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Arrivederci a Letizia Battaglia, la fotografa delle contraddizioni

La città di Palermo ha dato il suo ultimo saluto a Letizia Battaglia, una delle fotografe più amate del mondo. Due giorni di camera ardente a Palazzo delle Aquile, durante i quali si è potuto ricordare il suo grande amore per la sua città, ma anche per le contraddizioni che l'hanno fatta andare sempre oltre, sfidando tutto e tutti. Una donna che già nel suo nome e cognome portava la gioia di vivere e l'ineluttabilità del non scendere a compromessi

di Gilda Sciortino

I suoi sono ancora gli occhi dei bambini che si lanciano nelle avventure senza paracadute, ma che allo stesso tempo si chiedono il perché delle cose. Caterina giocava tranquillamente in una delle strade della Kalsa, popolare quartiere del centro storico di Palermo, e mai si sarebbe aspettata che la sua immagine avrebbe fatto il giro del mondo. Aveva 9 anni e quella donna sorridente con una macchina fotografica al collo sarebbe diventata un punto di riferimento nella sua vita. Forse anche per questo, inconsciamente, sapeva che poteva fidarsi e si mise in posa.

«Il ricordo di quei giorni non è del tutto nitido – racconta Caterina Malizia, la protagonista di una delle più famose foto di Letizia Battaglia, quella che tutti ricordano come “La bambina con il pallone” -. All’inizio ero un pò preoccupata, non sapevo chi fosse questa sconosciuta che voleva fotografarmi. Poi, però, il suo enorme sorriso mi fece rilassare e oggi sono felice di non avere detto no».

Era il 1980 e Letizia Battaglia ritroverà quella bambina solo tre anni fa, ormai donna, grazie alla trasmissione “Chi l’ha visto?”.

«Prima mi cercò per le strade del centro storico – prosegue il suo racconto Caterina, che per 18 anni ha vissuto fuori dalla sua Sicilia, ma oggi abita a Monreale, cittadina normanna a pochi chilometri da Palermo, fa la casalinga e ha due figli, uno dei quali fa il poliziotto a Milano, mentre l’altro vive in Puglia – poi decise di cercarmi attraverso la trasmissione. Caso volle che mio fratello la stesse guardando e mandò una mia foto alla redazione perché aveva capito che ero io. Ci ritrovammo davanti allo stesso portone di allora e non ci lasciammo mai più. Hai, poi, sempre fatto parte della mia vita e io della sua».

Incommensurabile la perdita di Letizia Battaglia per Caterina, così come per tutta la città. Lo hanno testimoniato le migliaia di persone che hanno voluto esserci a Palazzo delle Aquile dove, per due giorni, è stata allestita la camera ardente. Scelta dovuta in quanto è stata è stata consigliera comunale e assessore comunale al Verde Pubblico con la giunta di Leoluca Orlando, ma anche perché, essendo il Palazzo di Città la casa di tutti i palermitani, non poteva esserci luogo migliore per darle l'ultimo saluto.

«In tutte le sue foto ci sono tutti segni delle contraddizioni che lei amava – dice il primo cittadino – . Contraddizioni piene di anima che lei metteva anche nelle foto che faceva ai mafiosi. Dietro lo sguardo terribile di personaggi terribili leggeva il bisogno di andare oltre la legge. Quante volte la legge è oltre la vita? Quante volte la legge è contro i diritti? Quando lei arrivava in Giunta e portava le sue delibere io tremavo. Dicevo al segretario generale: “Oggi ci arrestano tutti”. Tutte assolutamente illegittime, tutte illecite, ma perché lei esordiva: “Sindaco, dobbiamo dare la casa a questa persona perche ne ha bisogno”. “Sindaco, dobbiamo dare i soldi a questa famiglia perché ha bisogno”. E non sentiva ragioni quando le rispondevo: “Ma la casa non c’è, i soldi non bastano”. Era un continuo litigare. In comune, però, avevamo il punto estremo dell’orizzonte, cioè il rispetto di ogni persona».

