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Aldo Bonomi: «Nelle urne tutto il fallimento delle élites»

Queste elezioni certificano l’incapacità delle élites di produrre egemonia culturale e tranquillità sociale. Le élites non hanno saputo e voluto fare un’alleanza con il Terzo settore e sono rimaste nella loro bolla non capendo più i bisogni e la composizione sociale. Occorre lavorare su due dissolvenze, quella del Pd e quella della Lega

di Riccardo Bonacina

Tra i dati più sorprendenti della tornata elettorale, oltre alla crescita dell’astensionismo (votanti sono 27 milioni, 6 in meno rispetto al 2018) c’è lo sconvolgimento interno al centrodestra al Nord: Fratelli d’Italia è il primo partito in Lombardia, la Regione in cui sono nate Forza Italia e Lega, in Veneto il partito di Giorgia Meloni ha doppiato la Lega di Salvini, in Friuli FdI ha raccolto il triplo di voti della Lega, e a Milano Fratelli d’Italia è sopra il 20% mentre Lega e Forza Italia sono sotto al 7%.

Per provare a capire cosa è successo dentro la composizione sociale in questi anni e nei territori ci rivolgiamo a uno dei più attenti osservatori e lettori di tali fenomeni, Aldo Bonomi, che subito propone una chiave di lettura: «Se proviamo a spostare le risposte alle tue domande e alla tua giusta voglia di capire, dalla punta della piramide politica per scendere giù verso il territorio e la composizione sociale che è sempre in movimento, bisognerebbe cominciare a ragionare sul fallimento delle élites. Questo mi sembra il dato più evidente».

Su cosa e come hanno fallito?

La notizia che venerdì sera è stata sbloccata la seconda tranche del Pnrr per 21 miliardi non ha evidentemente inciso sull’elettorato. Le élites pensavano di traghettare dolcemente una traversata nel deserto dovuta alle tre grandi crisi, pandemia, guerra, e disastro climatico, avviando la transizione ecologica e digitale, ma queste elezioni certificano l’incapacità delle élites stesse di produrre egemonia culturale e tranquillità sociale. Soprattutto, a me pare che le élites non abbiano saputo e voluto fare un’alleanza con il vostro mondo di riferimento, tutte quelle realtà che, in questi anni, si sono messe in mezzo tra penultimi e ultimi. Così sono rimaste dentro la loro bolla non capendo le trasformazioni e i bisogni sociali.

Cosa intendi quando parli di penultimi?

Parlo della medietà in crisi e impaurita. Parlo del ceto medio, dei penultimi che hanno paura di diventare ultimi. Parlo di una grande porzione di elettorato che, razionalmente, in questi anni ha cercato punti di riferimento (M5S, Lega, ora Fratelli d’Italia) per sentirsi protetta. Per stare alla Lega, in evidente débacle, bisognerebbe capire ora se con Salvini (in quell’8%) sono rimasti i penultimi o i sindacalisti di territorio.

E gli ultimi dove sono?

Sono nel 36% che non ha votato, nell’area del non voto e del disincanto, e, in parte, nei voti al Movimento 5 stelle al sud, i voti del Reddito di cittadinanza.

Ora qual è la questione?

È aperta una grande questione sociale ed economica e bisognerà capire che ne sarà di quel mondo che, con difficoltà e tenacia, in questi anni difficili, si è messo in mezzo tra ultimi e penultimi tessendo percorsi di cura e inclusione. E bisognerà lavorare su due dissolvenze, la crisi del Pd che rappresentava un’ipotesi di lavoro e quella della Lega salviniana che sembra aver smarrito la sua origine territoriale.


Foto: Ag. Sintesi


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