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Iran, sta cadendo il velo della paura

Mahsa Amini, 22 anni, uccisa perché secondo la "polizia morale" indossava male l’hijab. Dopo la sua morte sono iniziate le manifestazioni in molte città del Paese. Sono state arrestate più di 1200 persone e si registrano 76 vittime. Le proteste continuano e si stanno trasformando in una rivoluzione per dire no a un regime che da decenni terrorizza i cittadini e continua a calpestare i diritti umani

di Anna Spena

Tutto è iniziato con Mahsa Amini, 22 anni, arrestata dalla Pattuglia di guida della Repubblica islamica dell'Iran, una squadra speciale di polizia incaricata dell'applicazione pubblica delle norme islamiche sull’hijab, si chiama la “polizia morale”. Mahsa Amini, 22 anni, è stata uccisa perché i capelli le uscivano un po’ dal velo. Secondo il rapporto ufficiale della polizia Mahsa Amini avrebbe avuto un'insufficienza cardiaca ed è morta dopo due giorni di coma. La verità invece è che è stata massacrata. Originaria della città di Saqqez, nella provincia del Kurdistan, nell'Iran occidentale, quando è stata arrestata, martedì 13 settembre, si trovava a Teheran con la famiglia. Per due giorni è rimasta in coma all'ospedale Kasra di Teheran. È morta nel reparto di terapia intensiva il 16 settembre. La clinica in cui è stata ricoverata ha rilasciato una dichiarazione su Instagram secondo cui Mahsa Amini era già in stato di morte cerebrale quando è arrivata. Il post poi è stato cancellato. Con la morte di Mahsa, proteste e marce si sono diffuse in diverse città dell’Iran.

Le donne per prime sono scese in piazza a bruciare i veli e tagliarsi i capelli in segno di rivolta. Ci sono state manifestazioni a Teheran, Rasht, Esfahan, Karaj, Mashhad, Sanandaj, Ilam e molte altre. Secondo il gruppo basato a Oslo Iran Human Rights gli arresti sono più di 1.200 mentre negli scontri con le forze dell’ordine ci sarebbero finora 76 vittime, tra loro anche Hadis Najadi, 22 anni, giovane donna era un'icona delle manifestazioni, uccisa dalle forze iraniane il 21 settembre mentre protestava. Il suo corpo avrebbe riportato ferite da pallini da caccia sul viso, sul collo e sul petto. É difficile reperire informazioni su quello che sta accadendo nel Paese, su queste proteste che si stanno trasformando in una rivoluzione collettiva e popolare. Internet è stato bloccato dal regime, whatsapp e Instagram non funzionano. «Gli agenti di polizia useranno tutta la forza a loro disposizione per contrastare le cospirazioni dei controrivoluzionari ed elementi ostili, e useranno fermezza contro chi sconvolge l'ordine pubblico e la sicurezza in qualsiasi parte del Paese», ha dichiarato il comando di polizia, citato dall'agenzia di stampa iraniana Fars.

La situazione e la tutela dei diritti umani è sempre stata drammatica nel Paese, ma la polizia religiosa si è tolta le redini da quando Ebrahim Raisi è diventato presidentenell’agosto del 2021, sotto di lui tutto è peggiorato. Raisi è infatti ex capo del potere giudiziario e faceva parte della “commissione della morte” che presiedette all’esecuzione extragiudiziale di diverse migliaia di dissidenti politici nelle prigioni di Evin e Gohardasht tra la fine di luglio e l’inizio di settembre del 1988. Di fatto un presidente del Paese è sospettato per crimini contro l’umanità.

«Hanno stretto la morsa su quello che è il codice di abbigliamento donne, ma l’assassinio di Mahsa Amini è stata solo la miccia», spiega Francesca Napoli, 39 anni, operatrice legale, esperta di diritti umani e attivista su Instagram con la sua pagina @storiedallaltromondo. «Negli ultimi 10 anni ho seguito i casi e le storie di molti rifugiati iraniani scappati dal Paese, perseguitati dal regime. Il popolo è stremato da quello che succede da 40 anni a questa parte. Una delle ipotesi più accreditate in realtà è che lo stesso esercito sia spaccato e pronto a schierarsi dalla parte del popolo. É evidente di come le proteste si stiano trasformando in rivolte vere e proprie, la differenza sta nelle manifestazioni esplicite dei cittadini a ribellarsi alle autorità. Le scene a cui stiamo assistendo non si vedevano nelle altre manifestazioni, i cittadini hanno iniziato a rompere il velo della paura. E parliamo di persone oppresse da una paura che definirei feroce, una paura con cui crescono fin da bambini, un un clima di terrore costante. Gli attivisti con cui sono in contatto io ci tengono a specificare che non è una rivolta solo contro l'obbligo del velo, sarebbe scorretto ridurre le proteste a questo, ma è una rivolta per la libertà e chiedono la caduta del regime». E infatti il fattore scatenate e sociopolitico come si spiega bene in questo pezzo pubblicato su Internazionale “Indubbiamente”, si legge, “negli ultimi anni la crisi economica che attraversa il paese ha provocato manifestazioni popolari a intervalli sempre più regolari”.

Le manifestazioni di solidarietà per sostenere le donne dell’Iran si sono moltiplicate in diversi Paesi, in Italia per esempio la La Triennale di Milano ieri ha lanciato un’iniziativa pacifica, Una ciocca di capelli in Triennale in solidarietà con le donne iraniane (l’abbiamo raccontata qui). Dal 28 settembre è possibile lasciare una ciocca dei propri capelli, legata con un filo di corda, in un apposito contenitore nell’atrio del Palazzo dell’Arte. Le ciocche raccolte verranno poi consegnate al Consolato Generale della Repubblica Islamica dell'Iran in segno di protesta. Il MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma si è unito a Milano e da oggi negli orari di apertura del museo, sarà possibile anche al MAXXI lasciare una ciocca dei propri capelli, legata con un filo di corda, in un apposito contenitore nella lobby, presso l'Info Point. (Qui la news)


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