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Cooperazione & Relazioni internazionali

Amazzonia, trovati legati a un albero i corpi di Dom e Bruno

Dom Phillips, storico collaboratore dal Brasile di The Guardian, era in una delle zone più remote dell’Amazzonia al confine con il Perù, nella Valle del Javarí. Era desaparecido lo scorso 5 giugno insieme all'indigenista Bruno Pereira e, da allora, non si avevano più loro notizie. Stamane all'alba il ritrovamento dei loro poveri corpi. Dalle ultime rivelazioni, rilasciate da un testimone che faceva parte del gruppo di 13 indigeni che li accompagnava, purtroppo si sapeva che qualcosa di grave gli era successo. Avevano forse visto troppo e responsabile della duplice scomparsa pare sia la criminalità transnazionale dedita al traffico degli stupefacenti.

di Paolo Manzo

Sono stati trovati poco fa legati ad un albero i corpi del giornalista britannico Dom Phillips e dell'indigenista Bruno Pereira che erano stati visti l'ultima volta il 5 giugno scorso. La famiglia di Dom Phillips è stata informata della scoperta dall'ambasciatore brasiliano nel Regno Unito stamane. Paul Sherwood, il cognato di Phillips, Sian, ha detto a The Guardian: “Non ci ha descritto il luogo, ha solo detto che era nella foresta pluviale e ha detto che erano legati a un albero e non erano stati ancora identificati. Ha aggiunto che quando ci sarebbe stata luce (il ritrovamento è avvenuto la notte) avrebbero provveduto all’identificazione".

Il giornalista brasiliano André Trigueiro ha twittato poco fa che la moglie di Dom lo aveva già informato della scoperta dei loro corpi. La polizia brasiliana è convinta che uno degli omicidi sia alias “Pelado”, arrestato qualche giorno fa perché riconosciuto da due membri della guardia indigena che accompagnava Dom e Bruno.

Dom Phillips, bravissimo ed esperto giornalista inglese che da 15 anni viveva in Brasile, era desaparecido in una delle più remote e pericolose zone dell'Amazzonia dall'alba di domenica 5 giugno. Dom stava viaggiando con l'indigenista Bruno Pereira attraverso la regione della Vale do Javari, ad Atalaia do Norte, nello stato di Amazonas, al confine con il Perù e non distante dalla Colombia, una zona dove operano trafficanti di droga peruviani e colombiani.

Dom, 57 anni e che collaborava con The Guardian, era andato lì per completare un libro sulla foresta pluviale amazzonica, un progetto sostenuto dalla Fondazione Alicia Patterson. "Voglio implorare le autorità brasiliane di cercare con urgenza mio marito, Dom Phillips, e il suo compagno di spedizione, Bruno Pereira. Da quando faccio questo appello, sono scomparsi da oltre 30 ore nella Vale do Javari, una delle regioni più conflittuali dell’Amazzonia”, aveva scritto sui social lunedì scorso Alessandra Sampaio, la moglie di Dom. Aggiungendo che "nella foresta ogni secondo conta, ogni secondo può essere vita o morte. Sappiamo che dopo il tramonto diventa molto difficile spostarsi, quasi impossibile trovare persone scomparse. Una mattina persa è un giorno perso, un giorno perso è una notte persa. Posso solo pregare che Dom e Bruno stiano bene, da qualche parte, bloccati per qualche motivo meccanico, e tutto diventi solo un'altra storia da raccontare in una vita piena di storie". L’obiettivo di Alessandra era invitare le autorità brasiliane di darsi una mossa nelle ricerche, iniziate solo un giorno dopo la scomparsa. Una colpa grave visto che con il passare del tempo, diminuiscono le chance di trovare vivi i due. Anche perché, come spiega bene una fonte indigena intervistata da Amazônia Real, Dom e Bruno potevano essere stati vittime di un’imboscata da parte di un gruppo di narcos, che opera nella regione.

