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Giacomo Contri, l’amico del pensiero

Giacomo Contri, l’ottantenne traduttore di Lacan (oltre che amico di Michel De Certeau e traduttore anche di Freud), presidente della “Società Amici del Pensiero”, presidente e docente dello “Studium Cartello”, autore di un corpus immenso di scritti, è stato un grande amico e maestro a cui sia il sottoscritto che Giuseppe Frangi devono tantissimo, se n’è salito al cielo nel tardo pomeriggio

di Riccardo Bonacina

Giacomo Contri, l’ottantenne traduttore di Lacan (oltre che amico di Michel De Certeau e traduttore anche di Freud), presidente della “Società Amici del Pensiero” e responsabile del sito ad essa dedicato: www.societaamicidelpensiero.com, presidente e Docente dello “Studium Cartello”, autore di un corpus immenso di scritti, un grande amico e maestro a cui sia il sottoscritto che Giuseppe Frangi devono tantissimo se n’è salito al cielo nel tardo pomeriggio.

“Da Dio voglio che lui guadagni da me e che io guadagni da lui.”, ha scritto Giacomo Contri nel suo ultimo contributo e lectio alla sua Scuola (Società amici del pensiero Sigmunt Freud) il 7 gennaio scorso (qui il link alla lezione)

Avevamo cominciato a frequentarci con assiduità, un pranzo la settimana nel 1987, sino a convincerlo a scriverci una rubrica settimanale sul settimanale Il Sabato, lui scelse il titolo SanVoltaire, un esplicito omaggio all’illuminismo e alla cultura enciclopedica. Un titolo anche ironico nel suo richiamarsi ad uno dei numi del libero pensiero: “Dov’è finita quella libertà di pensiero che pareva sì cara? Un’antologia del pensiero libero degli ultimi decenni sarebbe magra come un cane affamato”. Come scrive in un’introduzione del 1994: “SanVoltaire una rubrica prima settimanale poi pressapoco quindicinale su Il Sabato, fino al numero in cui questo ha interrotto le pubblicazioni, il 30 ottobre 1993. Rubrica in forma sparsa, sì, secondo un ordine giornalistico risultato occasionale quando non casuale. Ma non senza che un intento enciclopedico fosse esplicitamente dichiarato fin dal primo pezzo intitolato “Dire, fare, baciare…”.

Giacomo Contri fu grato di quel nostro pressing “da giornalisti”, e resse il confronto del tempo e dei temi di cui man mano discutevamo, ogni giovedì a pranzo. Scrive sempre nell’introduzione: “Essere uomini è essere figli, si dice in queste pagine: definizione che definisce, se non l’unica, la prima legge degna di questo nome”. Ci colpì allora e ci commuove nel ricordare oggi quei pranzi, e poi quegli incontri, con quel suo parlare alla fine di pause di sostanza, il suo spiazzarci ad ogni tornante di pensiero. La sua amicizia sempre sorridente. Quello psicoanalista affermato e noto riuscì a farsi figlio di due giovani giornalisti sino a chiamarci in una dedica “i miei due angeli”. Del resto la logica della partnership e del guadagno reciproco è quella che lo guidò anche nel fondare la sua scuola.

Per chi voglia navigare tra i tanti scritti di Giacomo Contri, un vero amico del pensiero e del pensare (quanta la sua insistenza sul “Pensiero di Cristo”, diceva «il cristianesimo ha resto censurato la dimensione del suo pensiero), trova in rete la sua opera omnia tutta digitale https://www.operaomniagiacomocontri.it/

Su Vita segnaliamo tre interviste su tre temi fondamentali, l’amore, il potere e l’adolescenza. Tre lemmi, come a lui piaceva dire, che spiega distruggendo ogni possibile luogo comune

