Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Economia & Impresa sociale 

Firma anche Giorgetti: il nuovo programma Italia Economia Sociale è pronto a partire

Dopo il disco verde del ministro dello Sviluppo Economico, per renderlo operativo ormai manca solo il passaggio in Gazzetta Ufficiale atteso nei prossimi giorni. Ecco come funzionerà e come saranno allocati i circa 200 milioni di euro di dotazione

di Redazione

Lo scorso 28 gennaio il ministro dello Sviluppo economico ha messo l'ultima firma che mancava per rendere operativa la nuova versione del programma Italia Economia Sociale. Un pacchetto di incentivi finalizzato alla nascita e alla crescita di imprese che operano per obiettivi di utilità sociale e di interesse generale.

Come scrivevamo su Vita lo scorso aprile la prima versione del programma gestito da Invitalia (decreto del Mise del 3 luglio 2015, divenuto operativo nel novembre del 2017), pur avendo intercettato e finanziato, per quasi 45 milioni di investimenti attivati (su 223 disponibili), iniziative di grande valore sia sul piano strettamente imprenditoriale sia su quello dell’impatto sociale, rischiava di finire in un vicolo cieco, anche a causa di procedure attuative da rivedere. Ora però il quadro normativo è cambiato. Il decreto istitutivo è del Ministero dello Sviluppo Economico. E lo stesso Mise ha di fatto riscritto il provvedimento. E dopo il via libera da Mef e Ministero del Lavoro nei giorni scorsi ha arrivata anche l'ultima firma che mancava, quella del ministro Giancarlo Giorgetti. Ma vediamo dunque in sintesi le novità del nuovo “Italia Economia Sociale”.

1. Ampliamento dei destinatari. Oltre alle imprese sociali sono state inserite, tra i soggetti beneficiari, le imprese culturali e creative, costituite in forma di società di persone o di capitali. Un allargamento della platea che andrebbe sostenuto con un extra budget, così come richiesto dalla cooperazione sociale e, più in generale, dal Terzo settore. È poi stata prevista la possibilità di accedere all’intervento — in aggiunta alle imprese sociali costituite in forma societaria — anche alle imprese sociali comunque costituite, iscritte nell’apposita sezione del registro delle imprese.

2. Domanda congiunta. Viene prevista la possibilità di presentare domanda di agevolazione non più solo individualmente, ma congiuntamente fra più soggetti proponenti (fino ad un massimo di sei) attraverso la sottoscrizione di un accordo di collaborazione (che può assumere varie forme: consorzio, contratto di rete, protocollo di intesa…). Ciascun co-proponente deve sostenere — nell’ambito del programma d’investimento da realizzare — spese per un importo non inferiore a 50mila euro. Nell’ottica del trasferimento di know-how, per i proponenti è stata prevista in più la possibilità di realizzare l’investimento avvalendosi della collaborazione di centri di trasferimento tecnologico, stazioni sperimentali, digital innovation hub e incubatori d’impresa. «Tale aspetto», sottolinea Vincenzo Durante, «è particolarmente significativo, potendo rappresentare un’ulteriore leva su cui agire per facilitare e sostenere i processi di innovazione tecnologica e transizione digitale delle imprese sociali e di quelle culturali».

3. Nuove agevolazioni. È previsto un incremento del fondo perduto fino ad un massimo del 20% delle spese (attualmente è al 5%). Obiettivamente un bel salto. Non solo, il riconoscimento del contributo a fondo perduto viene concesso a tutti i programmi senza soglia di spesa (ora il contributo è limitato ai progetti fino a 3 milioni di euro). L’importo minimo di spesa dei programmi d’investimento si abbasserebbe a 100mila euro (dai 200mila attualmente in vigore); invariato a 10 milioni di euro il tetto massimo dei progetti. Il contributo rimane comunque associato alla concessione di un finanziamento che copre fino all’80% del valore complessivo dell’investimento; la componente agevolata (al tasso dello 0,5% annuo) è pari al 70%, mentre il restante 30% va contrattato con gli istituti di credito, la cui platea si potrà significativamente ampliare a seguito della non più richiesta, in capo alle banche, valutazione dell’impatto socio-ambientale. Su questo versante, che nel primo varo della misura si è rivelato uno dei più delicati, potrebbe essere decisiva la collaborazione con i fondi del sistema cooperativo.

4. Programmi di investimento ammissibili. Vengono distinte due tipologie di programmi ammissibili. La prima: programmi di investimenti produttivi che prevedono la creazione di una nuova unità produttiva, l’ampliamento di un’unità esistente, la diversificazione della produzione o il cambiamento del processo produttivo già implementato. La seconda: programmi connessi all’incremento occupazionale di lavoratori con disabilità, nell’ambito dei quali possono essere finanziati i costi supplementari (connessi sia ad opere materiali sia a costi salariali) riconducibili alle nuove assunzioni.

5. Valutazioni di impatto. Con l’attuale formulazione della norma, la valutazione di impatto socio-ambientale richiesta per l’accesso ai finanziamenti viene effettuata in prima istanza dalla banca finanziatrice, esaminata anche dal soggetto gestore e verificata da un comitato tecnico di valutazione congiunta. Con la riforma viene stabilito che la valutazione socio-ambientale viene effettuata esclusivamente dal soggetto gestore in seno all’iter istruttorio. Sparisce il comitato tecnico.

6. Riserva per l’economia sociale. Per bilanciare l’inserimento delle imprese culturali, la nuova norma prevede che una quota non inferiore al 50% della dotazione finanziaria sia riservata ai programmi proposti dai soggetti operanti nell’ambito dell’economia sociale. Inoltre, delle risorse complessive una quota pari al 60% è destinata annualmente ai programmi proposti da Pmi e da reti di imprese; in tale riserva è istituita una sotto-riserva pari al 25% della stessa destinata alle micro e piccole imprese.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA