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Porte aperte a chi fugge, ma i bimbi disabili sono allo stremo

Dal 2018 Fondazione Don Carlo Gnocchi sostiene la “Casa della Misericordia”, un centro di accoglienza per bambini disabili nell’Ucraina occidentale, al confine con la Romania. Quindici mamme con bambini sono state evacuate in Polonia. «Mancano le medicine, la benzina, l'elettricità, il riscaldamento», dice la direttrice. Avviata una raccolta fondi per sostenere il Centro, che ha già allestito cento posti per l'accoglienza degli sfollati da altre regioni

di Sara De Carli

Senza benzina, senza luce, senza elettricità, senza riscaldamento. Con le sirene che suonano e le scorte di cibo, acqua e farmaci che iniziano a calare. «Abbiamo notizie di continui bombardamenti, anche su ospedali. La gente è disperata e fugge: qui in Casa abbiamo predisposto un centinaio di posti per accogliere sfollati che fuggono da altre zone del Paese. Anche per loro serviranno medicinali! È una situazione che sta logorando sempre più i nostri bambini e il personale che li assiste: le psicologhe e le educatrici cercano di alleviare come possono le crisi ricorrenti…». A raccogliere le parole di Tetyana Dubyna è Francesco Rosati, dell’Area Solidarietà Internazionale della Fondazione Don Carlo Gnocchi. Lei è la presidente del Centro di accoglienza per bambini disabili “Casa della Misericordia”: si trova nell’Ucraina occidentale, verso il confine con la Romania, in una zona rurale e relativamente distante dalle bombe. Ma anche qui gli allarmi antiaerei suonano, l’aeroporto più vicino è già stato distrutto. La Casa della Misericordia è sostenuta dal 2018 dalla Fondazione Don Gnocchi e accoglieva circa 90 persone tra minori con disabilità prevalentemente intellettiva, sia in forma residenziale sia in trattamento diurno, e giovani mamme fragili con bambini. È l’unica struttura nella regione per la presa in carico della disabilità in età evolutiva, ma è anche un centro di riferimento a largo spettro, in una società in cui alcolismo, violenza familiare e povertà estrema sono piuttosto diffusi. Nell’area vi è un alto numero di patologie congenite, dovute in parte ancora al disastro di Chernobyl e in parte alla diffusa sindrome feto-alcolica.

«Le comunicazioni negli ultimi due giorni sono difficilissime, ci mandiamo dei messaggi audio via whatsapp», spiega Francesco. C’è il tema della linea, certo, ma anche quello del tanto lavoro da fare. «In casa vivono comunque una situazione drammatica, i bambini hanno tanti bisogni e c’è una parte del personale che non essendoci più benzina da giorni non riesce a recarsi al lavoro». La direttrice, Tetyana, sostanzialmente sta lì notte e giorno, con il pensiero a marito e figlio. Una quindicina di donne, insieme ai loro figli, sono state evacuate in Polonia, «non al confine in prima accoglienza ma appoggiandosi a una organizzazione vicino a Varsavia che in questi giorni sta facendo un primo assessment, preliminare a trovare una soluzione di accoglienza corretta per ciascuno», spiega Rosati. Si tratta di madri sole, molte con problemi psichiatrici o di alcolismo o di salute, alcune malate oncologiche con figli piccoli. «Mamme fragili con figli che soffrono tutte le conseguenze che puoi immaginare, non è sufficiente una tenda né un privato cittadino di buona volontà che le ospiti», dice Rosati.

Alla “Casa della Misericordia” sono rimasti quindi 24 bambini e 19 adulti, più lo staff. I bambini che frequentavano il centro solo di giorno, raccolti casa per casa dal pulmino del centro, ora in molti casi, hanno smesso di frequentarlo: per le sirene e per la mancanza di benzina. Il pulmino è fermo, con un pieno che deve servire per un’eventuale evacuazione in emergenza. Fondazione don Gnocchi ha già mandato un contributo straordinario per sostenere la Casa della Misericordia e avviato una raccolta fondi dedicata. «Il contributo è stato ricevuto e lo stanno usando per tutte le necessità quotidiane, dal trattamento delle persone all’approvvigionamento di ciò che si riesce a trovare in loco. Su cibo e acqua si erano preparati e avevano delle scorte ma fin dai primissimi giorni ci hanno detto che benzina era terminata. Ora i negozi sono chiusi o senza scorte, e le farmacie lo stesso. Ci dicono che servono medicine, sia quelle che hanno ordinariamente nel dispensario sia quelle per curare emergenze e ferite legate alla guerra. Stiamo cercando di inviare questo materiale: medicine, kit igienici, pile e torce perché spesso manca l’elettricità ma anche cibo perché ovviamente le scorte si stanno consumando».

Nella “Casa” è già stata allestita un’area per l’accoglienza di un centinaio di sfollati, in arrivo dalle città bombardate. «A questa mattina non erano ancora arrivati, ma li attendono a breve. Si sono messi a disposizione».


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