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Welfare & Lavoro

L’integrazione attraverso il lavoro, le storie di Lamarana e Burbuque

Lamarana e Burbuque hanno aderito al progetto I-AM che costruisce percorsi di inclusione e autonomia rigenerando le economie locali attraverso il lavoro dei migranti. Esempi di quanto il lavoro sociale oggi giochi un ruolo cruciale.

di Luca Cereda

Lavoro e cittadinanza. È questo il connubio che unisce la storia di Lamarana, che ha 26 anni e viene dalla Guinea e ha fatto parte del progetto comunitario “I-Am – Integrazione, Autonomia, Mobilità”, finanziato dai fondi del Fami, alla città lombarda di Brescia.

Erano tante le aspettative appena arrivato in Italia, e intenso è stato il percorso che lo ha portato oggi a sentirsi cittadino attivo e parte di una comunità in cui è riuscito a costruire un equilibrio tra ricevere e restituire. Una comunità che crede nelle sue capacità, che lo accompagna a ritrovare una dignità a volte messa in ombra, “schiacciata” tra la paura del futuro e l’incubo di non avere più una terra a cui “affidare” la parola CASA. «Sono arrivato in Italia – racconta Lamarana – senza un progetto di vita, senza una speranza sul futuro. Grazie al progetto Fami- I am ho riacceso il desiderio di rimettere al centro la mia vita, la mia persona». Prima la meta è la Toscana, dove a Siena viene inserito in un progetto di accoglienza poi decide di spostarsi in Lombardia, a Milano dove viene accolto da Welcome Refugee , qui entra in contatto con gli operatori del progetto dello sportello di Brescia.

Lamarana inizia per lui un percorso di vita nuovo, dal sapore di riscatto e speranza. Gli operatori infatti disegnano per lui un progetto di vita i cui assi sono: formazione, lavoro e connessione con il territorio. Dalla costruzione di un cv a come presentarsi ai colloqui, tutto diventa stimolo, tutto diventa rinascita. Riesce a prendersi il patentino per guidare il muletto e anche la patente C. Trova uno stage in una fabbrica locale che adesso si è trasformato in un vero e proprio contratto di lavoro.

Cambiamento è dunque la parola, il “dono” che custodisce con cura dal territorio bresciano, lavoro e quindi energia, quindi movimento, quindi capacità di contribuire allo sviluppo del territorio è la parola che “restituisce” alla comunità. «Lavoro, pago le tasse – aggiunge Lamarana – mi sento davvero cittadino bresciano anche se parlo il dialetto».

Una cittadinanza che Lamarana ha imparato a conoscere, custodire, sentirsi parte che si declina anche in forme di associazionismo. Da qualche mese infatti fa parte infatti di un’associazione volontariato in cui organizza eventi culturali.. per restituire al territorio bellezza, per creare connessioni nuove perché dal lavoro si rinasce.

Ha 42 anni invece Burbuque “KLE” quando lascia l’Albania perché le uniche parole che si sentiva dire erano: «Se hai un figlio con disabilità uccidilo, è solo un peso». Parole drammatiche, che hanno costretto tutta la famiglia prima a separarsi, il marito e altri due figli per cercare un luogo dove la disabilità non è qualcosa da “schiacciare” ma da prendere in carico.

Dopo aver fatto richiesta d’asilo entra con gli operatori di Brescia del progetto Fami I am, che subito accendono in lei una speranza di cambiamento, di vita possibile. Gli operatori la seguono, infatti, a mettere in pratica tutte le procedure per il ricongiungimento con il marito che nel frattempo è rimasto in Albania, tornava soltanto per alcuni brevi periodi attraverso un visto turistico.

Qualche tempo fa i primi segnali di un progetto di vita che si costruisce proprio attorno alle persone: il marito arriva in Italia e trova un lavoro. Con Fabio, il figlio con disabilità, gli operatori del progetto Fami costruiscono un nuovo percorso: riconnettono la famiglia ai servizi sociali, mostrano un altro lato “della disabilità”, quella da vivere e non schiacciare, quella in cui prendersene cura significa riportare al centro la Persona. Fabio frequenta infatti una struttura di mattina in cui svolge attività a lui dedicate, è seguito da un gruppo di professionisti che lo accompagnano a mettere alla luce le sue abilità e non disabilità.

La scorsa estate insieme alla famiglia scopre la bellezza di stare in acqua, sente il suo corpo, lo vive, lo respira. Da quel momento la mamma Burbuque cerca una struttura, una piscina, dove specie nei mesi estivi Fabio può riconnettersi con se stesso, vivere i suoi momenti di svago. Tutto il percorso è sostenuto con i contributi del progetto Fami.

Da caregiver a persona, Burbuque in Italia e grazie alle opportunità che un percorso di accompagnamento e cura le hanno mostrato, si sta riscoprendo persona. Ha voglia di fare e oltre al desiderio di donare il bene più prezioso, come il sangue, vuole restituire alla comunità di Brescia, ciò che la comunità di Brescia le ha dato: un tempo di normalità. Gli operatori la stanno accompagnando, infatti, all’orientamento, alla formazione, a capire quale potrebbe essere il suo percorso di lavoro per rimettere al centro il valore della cittadinanza come leva per sentirsi parte di qualcosa, di una comunità che non “schiaccia” ma alimenta.

La copertina di maggio di Vita sarà dedicata al lavoro, con il titolo "Lavoro sociale, lavoro da cambiare". In distribuzione dal 6 maggio


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