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Giovani e depressione in un corto al Giffoni Film Festival

Il cortometraggio “Mi vedete?”è stato realizzato in collaborazione con Giffoni Innovation Hub per il progetto AdoleScienze. Tra gli obiettivi quello di favorire il confronto sul tema della depressione giovanile la cui incidenza è raddoppiata con i lockdown durante la pandemia di Covid-19. Scritto da Manlio Castagna e diretto da Alessandro Riccardi ha il patrocinio di Cittadinanzattiva, Progetto Itaca Onlus, Laboratorio Adolescenza e Sip - Società Italiana di Psichiatria

di Redazione

A Giffoni Next Generation, rassegna di Giffoni Innovation Hub, è stato presentato sabato 23 luglio, un cortometraggio che ha l’obiettivo di favorire il confronto sul tema della depressione nei giovani, la cui incidenza è raddoppiata rispetto a prima della pandemia da Covid-19, assumendo le caratteristiche di una vera e propria urgenza sociale. “Mi Vedete?” questo il titolo del corto che racconta la vita di un’adolescente e della sua esperienza con la depressione. Scritto dallo sceneggiatore Manlio Castagna e diretto dal regista Alessandro Riccardi, “Mi Vedete?” è stato realizzato da Giffoni Innovation Hub, da un’idea di Lundbeck Italia in collaborazione con Havas Life, e il patrocinio di Cittadinanzattiva, Progetto Itaca Onlus, Laboratorio Adolescenza e Sip (Società Italiana di Psichiatria). Alla proiezione hanno assistito circa 220 giovani.

Il cortometraggio è parte del progetto adoleScienze, un’iniziativa di Lundbeck Italia che nasce dalla necessità di sensibilizzare, informare e creare consapevolezza sulle malattie mentali in età adolescenziale, con l’obiettivo di superare lo stigma che vi ruota ancora oggi intorno. Attraverso il linguaggio moderno ed immediato offerto dal cortometraggio, Lundbeck Italia – insieme ad Havas Life – si fa portavoce del bisogno di parlare di questo tema in maniera semplice e diretta con – e ai giovani, alle loro famiglie e alle istituzioni. Inoltre, il corto “Mi vedete?” si inserisce perfettamente nel tema del #Giffoni2022 degli “invisibili”, portando alla luce il forte disagio che molti giovani vivono, senza essere “visti” e restando nell’ombra.

Dafne, la protagonista del cortometraggio, è una ragazza di 16 anni affetta da depressione, che – spiega una nota – esprime il suo malessere attraverso l’isolamento sociale, l’irrequietezza ed anche tramite gesti di autolesionismo, un comportamento purtroppo sempre più frequente tra i giovani. La depressione, così ingombrante, intrusiva ed invadente nella vita della ragazza, arriva ad assumere le sembianze di una vera e propria presenza fisica: un’ombra. Un’ombra che accompagna Dafne costantemente in ogni sua attività quotidiana, restando però invisibile agli occhi dei genitori che, pur premurosi ed attenti, non riescono a “vederla” perché impreparati e spaventati di fronte a ciò che semplicemente non conoscono. L’ombra crea in Dafne irritabilità, senso di inadeguatezza, oppressione e paura del futuro, fino a spingerla a compiere un gesto estremo: il tentato suicidio. La protagonista, con il supporto di figure esperte che aiuteranno anche i genitori a “vedere” e riconoscere la malattia della figlia, riuscirà progressivamente a prendere le distanze dall’ombra della depressione intraprendendo un percorso di cura verso la guarigione, perché la depressione è una malattia che, in quanto tale e al pari di altre patologie, può essere curata e superata.


A supportare la realizzazione del cortometraggio un Board Scientifico di clinici esperti che hanno contribuito alla creazione della storia per assicurare che fosse quanto più possibile sovrapponibile alla realtà e hanno inoltre curato, insieme al regista e allo sceneggiatore, i dialoghi al fine di facilitare il coinvolgimento del giovane pubblico cui il cortometraggio si rivolge. Nel board scientifico: Sergio De Filippis, direttore sanitario e scientifico clinica neuropsichiatrica Villa Von Siebenthal, docente Psichiatria delle Dipendenze; Giovanni Martinotti, professore associato, Dipartimento di Neuroscienze, Imaging e Scienze Cliniche, Università “G. D’Annunzio”, Chieti-Pescara; Gabriele Sani, professore ordinario di Psichiatria Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Psichiatria, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma e direttore Uoc di Psichiatria Fondazione Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” Irccs; Stefano Vicari, professore ordinario di Neuropsichiatria Infantile, Dipartimento di Scienze della Vita e Sanità Pubblica, Università Cattolica, Roma e responsabile Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, Irccs Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.

