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Cooperazione & Relazioni internazionali

I profughi e la discriminazione morbida di Orbán verso i Rom

Il racconto di Enrico Puddu, operatore dell'Asce Sardegna che si è recato a Záhony (Ungheria) per portare la sua esperienza in materia di immigrazione. Il sindaco Laszlo Helmeczi ha inviato all’associazione isolana una lettera di ringraziamento per il supporto legale e informativo ricevuto dal suo operatore durante il passaggio di oltre 250mila persone in fuga dalla guerra

di Luigi Alfonso

Laszlo Helmeczi, sindaco di Záhony, cittadina dell’Ungheria nord-orientale, ha inviato una lettera di ringraziamento all’Asce Sardegna per il supporto legale e informativo che l’operatore Enrico Puddu ha fornito ai vari gruppi operativi sul territorio del piccolo Comune situato a pochi chilometri dal confine con l’Ucraina, l’unico dei cinque punti di accesso tra i due Paesi dotato di una stazione dei treni. Quasi 508mila profughi ucraini (dati Unhcr aggiornati al 25 aprile scorso) sono entrati in Ungheria dall’inizio della guerra: almeno la metà di loro è passata da Záhony, salvo poi dirigersi a Budapest o verso altre destinazioni europee.

Helmeczi è un sindaco da prima linea, in tutti i sensi. Qualcuno, in Italia, lo ha paragonato a Mimmo Lucano per il suo impegno e coraggio nell’andare avanti a dispetto di tutti, soprattutto sul fronte immigrati. Notoriamente, il premier Viktor Orbán non è molto conciliante, in particolar modo quando si parla di Rom. «Ho lavorato per alcune settimane a Záhony per accogliere i profughi che giungevano dalla confinante Ucraina», racconta Puddu. «Uno dei problemi maggiori che ho riscontrato è proprio quello legato alla popolazione Rom. La politica di Orbán, di “discriminazione morbida”, è in netto contrasto rispetto alle politiche d’accoglienza del sindaco Helmeczi, che si pone in contrapposizione cercando di dare a tutti gli stessi diritti. Ma il problema della discriminazione dei profughi di serie A e B è evidente soprattutto a Budapest e nel resto del Paese».

Un problema nel problema. Ma la missione di Enrico Puddu era dedicata al massiccio esodo di ucraini che fuggono dalla guerra. Il 34enne cagliaritano è un esperto di immigrazioni, responsabile dell’Ufficio di Segretariato sociale dell’Associazione sarda contro l’emarginazione: si tratta di un servizio di ascolto e di aiuto per le povertà estreme. Dal primo giorno, il suo compito è stato quello di supportare i volontari e la municipalità con informazioni e una consulenza sulla Protezione Temporanea Emergenza Ucraina derivata dalla Decisione esecutiva del Consiglio Ue 2022/382 del 4 marzo scorso.

«I profughi che scendono al binario 5, ogni giorno vengono accolti da una moltitudine di volontari provenienti da tanti Paesi diversi», spiega Puddu, rientrato nei giorni scorsi nell’Isola. «La maggior parte di loro viene accompagnata, a pochi passi dalla ferrovia, in una tenda che la Fondazione Cesvi Onlus ha allestito, in collaborazione con la municipalità locale e il World Central Kitchen, per accogliere le persone in transito. Lì hanno potuto riposare, consumare un pasto caldo, far giocare i bambini, ricevere informazioni e usufruire di una connessione wi-fi, delle stazioni di ricarica per i cellulari e rifornirsi di schede sim che consentono di mettersi in contatto con i propri cari. All’interno della tenda Cesvi, oltre alle donne volontarie del paese che sono le vere tuttofare del centro, si adoperano numerosi volontari, interpreti e anche tre giovani venuti dall’Inghilterra con un autobus carico di peluche e giochi per i bambini».

Oltre al materiale informativo tradotto in quattro lingue (italiano, inglese, ucraino e russo), portato dalla Sardegna, Puddu ha fornito informazioni riguardanti l’ingresso, il transito e la permanenza in Ungheria, non solo nella tenda Cesvi ma anche all’Accomodation Center, in Comune o all’interno della stazione ferroviaria.

«Záhony – sottolinea l’operatore – si è vista catapultata in pochissimo tempo in una crisi complessa, ma la gestione di tutti i problemi dovuti all’emergenza profughi e la questione Rom è stata trattata in maniera sempre attenta e senza forzature. Il sindaco e il Consiglio comunale di questa piccola cittadina, appartenenti ad una lista indipendente e che si discosta dalle politiche del governo centrale di Orbán, sono stati lasciati soli dall’inizio dell’emergenza senza aver ricevuto nessun aiuto da Budapest. Nonostante tutto, sono riusciti ad affrontare la complessità della situazione in maniera più che ottimale, rendendo il sindaco Laszlo Helmeczi un esempio nella gestione di crisi di questa portata sia dal punto di vista politico che umano».


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