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Caccia, stop in Umbria: Tar dà ragione alle associazioni

Il Tar dell'Umbria, come già quello siciliano in luglio, dà ragione alle associazioni e blocca l'apertura della caccia per la gravi condizioni in cui versa la flora per la siccità: cacciare in questo contesto eccezionale, potrebbe portare a danni irreversibili per la fauna

di Barbara Marini

I «possibili danni irreversibili» sono il motivo per cui il Tar dell’Umbria, con Decreto n. 199/2022 ha sospeso l’apertura della caccia, accogliendo in toto l’istanza cautelare delle associazioni Wwf Italia, Lega italiana protezione uccelli-Lipu, Legambiente Umbria, Legantivivisezione-Lav, Lega per l’abolizione della caccia – Lac ed Ente protezione animali Enpa.

Nella verde Umbria la stagione venatoria non riapre dunque alla data che la Regione aveva fissato al 18 settembre, così accogliendo totalmente la domanda cautelare avanzata dalle associazioni ricorrenti

Fino alla prossima udienza che il Tar ha fissato al 4 ottobre, scamperanno al piombo creature come quaglia, beccaccia, alzavola, marzaiola, germano reale, beccaccino, canapiglia, codone, fischione, folaga, frullino, gallinella d’acqua, mestolone, porciglione, tordo bottaccio, tordo sassello, cesena, fagiano e starna, nonché la piccola selvaggina. Questa attività, che in molti ancora ritengono essere sportiva, è in realtà un primitivo e consolidato scambio di voti: “un risultato straordinario che conferma la necessità della nostra azione a tutela della biodiversità.

«La fauna selvatica non può essere merce di scambio elettorale», affermano le associazioni unite come mai in questa prima eccezionale vittoria che forse detterà un cambiamento urgente e necessario. «Si tratta di un risultato straordinario», affermano ancora, «che conferma il ruolo delle associazioni di protezione ambientale chiamate, di fatto, a svolgere un'attività di tutela di un bene dello Stato che proprio lo Stato, attraverso i suoi organi decentrati, mette a rischio con provvedimenti che spesso si rivelano illegittimi. È inammissibile che la fauna selvatica continui ad essere merce di scambio elettorale e che gli uffici regionali debbano essere sottoposti a pressioni fortissime da parte dei rappresentanti politici del mondo venatorio, mirate semplicemente a fare concessioni ad una categoria di potenziali elettori senza tenere conto dei rischi per la biodiversità e delle responsabilità, anche penali ed erariali, che singoli funzionari sono costretti ad assumere».

Né l’impoverimento faunistico, né l’inquinamento da piombo, né gli incidenti mortali, né la siccità parevano bastare alla resa di questa pratica. Dove mancano ragione e buon senso a volte arriva la giustizia.

Foto in apertura di Jack Seeds su Unsplash


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