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Delega non autosufficienza, l’attesa infinita

Contro tutte le aspettative, nemmeno il Consiglio dei Ministri odierno ha dato l'atteso via libera alla proposta di legge delega sulla riforma dell'assistenza agli anziani non autosufficienti. Il testo era stato approvato dal pre-consiglio di ieri: le bozze mostrano molti passi avanti nel disegno della riforma, a cominicare dalla semplificazione della valutazione e dall'integrazione di Adi e Sad. Manca la riforma dell'accompagnamento, c'è ancora poco sulla nuova residenzialità e nulla sulle risorse: tutti punti su cui il nuovo Governo dovrà lavorare. Ultima occasione, per non buttare all'aria tutto il lavoro fatto, il CdM di mercoledì 12 ottobre

di Sara De Carli

Un’altra delusione. La volta buona doveva essere il 28 settembre, poi il 5 ottobre. Il pre Consiglio dei ministri ieri sera aveva anche approvato la bozza, ma poi nel pomeriggio di oggi sul tavolo dei ministri non è arrivata. L’ultimissima occasione ora è mercoledì 12 ottobre e non può essere sprecata. Stiamo parlando della proposta di disegno di legge delega per la riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti: un testo a lungo atteso, che dovrà essere il pilastro di quella riforma urgente e necessaria che l’Italia si è impegnata a fare con il Pnrr, data ultima per i decreti attuativi il 31 marzo 2024.

Il testo dà delega al Governo per il riordino, la semplificazione e il coordinamento delle disposizioni vigenti in materia di assistenza sociale, sanitaria e sociosanitaria alla persona anziana. Le ultime bozze mostrano un testo molto più organico rispetto alle proposte parziali che nei mesi scorsi avevano avanzato i singoli tavoli e gruppi di lavoro. Nel complesso è maturato un disegno coerente e innovativo per una nuova governance del sistema, mentre il nuovo governo avrà ancora molto da lavorare sia per dotare la riforma delle risorse di cui necessita, sia per disegnare meglio gli interventi.

La prima novità è la costituzione di un Comitato Interministeriale per la popolazione anziana, istituito presso la presidenza del Consiglio dei Ministri, che con cadenza triennale adotterà due nuovi Piani nazionali: il Piano nazionale per l’invecchiamento attivo, l’inclusione sociale e la prevenzione della fragilità nella persona anziana e il Piano nazionale per l’assistenza e la cura della fragilità e della non autosufficienza nella popolazione anziana. I due Piani si aggiungono a quelli già previsti: Piano per la prevenzione, Piano per la non autosufficienza e Piano nazionale della cronicità.

L’esercizio della delega è perimetrato da nove principi, fra cui la promozione e valorizzazione della partecipazione delle persone anziane e della loro attività di solidarietà; la promozione di interventi volti a contrastare la solitudine sociale e la deprivazione sociale, relazionale e affettiva delle persone anziane; il riconoscimento del diritto ad avere continuità di vita e di cure presso il proprio domicilio; il riferimento al modello biopsicosociale; la promozione di una valutazione multidimensionale dei bisogni ai fini dell’accesso a un continuum di servizi. In questi nove punti riecheggiano molte delle parole-chiave che hanno animato il dibattito attorno al tema in questi mesi.

I punti di forza

Una prima vera novità riguarda il riconoscimento degli specifici fabbisogni di assistenza delle persone anziane con pregresse condizione di disabilità, assicurando loro la continuità dei percorsi assistenziali già in atto; il diritto di accedere a servizi e attività specifici anche oltre il 65esimo anno di età, con espresso divieto di dimissione o esclusione legati al superamento del limite di età; accedere – su richiesta – alle prestazioni specifiche previste per le persone anziane senza dover passare da un nuovo accertamento della non autosufficienza. La necessità di raccordare e armonizzare la delega sulla non autosufficienza e la delega sulla disabilità era emersa con forza nei mesi scorsi, quando il presidente della Fish per esempio aveva parlato del rischio concreto che i cittadini adulti con disabilità, che nella stragrande maggioranza dei casi sono persone non autosufficienti, diventassero “gli esodati” della riforma.

La delega istituisce il Sistema nazionale per la popolazione anziana non autosufficiente, ribattezzato SNAA: una novità potente per il sistema italiano, ripresa esplicitamente da quel Sistema Nazionale Assistenza Anziani (Sna) proposto nei mesi scorsi dalle organizzazioni riunite nel Patto per la non autosufficienza. Sarà una rivoluzione vera la semplificazione prevista per l’accesso agli interventi e ai servizi sanitari, sociali e sociosanitari, con dei punti unici di accesso (PUA) presso le Case di Comunità e ancora di più la semplificazione delle procedure di accertamento e valutazione della condizione di non autosufficienza, in capo ad un unico soggetto. Ci saranno solo due step: una valutazione multidimensionale nazionale, con criteri standardizzati e omogenei, per identificare i fabbisogni sociali, sociosanitari, sanitari della persona anziana e del suo nucleo, «destinata a sostituire» le procedure di accertamento dell’invalidità civile e delle condizioni di accesso ai benefici previsti dalle leggi 104/92 e 18/80 e una valutazione che si svolgerà nei PUA per andare a definire il progetto di assistenza individualizzato, redatto tenendo conto dei fabbisogni assistenziali emersi dalla valutazione multidimensionale e redatto con la partecipazione della persona destinataria del progetto e della sua famiglia. Per l’attuazione del progetto ci sarà un budget di cura e assistenza. Non si nomina invece la riforma dell’indennità di accompagnamento, tolta all’ultimo momento. Terzo punto di forza, l’integrazione di ADI e SAD in un unico servizio di Assistenza Domiciliare Integrata Sociosanitaria e Sociale (ADISS), che vuole finalmente garantire un’offerta integrata di assistenza, basata su una presa in carico di carattere continuativo e multidimensionale. Preziosa la comparsa di termini come «unitarietà delle risposte», «integrazione dei servizi» e il passaggio in cui si parla di un’offerta di prestazioni che devono avere «durata e intensità adeguata».

Cosa manca

Manca innanzitutto, ma speriamo in un ripensamento in vista del 12 ottobre, l’esplicita previsione di una riforma dell’indennità di accompagnamento, che si immaginava potesse crescere di importo nel momento in cui venisse utilizzata per pagare servizi. Manca una più precisa e concreta definizione di una “nuova residenzialità” per gli anziani non autosufficienti: bene la previsione di rivedere i criteri di autorizzazione e accreditamento per i servizi residenziali, bene il superamento della logica “punitiva” nei confronti delle strutture residenziali che qua e là nel dibattito dei mesi scorsi aveva insistentemente fatto capolino, bene l’idea del continuum delle cure. Ma né sulle residenze né sulle «nuove forme di domiciliarità e coabitazione solidale» si dice poi molto di concreto. Mancano le badanti, un pezzo importante del nostro welfare per gli anziani. E ovviamente mancano le risorse.

I tempi e i passi

I decreti attuativi dovranno arrivare entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge e comunque non oltre il 31 marzo 2024. Molti però gli step ancora necessari prima di parlare di decreti attuativi. Dopo approvazione della proposta di disegno di legge delega da parte del CdM, il testo andrà in Conferenza Stato Regioni e quindi tornerà nelle mani del Governo – del nuovo Governo – per l’approvazione e per l’invio in Parlamento. Da lì si aprirà un altro cantiere.

Foto Agenzia Sintesi


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