Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Cooperazione & Relazioni internazionali

Così la Libia si è presa il Mediterraneo centrale

I due pescherecci Salvatore Mercurio e Luigi Primo attaccati da una motovedetta libica hanno fatto rientro nel porto di Aci Trezza, in provincia di Catania. Nel Mediterraneo centrale Mediterranea e Sea Watch hanno soccorso in totale quasi 450 persone. Sono invece oltre 700 i migranti riportati nei centri di detenzione dalla guardia costiera libica in una settimana

di Alessandro Puglia

Pescatori siciliani mitragliati dai libici, imbarcazioni a rischio naufragio e sempre più migranti che vengono intercettati in mare dalla guardia costiera libica per essere riportati nel paese dichiarato non sicuro dalle maggiori organizzazioni internazionali. È quanto sta avvenendo nel Mediterraneo centrale dove solo attraverso le testimonianze dei pescatori e delle Ong presenti sulla scena è possibile, anche se solo parzialmente, documentare.

Ieri nel porto siciliano di Aci Trezza, luogo de I Malavoglia di Giovanni Verga, hanno fatto rientro i due pescherecci Salvatore Mercurio e Luigi Primo che la notte di giovedì 2 giugno sono stati attaccati da una motovedetta libica in acque internazionali: “Si sono avvicinati a fari spenti e hanno tentato di speronarci da più lati, poi hanno cominciato a sparare ad altezza d’uomo, la Marina Militare ci ha assistito via radio dicendoci di non fare salire i militari libici a bordo, siamo scappati fino a quando non è intervenuta la fregata Grecale. Se non fosse stato per l’intervento dei nostri militari non so come sarebbe andata a finire”, è il racconto di Mario Suaria, il comandante del peschereccio Salvatore Mercurio. Il fratello, Pietro è invece al comando del Luigi Primo.

Mentre i pescherecci rientravano nel porto Catanese, la Mare Jonio di Mediterranea e la SeaWatch hanno continuato a soccorrere imbarcazioni in pericolo. La nave della Ong italiana ha a bordo 92 persone salvate in due distinte operazioni di salvataggio. Durante il primo dei soccorsi da parte della Mare Jonio è intervenuta sulla scena la motovedetta in dotazione alla guardia costiera libica 654, un tempo appartenente alla Guardia di Finanza, e dal 2018 ribattezzata con il nome della città libica Sabratha. “Abbiamo evitato di far tornare queste persone nei lager, a bordo tra i naufraghi c’è un ragazzo pieno di fratture mai curate a seguito delle torture subite nei centri di detenzione”, spiega Beppe Caccia, fondatore e coordinatore di Mediterranea.

Nonostante l’intervento di Mediterranea, stando agli ultimi dati diffusi dall’Organizzazione mondiale per le migrazioni sono 675 i migranti intercettati e riportati in Libia dal 29 maggio al 4 giugno dalla guardia costiera libica, 7742 dall’inizio dell’anno. Nel 2021 furono in totale oltre 32 mila. A riportare migliaia di uomini, donne e bambini in quello che il diritto internazionale definisce “luogo non sicuro” sono le stesse motovedette grigie da cui ogni tanto parte qualche raffica di mitra nei confronti dei pescherecci siciliani.

“La nave da cui sono partiti i colpi era grigia, una di quelle donate dall’Italia. A prua c’era un uomo in pantaloncini hawaiani che sparava verso di noi con il kalashnikov. Sembrava in vacanza. Noi gli regaliamo le navi e loro ci sparano”, raccontano amareggiati i due fratelli Pietro e Mario Sauria da Aci Trezza. La loro è una famiglia di pescatori da ormai quattro generazioni. Il bisnonno Pietro e il nonno Enzo avevano venduto due case per poter acquistare il loro primo peschereccio. Oggi oltre alla crisi che si abbatte sul settore pesca devono anche affrontare quella che sembra essere diventata una presenza indisturbata di motovedette appartenenti a milizie libiche nel Mediterraneo centrale. Dai tracciati nautici si vede chiaramente come i due pescherecci siciliani si trovassero la notte di giovedì ben al di là delle acque territoriali libiche: “A 14 miglia dalla chiusura delle loro acque”, aggiunge Mario Suaria mentre mostra il tracciato dal Gps di bordo.

I pescatori siciliani si dicono pronti protestare e chiedono più sicurezza durante le loro battute di pesca: “Sciopereremo anche per il costo del gasolio che è arrivato a 1,20 euro, il doppio rispetto a qualche anno fa”, spiega Fabio Micalizzi, presidente della Federazione Armatori Siciliani che davanti alla crisi del settore pesca chiede anche di poter far lavorare nei pescherecci i migranti che arrivano in Sicilia: “Molti sono abili pescatori, lo Stato dovrebbe supportarci perché queste persone non sono numeri, ma rappresentano risorse per il nostro paese”, aggiunge Micalizzi.

Tra le persone soccorse nel Mediterraneo ci sono anche i 356 naufraghi soccorsi da Sea Watch 3 che continua ad operare in zona Sar in attesa di un porto sicuro di sbarco. A raggiungere sulla scena saranno nei prossimi giorni anche la Aita Mari di Salvamento Humanitario e la Sea Eye 4. È stata invece soccorsa dalla guardia costiera italiana l’imbarcazione che stava andando a fuoco a largo della Tunisia. Continua invece la pressione su Lampedusa dove non si fermano in questi giorni gli arrivi autonomi di imbarcazioni di migranti. Al momento secondo le informazioni ottenute da Vita dentro l’hotspot di Contrada Imbriacola ci sarebbero quasi 700 persone a fronte di una capienza di 150 posti.

“Purtroppo ci sono tutte le premesse per assistere a un’estate di naufragi con morti in mare. Anziché stringere alleanze con milizie libiche, il governo italiano e l’Europa dovrebbero impegnarsi per ridefinire il soccorso in mare nel Mediterraneo”, spiega Beppe Caccia.

Dal piccolo paese di Trezza come lo chiamava Verga alle coste libiche il nostro mare appare oggi sempre più inaccessibile.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA