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L’Afghanistan muore: la vergogna dell’inazione occidentale

Appena il 2% degli afghani ha abbastanza da mangiare. La fonte sono le Nazioni Unite e si tratta della peggior carestia degli ultimi decenni. Nelle zone rurali, dove vivono i due terzi degli afghani, la peggiore siccità degli ultimi 30 anni aveva già lasciato i contadini disperati ben prima dell’arrivo dei talebani

di Paolo Manzo

L’Afghanistan è la tragedia del mondo che il mondo vuole dimenticare, come se le donne, i bambini e i tanti mutilati di quel paese bellissimo ma martoriato da 40 anni di guerre non appartenessero al genere umano. Sono queste le considerazioni da fare dopo avere letto la bellissima testimonianza del medico responsabile della Croce Rossa Internazionale a Kabul Alberto Cairo, un eroe dei nostri tempi, pubblicata qualche giorno fa su Repubblica.

Invece l’Afghanistan non lo vogliamo proprio dimenticare in questo anno che si chiude, anche perché dal rigido inverno del paese asiatico, con nevicate di metri sulle alte montagne, arrivano notizie che in un mondo ideale dovrebbero essere in prima pagina su tutti i giornali. La prima, cruda e pubblicata oggi su The Guardian, è che l'anno nuovo inizia con appena il 2% degli afghani che ha abbastanza da mangiare. La fonte sono le Nazioni Unite e, dunque, è attendibile e si tratta della peggior carestia degli ultimi decenni. Al mondo. Non deve stupire visto che a fine settembre avevamo già scritto che a Kabul madri disperate vendevano per 200 euro i loro bambini, per potere mangiare qualcosa. Nessuno vende il proprio figlio per 200 euro se non è alla disperazione più totale. Il problema principale è che il trionfo dei Talebani, lo scorso Ferragosto, ha fatto chiudere da un giorno all'altro alla comunità internazionale il rubinetto degli aiuti che avevano sostenuto l'economia afghana, precipitata dopo l’invasione statunitense del novembre 2001.

Non bastasse, nelle zone rurali, dove vivono i due terzi degli afghani, la peggiore siccità degli ultimi 30 anni aveva già lasciato i contadini disperati ben prima dell’arrivo dei talebani con le loro assurde normative, come il divieto imposto alle donne di lavorare nei settori della sanità e dell’istruzione. Da una settimana non possono neanche più viaggiare, se non accompagnate da un maschio della loro famiglia. Assurdo. Ad ottobre Save the Children Italia ammoniva che "oltre 14 milioni di bambini” avrebbero sofferto "la fame questo inverno e 5 milioni" sarebbero stati "ad un passo dalla carestia”.

Ora l’inverno è arrivato e quasi nove milioni di bambini afghani sono senza coperte e tre milioni senza riscaldamento, con temperature che di notte scendono abbondantemente sotto i meno 12 gradi. "Le immagini che si vedono nei centri di distribuzione alimentare e negli ospedali sono solo la punta dell'iceberg di ciò che c'è dietro e a meno che non si riesca a dare una risposta massiccia ed in tempi brevi, la carestia sarà dichiarata ufficialmente anche dall'ONU”, spiega Mary-Ellen McGroarty, il capo del Programma Alimentare Mondiale in Afghanistan, che stima che siano 23 milioni le persone oggi ad un passo dal dramma nel Paese. “La nazione è sull'orlo del baratro. Non c'è provincia oggi con meno del 30% della popolazione in crisi alimentare d’emergenza". Negli ospedali e nei centri di distribuzione alimentare, il numero di bambini che hanno bisogno di aiuto è triplicato nelle ultime sei settimane ma per i parametri ONU, "solo se le persone cominceranno a morire in gran numero a causa della mancanza di cibo, la situazione degenererà ufficialmente in una carestia". McGroarty sostiene che l'Afghanistan ha bisogno di circa 200 milioni di euro al mese per scongiurare la carestia fino alla prossima primavera, e il denaro deve arrivare presto, prima che le forti nevicate taglino fuori i villaggi per mesi nelle zone di alta quota.

"Tutta la mia famiglia sta morendo di fame” racconta il settantenne Mehrajuddin, un ex comandante di polizia, ex combattente mujaheddin, ex governatore distrettuale ed ex pubblico ministero che in passato ha anche lavorato per un breve periodo in Europa. Insomma, uno che fino ad agosto stava bene e non aveva mai patito la fame. Oggi lui e la sua famiglia mangiano solo una volta al giorno "dischi di pane raffermo bagnati nell'acqua finché non si ammorbidiscono in poltiglia". Mehrajuddin è in fila davanti ad un centro di distribuzione di cibo a Kabul, alla disperata ricerca di lenticchie, riso, farina e olio.

Quella afghana è una tragedia che dovrebbe interessare molto anche l’Occidente, a cominciare dagli Stati Uniti, che invece sinora hanno fatto orecchie da mercanti per un paio di motivi non direttamente legati alla solidarietà umana. Il primo è che se l’Afghanistan continuerà ad essere lasciato a se stesso lo Stato Islamico, l'Isis, che già sta reclutando lì, avrà gioco forza ad allargare le sue fila quasi certamente inondando l’Occidente di attentati nei prossimi anni.

Il secondo motivo è che, pur avendo i talebani promesso di sradicare i campi di papaveri da oppio, l'Afghanistan è ancora oggi il principale fornitore di eroina al mondo e, di fronte al disastro umanitario senza precedenti, è pressoché certo che pur di non morire di fame i contadini raddoppieranno le loro produzioni. Anche per questo ieri l'ex primo ministro britannico Gordon Brown ha pubblicato una durissima analisi su The Times che in sintesi può essere così riassunta: "l'Occidente può agire ma invece dorme di fronte alla peggiore crisi umanitaria del nostro tempo".


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