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Przemyśl, nella notte appare l’opera “Come with me-all refugees welcome”

Nella notte tra il 21 e il 22 aprile l’artista Laika è tornata a colpire con un nuovo blitz. L’opera dal titolo “Come with me - all refugees welcome” ritrae una donna rifugiata ucraina che fugge insieme al suo bambino dalla guerra e porta con sé una rifugiata siriana ed una bambina africana. L'opera e apparsa a Przemyśl, città polacca al confine con l’Ucraina, uno dei luoghi simbolo dell’accoglienza di un Paese che dal punto di vista umanitario presenta però enormi contraddizioni

di Redazione

Nella notte tra il 21 e il 22 aprile l’artista Laika è tornata a colpire con un nuovo blitz. L’opera dal titolo “Come with me – all refugees welcome” ritrae una donna rifugiata ucraina che fugge insieme al suo bambino dalla guerra e porta con sé una rifugiata siriana ed una bambina africana.

E’ stata affissa a Przemyśl, città polacca al confine con l’Ucraina, uno dei luoghi simbolo dell’accoglienza di un Paese che dal punto di vista umanitario presenta però enormi contraddizioni.

«L’Europa, di fronte ad una delle crisi umanitarie più importanti in termini numerici dalla Seconda Guerra Mondiale ha, in pochissimo tempo, messo in moto una macchina dell’accoglienza perfetta. Varcato il confine le perosne hanno ricevuto accoglienza, solidarietà, amore, cibo, un posto sicuro dove dormire, una nuova vita, un visto facilmente rinnovabile, giocattoli per i bambini, psicologi per i traumi provocati del conflitto», ha dichiarato l'artista.

«Per la prima volta ho visto un’Europa unita nei valori della solidarietà, dell’accoglienza. Dell’umanità. Ma è davvero tutto così perfetto? Purtroppo è difficile non riscontrare una disparità di trattamento nei confronti di altri rifugiati che scappano da altre guerre ugualmente atroci e sanguinose.

La Polonia, che accoglie più di un milione di profughi ucraini, da mesi, al confine con la Bielorussia, respinge quelli provenienti da Afghanistan, Iraq e Pakistan, costringendoli a vivere (e morire) nei boschi, in una striscia di terra larga appena 100 metri, senza alcun riparo.

È ancora più incredibile se pensiamo ai numeri dei flussi migratori dell’intera rotta balcanica e del Mediterraneo: nulla in confronto. Eppure non riusciamo ad aiutarli. Non vogliamo aiutarli. Questo fa pensare che per l’Europa esistono esseri umani di serie A e di serie B. Da settimane poi arrivano notizie di cittadini asiatici e africani che non riescono a lasciar l’Ucraina. Non scappano forse anche loro dalla stessa guerra? Due pesi e due misure, poi, anche per chi si occupa di accoglienza: se operi al confine ucraino sei un eroe, se lo fai a Ventimiglia un trafficante. Non ho affisso quest’opera per fare sterile polemica. Ogni poster affisso in zone di confine, come quello bosniaco, sono un appello. Lo rivolgo alle istituzioni europee e ai singoli governi: chi fugge da un conflitto, da miseria, disastri naturali e violazioni dei diritti umani ha lo stesso diritto di essere accolto ed inserito progressivamente nella società. Ne siamo capaci – adesso abbiamo le prove. Applichiamo un principio fondamentale. Quello dell’uguaglianza».


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