Da leggere l’intervista di Sara De Carli sull’amore dal titolo: “L’amore cercatelo nella partnership tra Cristo e la Maddalena”. Qui un passaggio “Quando c'è l'amore? Quando posso dire che la relazione che ho avuto ieri, quell'incontro, è amoroso? Quando il mio portafoglio oggi è più gonfio di ieri. Alle feste di matrimonio, la gente si chiede: si ameranno? Come si fa ad avere la risposta? Aspettiamo sei mesi. Tempo sei mesi e noi vedremo se quei due sono diventati più belli, più simpatici, più aperti, se hanno guadagnato nuovi amici, se parlano meglio tra di loro e con gli altri, se hanno affinato i loro interessi. In questa lista di cose concrete, osservabili, sta la risposta: se sono capaci di sostenersi a vicenda. E qui ritorniamo alla Maddalena. Il comportamento della Maddalena descritto nel Vangelo corrisponde perfettamente alla mia idea di lista, di vantaggi ottenuti. Perché lei porta un vantaggio a Gesù: un sostegno pubblico, politico. In quell'episodio Gesù è già in minoranza. Certo, è ancora un ospite d'onore, però è isolato, non è un amico. Arriva questa donna che si schiera palesemente e pubblicamente con lui, pur in un ambiente ostile. La scena a tinte erotiche, il profumo, i capelli sciolti, il pianto, è tutto uno schierarsi pubblicamente dalla parte di Gesù. E questo è tanto più rilevante quanto più questa donna non è una prostituta né una donnicciola: è una donna di alto rango. E lo è, altrimenti il padrone di casa l'avrebbe cacciata fuori, non l'avrebbe neanche fatta entrare. Invece lei è lì, e nessuno può farci niente, pur disapprovandola. Potrebbe essere una Susanna Agnelli o una Hillary Clinton, bisogna ragionare a questo livello. O una Madonna, la cantante: è una questione di rango, di reinventarsi, di sapersi giocare, magari anche suscitando un po' di riprovazione. Io credo che Gesù con quel «siccome ha molto amato» intendesse «ha molto amato me». Il tema del brano è l'alleanza”.

Altrettando esplosiva l’intervista di Luca Ribolini sul Potere (Da Erose a Bush, ovvero l’impotenza dei finti potenti), riflessione fatta al tempo della guerra in Iraq su cui Contri ragiona così: “A volte quando sento i politologi discorrere della potenza americana mi sembra di vedere bambini con i calzoni corti che non hanno mai smesso di giocare. Non è così, e la parabola di Bush ne è la conferma lampante. Ha scatenato la più inutile delle guerre e ora non sa come uscirne. Ha tutti mezzi a sua disposizione, eppure è paralizzato dall'impotenza. Il problema di Bush è esattamente opposto a quello che normalmente gli si attribuisce: è l'impotenza e l'irrealismo che ne deriva. Quanto aveva visto giusto il grande Benedetto XV! Aveva definito la Prima guerra mondiale «un'inutile strage». Bisogna mettere l'accento più sull'aggettivo che sul sostantivo. Quel Papa non aveva parlato di un'orribile o sanguinaria strage: in questo modo sarebbe stata una reazione solo emotiva. Da uomo ben costruito intellettualmente quale era, ha usato quel preciso aggettivo e non un altro: «inutile». Nel senso che quella guerra era alla fine a somma zero. Non avrebbe portato guadagno a nessuno neanche a chi ne fosse uscito vincitore. La storia gli ha dato ragione: il mondo, così com'è oggi, è partito tutto da quella guerra. Senza di essa non sarebbero sorti comunismo, fascismo e nazismo, e gli Stati Uniti sarebbero rimasti una potenza regionale. Davvero ci aveva visto giusto: fu un'inutile strage. Anche il mio maestro Lacan sottoscriverebbe”.

Infine, la sua contestazione sull’esistenza di un’età dell’adolescenza. L'adolescenza? Un’età che non esiste, dice, un’affermazione che scuote decenni di pensiero pedagogico di cui prò va assolutamente certo. Anni di riflessione e di pratica lo hanno portato a sistematizzare con grande chiarezza un?idea destinata a far discutere e a far pensare chi opera nel sociale.

Dice nell'intervista: “L'adolescenza è il tempo dell'attesa, è la stagione in cui ci si pone una domanda che denota noia, angoscia. In cui il domani è visto come un problema. E questo è il punto chiave, il vero dramma che tocca la nostra condizione umana, oggi. Il domani è diventato un buco da riempire, non è più un'opera da costruire, un lavoro da continuare. Non abbiamo nessuna aspettativa. L'adolescenza è la fotografia di questa condizione che non ha età, anche se gli esperti ci dicono che corrisponde a quella stagione della vita che va dai 12 ai 18 anni”.


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