavoli che stanno per aprirsi sul tema costi, come questo assetto si rifletterà sui costi: è una sfida riuscire ad essere sostenibili con questo tipo di servizio a fronte di numeri di adozioni che tutti sappiamo essere strutturalmente molto in calo». Un passaggio che Russo apprezza riguarda la cura che viene caldeggiata per le coppie disponibili ad adottare più fratelli e al fatto che qualora i fratelli non possano essere adottati da una sola famiglia si cerchi di collocare i minori preferibilmente in famiglie residenti nella stessa regione, per favorire il mantenimento dei rapporti affettivi e sociali tra i fratelli. «Viene molto rimarcato anche il lavoro attivo dell’ente rispetto alla proposta di abbinamento dei bambini: l’ente non deve limitarsi a trasmettere informazioni ricevute, ma deve cercare di approfodnire come sta il bambino, negli aspetti sanitari e di sviluppo sociale. È una cosa che cerchiamo già di fare, anche se non da tutti i paesi riceviamo lo stesso tipo di informazioni».


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