Letizia era avanti in tutto, non ci sono dubbi.

«Era oltre la mafia, ma era anche oltre l’antimafia. Letizia era per la dimensione umana della vita – aggiunge il primo cittadino – , che poi è il modo migliore per sconfiggerla la mafia. Non si fermava e non accettava che ci si fermasse davanti a quella maledetta legge che troppe volte viola i diritti delle persone. Letizia era accanto a me quando abbiamo seppellito a Palermo Joseph O’Dell, condannato a morte in Virginia; era accanto a me quando partecipammo a uno dei primi Pride. Ricordo anche quando duemila zingari organizzarono un corteo di protesta, quello che oggi si chiamerebbe flash mob, perchè non volevano che ci dimettessimo. Credo che questa città resterà viva se riuscirà a mantenere accese le contraddizioni che Letizia Battaglia tanto amava e difendeva. Quando Palermo non avrà più contraddizioni morirà. Spero a quel punto di morire prima che ciò accada. Letizia ha vissuto con amore una città piena di contraddizioni, una Palermo aristocratica e popolare, pulita e sporca, rumorosa e silenziosa, mafiosa e antimafiosa, credenti e non credenti. Pensando a Letizia dico evviva la vita».

Due giorni illuminati dai tanti occhi lucidi che hanno pescato nei ricordi, riportando alla memoria piccoli e grandi aneddoti con lei, una delle fotografe più amate del mondo, come protagonista. Presente con tutta la dolcezza, ma anche con tanta durezza, con quel suo essere irremovibile anche nelle scelte impopolari.

«Con il suo costruire e distruggere, fare e disfare – afferma commossa la figlia Shobha – ci ha insegnato la bellezza. I racconti che ho sentito in questi giorni sono bellissimi. Lei voleva una Palermo libera, piena di amore e quella di oggi è la sua rinascita, la sua Pasqua. Ora abbiamo il dovere di portarla con noi nel mondo. Mia madre ha amato tutti e tutti l'hanno amata. Letizia è stata la mia maestra, ma è stato soprattuto un privilegio essere sua figlia. Proprio nel momento di maggiore sofferenza, mi ha chiesto di fotografarla. di farle l'ultima fotografia. Le ho detto: "Mamma, non voglio, voglio ricordarti con il tuo caschetto, i tuoi occhi brillanti". E lei: "No, Shobha, noi dobbiamo raccontare la verità". Io sono felice di vivere ancora, di respirare e di averti accanto. Questa era Letizia».

Letizia Battaglia, però, non è andata via. Qualcuno direbbe "si è assentata solo per un po'". Chi vorrà sentirla ancora vicina potrà andare ai Cantieri Culturali alla Zisa, dove ha sede il Centro Internazionale di Fotografia a lei dedicato, facendo ingresso dal grande viale che porterà il suo nome. Agli artisti verrà anche chiesto di arredare i muri dei Cantieri con dei murales che non permetteranno di dimenticarla.

«Sullo stesso viale c'è un murale dedicato a Fabrizio De Andrè – conclude Leoluca Orlando -. Tra di loro ci sono molte similitudini perché entrambi erano contro il perbenismo, contro le ipocrisie e i luoghi comuni, oltre il "ma io te lo avevo detto", "ma io lo sapevo", come anche il "ma chi te l’ha fatto fare?". E poi faremo in modo che su una parete ognuno potrà scrivere quel che vuole pensando a Letizia. Sarà veramente difficile dimenticarla».

Ora c'è solo da aspettare che torni da Cosenza, dove sarà cremata. Tornerà e la si potrà ancora respirare insieme al profumo del suo amato mare, quel mare di Palermo sul quale verranno sparse le sue ceneri. Sarà come averla sempre vicina quando l'estate palermitana costringe a immergersi nelle sue acque cristalline, ma anche in inverno, quando basta fare una piccola passeggiata al Foro Italico o a Mondello per riappacificarsi col mondo, Come la fotografia di Letizia, capace di riconnetterti con la vera essenza dell'essere umano.