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Bonetti: «Oggi l’Italia non garantisce il diritto all’educazione a tutti i bambini»

"Lavorare tutti, lavorare meglio". Su questo tema, la Ministra Elena Bonetti riconosce il valore strategico e innovativo del principio della sussidiarietà, l’elemento strategico dell’“essere comunità” e difende il ruolo del Terzo settore nella co-progettazione e nella attuazione corresponsabile di una azione che a livello di prossimità comunitaria si può e deve attuare

di Gabriella Debora Giorgione

Lavoro e inclusione, cioè dare i mezzi a tutti per raggiungere gli obiettivi di tutti. Su questo è stata chiamata Elena Bonetti, Ministra per le pari opportunità e la famiglia, nel talk del Meeting dal titolo “Lavorare tutti, lavorare meglio”. Come può la politica favorire l'occupazione? «Innanzitutto riconoscendo il valore strategico e innovativo del principio della sussidiarietà che è stato introdotto nella nostra Costituzione come elemento di incentivazione e di sviluppo, di espressione e di creatività e di umanità», ha esordito la Ministra.

Ma in che modo? Per la Bonetti: «Richiamando sull’elemento strategico dell’“essere comunità”, nella quale ciascuna persona può mettere in azione il proprio io, incontrare nella diversità dell'altro, nella costruzione dei legami sociali, un pieno compimento dei propri sogni e della propria personalità. Concorrere al progresso materiale e spirituale della società è elemento strategico e coincide col riconoscimento della persona che parte dalla dignità personale e che arriva a quei processi comunitari e sociali che sono leva di investimento per il raggiungimento del benessere».
Lavorare sulle infrastrutture delle relazioni personali e comunitarie, costruire alleanze strategiche che permettono di liberare interventi del mondo della sussidiarietà: «Ci troviamo in una situazione che non garantisce un diritto all'educazione per tutte le bambine e i bambini. Abbiamo delle regioni, soprattutto nel sud Italia, in cui abbiamo dieci bambini su cento che possono andare per esempio all'asilo nido. Scuola, il mondo del Terzo settore e gli enti locali possono costruire alleanze strategiche per offrire percorsi educativi sia di carattere formale che di carattere informale, come per esempio i centri estivi. Ecco oggi il nostro paese, nel piano nazionale infanzia e adolescenza ha detto chiaramente che questa è una sfida educativa importante e la può vincere solo se mette in campo libero tutte queste potenzialità integrate», ha detto la Ministra Bonetti.
Dunque, un riconoscimento strategico del Terzo settore nel ruolo di co-progettazione e nella attuazione corresponsabile di una azione che a livello di prossimità comunitaria si può e deve attuare.

E sul Reddito di Cittadinanza la Bonetti è stentorea e va per punti: «Nel nostro paese abbiamo situazioni di fragilità personali e comunitarie profonde. In che modo accompagnare le persone nel recuperare la capacità di esprimere i propri talenti. Il reddito di cittadinanza è frutto di un grande fraintendimento perché non si esce dalla condizione di povertà in solitudine, non c'è nessuna solitudine che salva sé stessa. Non c'è nessuna donna nessun uomo che può riscattare la propria vita da soli non all'interno di un percorso di corresponsabilità comunitaria, questo è il punto chiave. Perché parliamoci chiaro: i Servizi sociali dei Comuni non sapevano nemmeno chi erano i precettori del reddito di cittadinanza nei loro comuni. È evidente, quindi, che quei servizi e quella rete di sussidiarietà non potevano aiutare nessuno».
Secondo punto, quello della efficacia della misura del RdC la cui criticità sta, per la Ministra, nel fatto che: «Un incentivo economico che non sia investito per attivare competenze e inserimento lavorativo è una spesa pubblica buttata via e che non libera la persona, ma la lascia in una condizione di dipendenza». E porta ad esempio l’assegno unico universale, la misura da venti miliardi che «Non è destinato alle famiglie per tenerle in una condizione di disattività, ma è un contributo che riconosce alle famiglie il ruolo che hanno nel principio della crescita e dell'educazione dei figli, è un meccanismo di welfare che incentiva un processo sociale personale, che incentiva il processo di progettazione».
In due parole, il RdC per la Bonetti deve «Essere totalmente cambiato, riportandolo nel contesto dei servizi territoriali e anche nella rete del terzo settore, investendo risorse per attivare in alleanza con le imprese il terzo settore gli enti locali percorsi di inserimento lavorativo per le persone, accompagnare con le situazioni di fragilità personali, familiari e sociali profonde attraverso dei servizi adeguati che rispondono a queste persone che riconoscono però una dignità che queste persone deve essere restituita».
​E se fosse possibile consigliare al nuovo governo un provvedimento da non riformare o cancellare, per Elena Bonetti non ci sono dubbi ed è il “Family Act”, una legge che rappresenta una svolta storica nel nostro paese e che affronta davvero in modo integrato, strutturale le criticità delle fragilità sistemiche che purtroppo ogni anni sono state oggetto di dibattito nella politica, ma che non erano state mai affrontate. Tra l’altro è una legge che ha visto una piena adesione sono stato difficile farlo ma poi l’ha votata tutto l’arco parlamentare. Non sono punti di programma elettorale, ma sono articoli di una legge che deve essere attuata».


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