Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Politica & Istituzioni

Magatti: «Meloni ha vinto, ma non ha le risposte che il Paese cerca»

Per il sociologo dell'Università Cattolica «queste elezioni rivelano, ancora una volta, l'enorme scollatura fra il ceto politico e i problemi delle persone, nodo che la maggioranza di centrodestra non ha gli strumenti per sciogliere (e nemmeno li aveva il Partito democratico)»

di Redazione

Come interpretare un risultato elettorale che per la prima volta vede prendere la maggioranza relativa un partito di destra come Fratelli d'Italia? Cosa ci dobbiamo aspettare? Abbiamo girato la domande al sociologo Mauro Magatti che abbiamo incontrato a Catania in occasione dell'evento Philantrophy Experience.

Che lettura dà del risultato elettorale?
Se mettiamo il 26% della Meloni, il 15% dei 5Stelle che hanno fatto finta di non essere al governo e il 36% di non votanti la cosa su cui bisogna riflettere è che nonostante con il governo Draghi l’economia sia andata bene e la reputazione internazionale sia andata meglio, il Paese è andato da un’altra parte. Secondo me questo è il dato di fondo che segnala come l’Italia è sempre un Paese in cui i processi avvengono prima perché siamo un Paese che ha istituzioni deboli. C’è una scollatura ormai, ma lo sapevamo già da prima, sempre più grande tra la percezione delle persone sia in termini di problematiche – gente che non sta bene – sia in termini di “comunque io ho diritto al mio benessere e nessuno me lo tocca” – quindi rabbia e risentimento – è l’impostazione mainstream. Bisognerà pensarci. Ovviamente dire che il governo di centrodestra italiano possa affrontare questo nodo è assai improbabile. Vedremo cosa saranno in grado di fare. Però tutto questo segnala e traduce in senso politico i cambiamenti che sono in atto da anni che si accumulano.

Possiamo quindi leggere il voto dato alla Meloni come un voto di protesta?
È un po’ più di una protesta. Nel senso che lei fa una proposta politica che è contro l’establishment, nella fantasia e nella percezione, contro la linea ordinaria. La gente si aspetta un cambiamento e lei è stata anche capace di attirare in questo momento la protesta, che comunque rimane diffusa. Faccio un esempio simbolico: c’è stato l’aumento dei prezzi dell’energia, contemporaneamente le persone normali hanno visto questi extraprofitti incredibili delle società energetiche, hanno sentito parlare di questa borsa speculativa in Olanda che è stata introdotta nel 2002 da Clinton… hanno capito che il mondo è strutturato secondo delle regole pensate per una stagione diversa, i problemi delle persone quotidiani sono altri. E quindi ne deriva una tensione che i partiti di sinistra, non solo in Italia, non hanno intrepretato. Cioè hanno portato avanti la difesa responsabile dell’ordine delle cose quando siamo in un momento in cui bisogna mettere mano all’architettura generale. Poi chi lo fa e come naturalmente è un problema, certo non lo fa la Meloni

A leggere i titoli dei giornali internazionali ci troviamo un grande allarme per il ritorno del fascismo. Dobbiamo essere preoccupati?
La Meloni, e lo si è visto anche in campagna elettorale, ha preso una linea molto istituzionale: no allo scostamento di bilancio, appoggio alla Nato e così via. Lei ha capito soggettivamente che se vuole governare non può andare troppo di fantasia. Io non riesco ad avere paura del fascismo adesso. Non mi sembra che quel gruppo di persone lì sia fascista. Dal mio punto di vista il problema è incrociare le aspettative delle persone con un cambiamento – che questo governo non sarà in grado di dare. La domande presto sarà: cosa succederà quando la gente capirà che la Meloni non ha la risposta? Cadrà il governo? Ne faremo un altro? Il futuro governo cercherà delle forzature istituzionali? Io non vedo tanto un disegno fascista vedo invece la promessa di un cambiamento che realisticamente non saranno in grado di fare. Sicuramente lo sbocco su cui si cercherà di lavorare di più sarà l’Europa, però anche lì non mi sembra che il disegno sia chiaro. Sicuramente in Europa la Meloni cercherà di creare un’alleanza con la Polonia, l’Ungheria ma questo rischia di isolare l’Italia e rischia di crearci problemi rispetto al nostro rapporto con l’Europa che a questo punto è anche legato a un debito che noi stiamo facendo attraverso il Pnrr. Per me il rischio è più l’ingarbuglio che si andrà a generare. Il rischio è il caos politico.

Torniamo ad avere due Italie, come ai tempi di Bossi. Con questo radicamento solo meridionale del M5S e il fallimento della Lega nazionale?
Sicuramente il Paese è spaccato e questo non lo scopriamo oggi. Abbiamo una sorta di Lega meridionale. Il crescente ruolo dello Stato come soggetto erogatore di risorse pubbliche, anche legato in questi ultimi anni alla pandemia e al reddito di cittadinanza, ha prodotto una specie di lega del sud statalista. Però anche questo è un tema destinato a saltare perché lo Stato italiano non può andare avanti a indebitarsi. Tra l’altro senza Draghi sarà tutto più complicato, perché quando tu hai un debito devi essere autorevole e qui il rischio è che saltino velocemente i conti pubblici e che si impenni lo spread. Il vero rischio oggi è questo.


Foto: Ag. Sintesi


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA