Politica & Istituzioni

Quirinale, la scena stanca di una politica chiusa nel Palazzo

Dopo il primo giorno di votazioni per l’elezione del presidente della Repubblica, le trattative dentro il Palazzo hanno portato a tante schede bianche, ben 672. Marco De Ponte, segretario generale di ActionAid Italia: «I cittadini hanno voglia di politica, lo dicono, lo si percepisce. Questo malgrado i "giochini" tattici dei partiti che non hanno ancora capito che non bastano gli slogan ed equilibrismi poco comprensibili. Oggi le rappresentanze rappresentano ben poco della società e lo spettacolo che sta andando in scena in Parlamento ne è la prova plastica»

di Luca Cereda

Nel primo scrutinio per eleggere il Presidente della Repubblica, che si è concluso ieri – lunedì 24 gennaio – ci sono state 672, schede bianche, il più votato è stato il giurista Paolo Maddalena con 36 voti, seguito dall’attuale Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con 16 voti. Oggi alle 15 si riparte con la seconda votazione. In queste ore però emerge l'ombra di una politica sempre più chiusa nel Palazzo, incapace di rappresentare la società anche un un passaggio cruciale come l'elezione del Capo dello Stato. Ne abbiamo parlato con Marco De Ponte, segretario generale di Action Aid, una delle realtà sociale pià interessanti nella capacità di analisi della nostra società e nel immaginare e mettere in campo strumenti di vera partecipazione civica e politica.

Come legge il dibatitto di questi giorni, dall'ansia di affermarsi come king maker dei vai leader, allo spoglio delle schede bianche della prima votazione?
Non è solo più questione di democrazia e di rappresentanza, credo, ma di “qualità della democrazia”. Oggi la politica dovrebbe mettere al centro della propria azione la qualità reale, pratica e pragmatica del modo in cui il popolo decide le proprie sorti. Non credo che oggi in Italia ci sia disinteresse verso la democrazia, quella forse attanaglia più la classe politica: sento un crescente interesse per i temi della politica. Anche se è evidente la crisi della rappresentanza. Sento che quella crisi arrivi dalla qualità di questa rappresentazione che non trova persone responsabili nei luoghi istituzionali.

Veniamo ai "giochi" per il Quirinale: cosa ci dice, oggi, con l’elezione del Presidente sulla politica su suo stato di salute?
Politica continua a interessare i cittadini, non si spiegherebbe la – a tratti morbosa – narrazione di ogni retroscena. Certo che di fronte a questi spettacoli, quella parola, “politica”, e “democrazia” sono svilite, e parlare di politica fa paura. Da un po’ di tempo dentro ActionAid non parliamo più, genericamente, di “democrazia”, che per qualche ragione pare un termine di cui si è perso il significato profondo, ma di “qualità della democrazia”, cioè della qualità reale del modo in cui il popolo, le parti civiche e civili – compreso il Terzo settore – decidono le proprie sorti ed entrano nei percorsi decisionali. La stessa cosa dovremmo iniziare a fare per quanto riguarda la parola “politica”, la cui qualità è ciò che conta davvero.La qualità della democrazia si misura ben oltre la rappresentazione di una elezione su un nome. La mediazione tra le rappresentanze è infatti naturale e necessaria. Certamente il concetto di "potere del popolo" si invera però in tutto quello che succede oltre i momenti decisionali; piuttosto si avvera dentro i processi decisionali inclusivi. Sarebbe bello avere un o una Presidente che comprende il senso vero della parola "democrazia" a tutto tondo, compresi i suoi elmenti qualitativi.

Secondo lei la “politica della rappresentanza” dovrebbe – o addirittura deve – cambiare?
Gli ultimi anni hanno confermato alcune tendenze: la politica intesa come “gioco delle rappresentanze”, cioè delle formazioni partitiche, oggi spesso manca di contenuti, funziona sugli slogan. Sulle grida, sui social. In Italia però, e non solo in Italia, si registra tanta partecipazione civica, ci si torva in piazza per i diritti personali, sociali, per contrastare la crisi climatica e altre esperienze o posizione collettive. Interpretabili come traduzione della necessità del popolo di partecipare a ciò che lo interessa.

La rappresentanza quanto rappresenta, oggi?
Rappresenta poco. L’associazionismo civico e attivo, ovvero coloro che si occupano della “Cosa pubblica” senza però ricoprire cariche pubbliche, ha interesse ad avere ricaduta sulla qualità della democrazia. Sono esperienze che vanno considerate. La qualità della democrazia si intreccia e si rintraccia in una giustizia sociale forte, sentita e partecipata, e una mancanza di associazionismo civico, di qualità della democrazia, usurano le istanze di giustizia sociale e allargano sempre più la forbice delle disuguaglianze. I fatti legati all’elezione del prossimo Presidente della Repbblica sono la rappresentazione plastica della crisi della rappresentanza. Sopratutto perché non mi sembra di vedere qualità nella democrazia espressa in questi giorni…

La sfida, allora, qual è?
Fare in modo che questo formicolio, questo interesse, questa presa in carico di responsabilità trovi adeguata rappresentanza nei luoghi istituzionali. Gli attori civici e civili si dicono spesso “apolitici”. Perché il sentimento dell’antipolitica infetta tutto quello che è politico. Questo è il frutto avvelenato del “vento culturale” che ha soffiato nel paese dei primi anni duemila. Questi operatori, comprese parti estese del Terzo settore, devono avere il coraggio di dire di avere una missione culturalmente politica. E di entrare nei processi politici portando qualità, esperienza pratica ed esperienze vissute nella politica e rappresentanza nei percorsi democratici.


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