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Smartphone e social, l’esigenza di disintossicarsi

Un convegno a Milano, dove i veri protagonisti sono stati i ragazzi (che hanno stilato un decalogo di comportamento), e l'iniziativa di tre giovani sardi che propongono esperienze con il cellulare custodito in una cassetta di sicurezza. Si moltiplicano le iniziative, incluse quelle nell'ambito del welfare aziendale

di Luigi Alfonso

Gestire meglio il tempo da trascorrere sui social, disconnettersi per potersi connettere con la realtà, non usare lo smartphone poco prima di andare a letto. Sembrerà strano, ma sono i ragazzi ad indicare poche e semplici regole ai loro coetanei per evitare di essere travolti dalle insidie reali che si nascondono nella connessione continua con il mondo virtuale. Il decalogo è stato messo a punto al termine di una tavola rotonda cui hanno preso parte studenti delle scuole superiori e universitari, esperti, docenti e ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca e rappresentanti delle istituzioni locali. Questo momento di interessante e proficuo confronto ha chiuso i lavori del convegno “Il benessere digitale tra gli adolescenti: dalla teoria alle buone pratiche”, organizzato dall’Ateneo milanese in collaborazione con l’associazione Psyché Onlus, in vista della Giornata internazionale del digital wellness che si è tenuta alcune settimane fa.

L’argomento non è nuovo, se ne discute da tempo, ma sono in pochi a porvi rimedio in maniera concreta. Il tema del benessere digitale è fatto più di pratica che di teoria, e spetta soprattutto ai ragazzi (ma non solo) compiere il passo decisivo. Gli studenti dell’Istituto professionale di Stato “Cavalieri” di Milano ci hanno tentato, partecipando ad alcune esperienze di disconnessione che hanno aperto un’ampia discussione con i loro pari età. I colleghi dell’Istituto Europeo di Design di Milano, invece, con molta creatività hanno realizzato dieci spot sul corretto uso della rete.

Sono emersi tutti gli aspetti problematici tipici dell’ultimo decennio, come la gestione del tempo e dell’attenzione, l’alterazione del ciclo sonno-veglia e la limitazione dei contenuti tra cui scegliere dovuta all’invadenza degli algoritmi. Si è partiti da qui per definire le indicazioni pratiche per i ragazzi. Ne citiamo due, a titolo esplicativo: utilizzare soltanto i motori di ricerca che non registrano i dati di navigazione, in modo da evitare che gli algoritmi offrano suggerimenti uniformati sulla base dei gusti dell’utente. Essere se stessi, senza inseguire quanto proposto da profili irrealistici, e dare priorità all’osservazione del mondo che ci circonda per fare nuove esperienze e socializzare con più facilità.

Il decalogo non contiene divieti, semmai dei suggerimenti ragionati, tuttavia c’è un “no” deciso al multitasking che ormai ha abituato la maggior parte degli utenti (anche i meno giovani) a passare rapidamente da un’attività all’altra, facendo assumere un comportamento che diviene un’abitudine anche nella vita quotidiana. C’è poi un punto riservato esclusivamente ai genitori, che sono invitati ad avere un atteggiamento dialogante con i figli per scoprire con loro le potenzialità della rete e, nel contempo, guidarli ad un uso prudente delle sue risorse. Il dramma è che, spesso, sono i genitori per primi a dover essere educati al buon uso di cellulari e social.

«Il convegno – commenta Chiara Ripamonti, ricercatrice di Psicologia clinica dell’Università di Milano-Bicocca – è stato un bell’esempio di come sia possibile creare un confronto proficuo tra realtà apparentemente distanti come quelle dell’università, del mondo non profit e della scuola. Abbiamo ascoltato la voce di psicologi, psicoterapeuti, sociologi, ingegneri, insegnanti, ma il contributo più efficace è stato quello degli studenti della scuola superiore che hanno raccontato le loro esperienze di disconnessione. A Milano hanno dovuto orientarsi nello spazio senza l’uso di Google Map e raccogliere informazioni su un quartiere, intervistando le persone per strada. Inoltre, si sono disconnessi per 20 ore consecutive in un rifugio montano sopra Bergamo (tutte esperienze curate dall’associazione Psyché, ndr). Al convegno ci hanno trasmesso il loro entusiasmo e la sorpresa nell’avere scoperto che senza il telefonino ci si può ugualmente divertire, si possono fare nuove conoscenze e, soprattutto, si può stare bene insieme».

In Italia, ormai, sono numerose le iniziative che vanno verso questa direzione. E c’è chi ne ha tratto spunto per avviare un’attività d’impresa, come tre giovani sardi: i fratelli Gavino e Giuliano Puggioni, rispettivamente di 29 e 30 anni, e il loro socio Davide Dal Maso, 26 anni. Da due anni propongono una sorta di terapia d’urto che consente a giovani e adulti di disintossicarsi. Hanno costituito una società, la Logout livenow, che è il primo tour operator digital detox d’Europa. Le tipologie di attività al momento sono tre: un’esperienza giornaliera, utile per avvicinarsi in maniera graduale al digital detox e allo stesso tempo provarne i benefici; il retreat, perfetto per chi vuole davvero liberarsi dalla tecnologia, vivere un’esperienza unica, rilassarsi e acquisire nuove abitudini digitali; infine il team building, ideale per il welfare aziendale e la costruzione di un gruppo di lavoro: consente di staccare la spina e guadagnare benessere, tempo e produttività. I pacchetti sono mediamente per 10-15 persone. L’età media oscilla tra i 25 e i 45 anni. Passeggiate in mezzo al verde, gite in canoa, tour in barca, ma anche attività manuali. Ce n’è per tutti i gusti.

«In tutte queste esperienze – spiega Gavino, coach di benessere digitale, che si è laureato in Economia del Turismo proprio alla Bicocca – si comincia con la regola base: si rinchiudono in una valigetta blindata tutti gli smartphone e i dispositivi tecnologici. I legittimi proprietari li rivedono solamente al termine dell’esperienza per cui hanno pagato. A quel punto ogni partecipante si riconnette con sé stesso e con la natura che lo circonda. Per moltissimi è un’esperienza del tutto nuova. Le attività possono essere le più disparate, in Sardegna abbiamo soltanto l’imbarazzo della scelta: mare, laghi, torrenti, boschi, sentieri inerpicati tra i monti. Non facciamo miracoli ma aiutiamo i partecipanti a capire che c’è uno stile di vita molto differente: ve lo dice uno che ha vissuto un’esperienza traumatica ma salvifica, nel 2018. Ero in viaggio a Cuba, da solo. Mi hanno sfilato dalla tasca il portafoglio e sono rimasto senza contanti, senza carta di credito e sprovvisto di credito telefonico. All’inizio sono stato sopraffatto dal panico, poi ho cercato di ragionare e ho capito che mi restava soltanto una cosa da fare: parlare con le persone del luogo e interagire con loro, senza dover fare affidamento con internet e le app. Come d’incanto, ho iniziato ad assaporare più intensamente ciò che avevo attorno a me. Mio fratello Giuliano mi ha riattivato la carta di credito soltanto una settimana più tardi: finalmente avevo la disponibilità di soldi e potevo utilizzare lo smartphone. Però non l’ho fatto: nel frattempo mi si era aperto un mondo che mi piaceva molto. Non a caso, al rientro dal viaggio, ne ho parlato con Giuliano. Poi si è aggiunto Davide. Ho fatto una ricerca di mercato: in America il digital detox era già una realtà, in Europa no, salvo pochi pionieri. In Italia il terreno era assolutamente vergine. Così è nata “Logout livenow”».


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