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Migranti, le nuove rotte portano in Salento

Lo scorso anno sulle coste meridionali pugliesi sono approdati quasi 3mila migranti. Il porto turistico di Leuca, insieme a quello di Otranto e a quello di Gallipoli, infatti, è uno degli attracchi scelti da Guardia di Finanza e dalla Guardia Costiera per mettere in sicurezza i natanti che giungono sulle coste carichi di persone migranti provenienti dalla Grecia o dalla Turchia. Don Lucio Ciardo, direttore della Caritas diocesana di Ugento-Santa Maria di Leuca, guida il gruppo di volontari per portare conforto, aiuto, accoglienza

di Emiliano Moccia

Don Lucio Ciardo non riesce a cancellare dalla mente quel peschereccio carica di storie ed umanità arrivato sulle coste del Salento lo scorso mese di novembre. «Su quell’imbarcazione erano stipate 222 persone di otto nazionalità diverse. E’ stato uno degli sbarchi più numerosi degli ultimi mesi. Tra i profughi c’erano 20 donne e ben 64 minorenni, tra cui i due piccoli afghani di quattro mesi, Eslan e Wahid. Erano stanchi, stremati, ma negli occhi, come per molti migranti che completano il loro viaggio, c’era lo sguardo della speranza, di chi adesso può sognare un futuro migliore». Il direttore della Caritas diocesana di Ugento-Santa Maria di Leuca è uno di quei sacerdoti di frontiera che anziché aspettare il migrante sull’uscio della porta, va incontro al suo dolore, alla sua storia. Lo ha fatto in passato e continua a farlo anche adesso, proseguendo l’eredità culturale e spirituale lasciata da don Tonino Bello, che in questa terra nacque e oggi riposa. Per questo, con un gruppo di altri volontari è sempre tra i primi ad accogliere i migranti che arrivano sulle coste pugliesi dopo essere stati intercettati dalle forze dell’ordine a bordo delle loro imbarcazioni

Il porto turistico di Leuca, insieme a quello di Otranto e a quello di Gallipoli, infatti, è uno degli attracchi nel Salento scelti da Guardia di Finanza e dalla Guardia Costiera per mettere in sicurezza i natanti che giungono sulle coste carichi di persone migranti provenienti dalla Grecia o dalla Turchia. «Lo scorso anno si sono registrati 48 approdi per un totale di quasi 3mila migranti accolti, 2.852 per la precisione, con un incremento maggiore rispetto agli anni precedenti che abbiamo come punto di riferimento. Parliamo di quasi uno sbarco a settimana» spiega don Lucio, che con il suo gruppo di volontari affianca il lavoro di Croce Rossa, 118 e forze dell’ordine. «Il nostro è un servizio diverso, perché noi abbiamo scelti di essere presenti in quei momenti per dare il benvenuto a tutte quelle persone che arrivano e per sensibilizzare le nostre comunità sul verso senso dell’accoglienza, fatto anche con la preparazione di the caldo, coperte, parole di conforto».

Arrivano da Pakistan, Iran, Afghanistan, Siria, Egitto, Somalia, Bangladesh, Sri Lanka e tanti altri Paesi. E la novità è rappresentata dalle nuove rotte di immigrazione, «molto spesso riservate a chi ha i soldi e può permettersi di pagare determinate cifre. Di solito» evidenzia il direttore della Caritas «arrivano a bordo di barche a vela, che possono passare più inosservate ed in alcuni casi sfuggono ai controlli, qualche volta arrivano su pescherecci carichi di essere umani. Salpano dalle isole della Grecia o da Istanbul, dopo aver già effettuato un primo lungo viaggio». Uomini, donne, anziani, bambini. Per dare il miglior benvenuto a queste persone, i volontari distribuiscono loro bevande calde l’inverno, fresche d’estate, biscotti, frutta fresca e cibi di veloce consumazione forniti preventivamente dal Banco delle opere di carità Puglia. «In questi anni nel porto turistico di Leuca dopo operiamo in particolare, siamo riusciti d’intesa con la Prefettura ad installare anche due bagni che prima mancavano». Piccole attenzioni che servono a chi arriva per ritrovare tracce di normalità e di attenzione.

«Abbiamo conosciuto moltissime persone provenienti dalle zone di guerra e di crisi del medio e lontano Oriente. Tante sono le storie da raccontare, che ci ricordano ogni volta che le persone non sono numeri ma esseri umani con il loro fardello di dolore, di speranze, di bisogni e di aspettative. Quando arrivano» dice don Lucio «abbiamo solo poche ore per conoscere chi sono, per farci raccontare bene la loro vita, ma in tanti ci spiegano di aver camminato per migliaia di chilometri, di aver subito efferate violenze, di aver pagato tra i 5mila ed i 9mila dollari per viaggiare sulle imbarcazioni. Qualcuno di loro ha cercato più di una volta di arrivare in Italia ma è stato preso ed ha dovuto ricominciare tutto da capo, ripagando i soldi per il viaggio». In base ai racconti che hanno ascoltato dai migranti, i siriani versano tra i 5.000 e gli 8.000 dollari, i curdi (iraniani, iracheni) sui 10.000 dollari, i persiani, gli afghani e i bengalesi sui 15.000 dollari.

«Un profugo vive meglio in Turchia che in Grecia» racconta Razan, una donna siriana. «Ho provato dieci volte a passare il confine greco, ogni volta ha pagato 1000 dollari, e sono stata respinta con violenza. Alla fine ha deciso di prendere il mare, nonostante ne fossi terrorizzata, e sono riuscita a raggiungere Leuca pagando il viaggio 5000 dollari». Ogni approdo è un misto di emozioni e sensazioni. Don Lucio lo legge negli occhi di chi scende dalle navi, di chi tocca il suolo italiano per la prima volta, consapevole che la parte pericolosa del viaggio è terminata. «Nei loro occhi vedo la speranza di potersi costruire un futuro in Italia. Quando arrivano la prima cosa che fanno è quella di telefonare ai parenti rimasti nei loro Paesi per tranquillizzarli, per dire che ce l’hanno fatta. Una volta abbiamo assistito un gruppo di persone che ci ha raccontato di aver bevuto l’acqua di mare, dopo essere state lasciate alla deriva dagli scafisti col rischio disidratazione. Una volta arrivati a terra, tutti baciavano il suolo, pregavano, ringraziavano, piangevano».

Una volta completate le operazioni di sbarco, di solito il gruppo viene trasferito con gli autobus ad Otranto o presso la Masseria Ghermi di Lecce. E’ in questi luoghi che inizia la nuova parte del loro percorso di inclusione, probabilmente difficile e complicato quasi come il viaggio. «Qui in Italia – riflette don Lucio – non sempre riusciamo a dare le giuste possibilità a questi ragazzi. Eppure, siamo un popolo che sta invecchiando, che potrebbe avere un gran bisogno di queste persone. Molti hanno competenze professionali importanti e con una buona alfabetizzazione e processi di integrazione relati, diventerebbero risorse utili per il nostro Paese». Intanto, le unità di controllo delle acque territoriali in questi ultimi anni hanno intercettato più facilmente i natanti, e questo ha ridotto i rischi evitando le “tragedie del mare” come quelle degli anni passati. Lo sanno bene don Lucio e gli altri volontari che ricordano e tengono il loro sguardo puntato sulla stele alla Madonna, eretta lo scorso anno per commemorare la morte di una giovane donna somala, ritrovata morta sugli scogli località marina l’11 gennaio 2016.

Foto di Valentina D'Amico