Il testimone faceva parte di una squadra di 13 guardie indigene che accompagnava i due che, però, intorno alle 4 del mattino di domenica scorsa, sono andati a parlare da soli con un leader locale noto come “Churrasco”, presidente della comunità di São Rafael. Gli indigeni, secondo la fonte, avevano messo in guardia Bruno e Dom sui rischi di andare da soli lungo il fiume Itacoaí, all’alba. Anche perché, un paio di giorni prima, la spedizione dei 13 indigeni che accompagnavano Dom e Bruno aveva incrociato un altro gruppo di pescatori armati su una barca con un motore da 60 cavalli, considerato troppo grande per la navigazione in corsi d'acqua stretti, con molte insenature. Questi sconosciuti avevano insistito nel mostrare che erano armati per intimidirli mentre Dom riusciva a fotografarli, un gesto che a posteriori potrebbe essergli stato fatale. Preoccupati per la situazione, gli indigeni avevano chiesto a Bruno, che sino a qualche tempo fa guidava il Coordinamento regionale della Vale do Javari ed era il coordinatore generale degli "Indios isolati e contattati di recente" del Funai, di non procedere senza sicurezza. Al che lui rispose. "No, andrò da solo, la mattina presto, per coglierli di sorpresa'”.

Secondo l’indio sentito da Amazônia Real, Bruno e Dom sono stati ricevuti a São Rafael solo dalla moglie di “Churrasco”, che ha offerto loro “un sorso di caffè e una pagnotta”. Successivamente, avevano continuato il loro viaggio su una barca della Funai con un motore da 40 cavalli mentre, a São Rafael, ci sarebbe una barca da 60 cavalli fornita dai trafficanti di droga ai locali che collaborano con loro. Con un motore di quella potenza, sarebbe stato molto facile raggiungere la barca del giornalista e dell'indigenista dall'altra parte del fiume. Il sospetto, secondo la fonte, era che “uno spacciatore abbia mandato lì la barca da 60 cavalli proprio in attesa dell'arrivo di Bruno, perché c'è di sicuro un informatore ad Atalaia do Norte che aveva avvertito dell’arrivo dei due nella regione”.

Subito dopo la notizia della scomparsa di Dom e Bruno, domenica 5 giugno, il gruppo di 13 indigeni ha iniziato le ricerche, partendo dall'ultimo villaggio che avevano visitato, São Rafael, e ”battendo tutte le coste, cercando qualsiasi indizio", fino a raggiungere il porto di Atalaia. La fonte sin dall'inizio riteneva che i due non fossero sopravvissuti e temeva che i responsabili siano "quelle persone incontrate due giorni prima, quei pescatori armati, non è la prima volta che lo fanno…”. Nelle sue ricerche, il gruppo degli indios aveva anche individuato un possibile luogo in cui potrebbe aver avuto luogo l'imboscata. È stata infatti trovata un'area in cui sono stati rimossi volumi di argilla da una parte dell’igapó, come è consuetudine dei locali per "fare un'ancora" in mezzo al fiume.

Secondo la fonte intervistata da Amazônia Real che ha parlato in condizione di anonimato perché teme per la sua vita (anche lui ha ricevuto minacce di morte) ci sono abitanti delle rive del fiume che lavorano per i narcos e che operano in questa regione conflittuale intorno alla Vale do Javari. “Ci sono almeno quattro persone che lavorano tutte con i narcos. Pescano per dare da mangiare a chi traffica droga. Sono molto pericolosi e saccheggiano sovente la nostra riserva indigena”. Il timore era che, dunque, Dom e Bruno fossero stati attaccati proprio dai narcos pescatori, come sospettavano anche gli inquirenti dopo i primi interrogatori.

Il ritrovamento, stamane all'alba, dei corpi di Dom e Bruno, purtroppo, conferma la tragica previsione degli indios che li accompagnavano.


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