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«Il timore dei ragazzi è il confronto con i genitori e domina su tutto la paura del giudizio. Ma l’aspetto positivo che abbiamo voluto sottolineare attraverso la storia di Dafne, nel cortometraggio, è l’evoluzione, la consapevolezza, il poter arrivare a dire “io mi sono curata, io ce l’ho fatta”», dichiara il Prof. Sergio De Filippis. «Non c’è da avere paura di mostrare le proprie fragilità perché, se aiutati ad affrontarle e a superarle, potrebbero trasformarsi nella nostra forza. Bisogna destigmatizzare la salute mentale e per farlo è necessario parlare ai ragazzi, spiegando loro che la depressione non è un concetto brutto. La depressione è una patologia come tutte le altre, che può essere curata e sconfitta, come fa Dafne nel cortometraggio». Un concetto, quello della normalizzazione della salute mentale, che evidenzia anche il Prof. Giovanni Martinotti: «Dobbiamo trasmettere agli adolescenti il concetto che non c’è niente di male nella depressione. È un disturbo che si può affrontare, iniziando ad esserne consapevoli e non incolpandosi. Il messaggio che vogliamo trasmettere ai giovani, alle famiglie e ai professionisti sanitari, con questo breve film, è che è importante informarsi su questi disturbi per non far sentire nessuno diverso o escluso».

Nel corso dei lockdown, dovuti alla pandemia Covid-19, i sintomi di depressione e ansia sono raddoppiati rispetto alle stime prepandemiche: 1 giovane su 4 (il 25,2%) e 1 su 5 (il 20,5%), a livello globale, sta sperimentando rispettivamente sintomi depressivi e ansiogeni. In Italia, durante la pandemia, il 16,1% dei pazienti psichiatrici ha tentato il suicidio – ricorda ancora una nota -, mentre l'ideazione suicidaria e l’autolesionismo sono state le ragioni di ricovero nel 31,5% dei pazienti, con un’incidenza elevata soprattutto tra le ragazze.
I giovani con malattie mentali si sentono spesso soli e provano disagio nel parlare di questo loro malessere.

«Giudizio e pregiudizio sono due concetti sui quali spesso, in Italia, si fonda la paura di un consulto psichiatrico. I disturbi dell’umore, soprattutto in fase adolescenziale, sono dominati dalla paura del giudizio, che si articola in un giudizio interiore, che il giovane prova verso sé stesso, e in un giudizio esteriore, legato al contesto familiare e sociale. Dobbiamo imparare ad ascoltare i ragazzi, insegnando loro a non vergognarsi», ha commentato il Prof. Gabriele Sani.
Il Prof. Stefano Vicari, invita, infine, a parlare di più di queste tematiche: «Ad oggi purtroppo in Italia c’è una scarsa cultura sulla Salute Mentale e il tema è ancora molto ignorato. Questi antichi pregiudizi possono essere superati solo con un’adeguata politica a supporto della Salute Mentale, dando tempo alle famiglie di occuparsi dei figli, mettendo i bambini al centro delle nostre agende, valorizzando il lavoro degli inseganti nelle scuole e creando, sul territorio e nelle comunità, dei luoghi di aggregazione in cui i ragazzi, specialmente quelli con disturbi mentali, possono coltivare relazioni sane».

«La pandemia ha avuto un impatto importante sulla salute mentale dei giovani, facendo aumentare i disturbi di ansia, depressione, fenomeni d’isolamento, autolesionismo e persino suicidio. È per questo motivo che abbiamo voluto realizzare questo cortometraggio: i giovani rappresentino il nostro futuro ed è compito di ciascuno di noi prenderci cura del loro benessere. Lundbeck da sempre mette al centro delle sue azioni le persone e la salute del loro cervello. Parlando di persone non possiamo non parlare anche di giovani ed è proprio a questi ragazzi, alle loro famiglie, alle scuole e alle istituzioni a cui vogliamo rivolgerci con questo cortometraggio per rendere visibile ciò che ancora oggi agli occhi di molti non è. Per far ciò inoltre siamo fortemente convinti che bisogna creare una forte alleanza tra tutti gli attori: solo insieme possiamo fare in modo che questa tematica non venga ignorata, ma bensì affrontata», dichiara Tiziana Mele, Ad di Lundbeck Italia.
A queste fanno eco le parole di Carola Salvato, Ceo di Havas Life Italy: «Lavorare su una tematica così rilevante è stato per noi tutti una straordinaria occasione per mettere a disposizione la nostra professionalità per un fine più grande. Il Paese e le Istituzioni, a cominciare dalla scuola, hanno il dovere di occuparsi dei giovani e della loro salute mentale. L’adolescenza non è, infatti, solo una fase di transizione tra infanzia ed età adulta, ma uno spazio vitale di sperimentazione, apprendimento e confronto ispirazionale con il mondo degli adulti, in cui vengono delineate molte delle decisioni che definiranno e, vincoleranno, il loro futuro. E se non interveniamo al più presto, è in pericolo non solo il loro futuro di un’intera generazione, ma anche il nostro».

In apertura particolare della locandina – foto da Ufficio stampa


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